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Stangata sui rifiuti, la sapna va k.o: il TAR accoglie il ricorso isolano

I Comuni di Ischia, Barano e Serrara Fontana si erano rivolti alla magistratura amministrativa dopo l’aumento deciso dal sindaco della Città Metropolitana Luigi De Magistris

Era il 23 gennaio 2019 quando il sindaco della Città Metropolitana di Napoli, Luigi De Magistris, con una apposita delibera decretò l’aumento tariffario della SAPNA (Sistema Ambiente Provincia di Napoli spa), che nell’approvare il piano delle attività per l’anno 2018 relativo ai costi del servizio espletato rideterminava la tariffa fissandola ad un importo di 150.34 euro a tonnellata. Un aumento che rappresentava una vera e propria mazzata e che era stata comunicata ai 92 Comuni ricadenti nell’area metropolitana. Dinanzi al provvedimento del sindaco De Magistris avevano effettuato ricorso al Tar i Comuni di Ischia, Barano d’Ischia e Serrara Fontana – rappresentati dall’avvocato Leonardo Mennella – che si sono viste riconosciute le proprie ragioni dai giudici della Prima Sezione del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania. Con la delibera metropolitana che è stata annullata come da dispositivo firmato dal presidente Salvatore Veneziano, dal consigliere ed estensore Gianluca De Vota e dal primo referendario Maurizio Sarrise.

AUMENTI ARBITRARI, I COMUNI AVEVANO GIA’ APPROVATO I BILANCI

Le fondamenta sulle quali si basava il ricorso degli enti locali sono facilmente comprensibili anche ai non addetti ai lavori e vengono esplicitate chiaramente nel dispositivo nel quale si legge che i Comuni ricorrenti “in sintesi, si dolgono che l’incremento della tariffa per i servizi di S.A.P.Na. s.p.a. per l’anno 2018 approvato con la delibera impugnata non potrebbe essere compensato con un incremento delle tariffe da applicare ai contribuenti poiché, nel frattempo è già stato approvato il bilancio di previsione ed è scaduto il termine ultimo per le modifiche delle tariffe e delle aliquote dei tributi comunali ai sensi dell’art. 1, comma 169, della L. 296/2006 (gli enti locali deliberano le tariffe e le aliquote relative ai tributi di loro competenza entro la data fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione).

I giudici della I Sezione hanno riconosciuto le ragioni degli enti locali: il rincaro era stato applicato dopo l’approvazione dei bilanci e questo avrebbe arrecato un danno alle casse. Respinta nettamente al mittente anche la paventata carenza di interesse

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Dette deliberazioni, anche se approvate successivamente all’inizio dell’esercizio purché entro il termine innanzi indicato, hanno effetto dal 1° gennaio dell’anno di riferimento. In caso di mancata approvazione entro il suddetto termine, le tariffe e le aliquote si intendono prorogate di anno in anno”). Gli enti locali ricorrenti premettono infatti di aver provveduto all’approvazione del bilancio di previsione per l’anno 2018 e, conseguentemente, a determinare la propria tariffa per i rifiuti da applicare ai contribuenti entro il termine del 31.3.2018 previsto dall’art. 151, comma 1, del D.Lgs. 267/2000 sulla scorta della tariffa pari ad € 129,51 a tonnellata per il costo del servizio per le attività di trattamento, smaltimento e recupero dei rifiuti non differenziati approvata con deliberazione del Sindaco Metropolitano n. 169 del 15.9.2017. Poiché l’incremento della tariffa, pur avendo efficacia dal 1.1.2018 è stato deliberato dopo la scadenza del predetto termine, gli enti locali lamentano che dovranno sopportare l’aumento e non potranno più provvedere all’adeguamento della Tari 2018 per far fronte ai maggiori oneri che ne derivano e che graveranno in definitiva sui bilanci comunali”. Insomma, il ragionamento è chiaro: i Comuni avevano già stabilito un costo per il servizio riversandolo sui cittadini, che per ovvi motivi non poteva prevedere l’aumento improvviso della tariffa SAPNA. Che non avrebbe potuto così essere applicata in maniera improvvisa ed arbitraria. Argomentazioni che avevano trovato l’opposizione della SAPNA che parlava di una situazione di carattere eccezionale costituita dalla oggettiva difficoltà nella gestione ordinaria del flusso dei rifiuti per motivi di svariata natura. Ha resistito in giudizio anche la Città Metropolitana che riteneva ci fosse carenza di interesse da parte dei Comini ricorrenti.

I COMUNI PARTE LESA, RESPINTA LA CARENZA D’INTERESSE

Un interesse che invece c’è eccome e la sentenza lo rimarca quando si scivola nella sezione legata al diritto nella quale si legge tra l’altro: “Non può dubitarsi in ordine alla sussistenza di un concreto ed attuale interesse a ricorrere degli enti locali; quanto alla presunta mancata applicazione dell’incremento tariffario previsto per il 2018, l’affermazione è stata contestata dai ricorrenti secondo cui S.A.P.Na. avrebbe invece chiesto il recupero della differenza per detta annualità e, in ogni caso, è dirimente la considerazione che – anche a voler ammettere per verificata la circostanza addotta dalla parte resistente – in ogni caso la gravata delibera non è stata ritirata in autotutela ed è efficace; nulla esclude che, in futuro, venga richiesto di integrare quanto versato al fine di adempiere integralmente l’obbligazione a carico degli enti locali per l’intero ammontare e, pertanto, allo stato sussiste interesse dei Comuni istanti ad ottenere la giudiziale caducazione di un provvedimento lesivo.

Si aggiunga che, essendo già intervenuta l’approvazione del bilancio di previsione ed essendo scaduto il termine ultimo per eventuali modifiche a tariffe ed aliquote dei tributi comunali applicate ai contribuenti, gli enti locali non hanno potuto deliberare ulteriori incrementi della Tari e, quindi, non hanno potuto trasferire sui cittadini il maggior carico fiscale che deriva dall’aumento del costo del segmento provinciale di gestione dei rifiuti, con la conseguenza che tale incremento resterebbe a carico del bilancio comunale, situazione pregiudizievole che certamente legittima la proposizione del gravame”.

Da qui i giudici del Tar evidenziano che “Passando al merito, il ricorso è fondato e va accolto nei limiti di seguito indicati, alla luce del precedente di Sezione reso in fattispecie analoga n. 2169/2017 al quale può rinviarsi ai sensi dell’art. 74 c.p.a. (La motivazione della sentenza può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo ovvero, se del caso, ad un precedente conforme) per poi aggiungere: “Peraltro, affinché il Comune possa provvedere alla concreta quantificazione degli importi dovuti dai contribuenti, deve necessariamente disporre delle voci di costo trasmesse dalle società provinciali istituite ai sensi del D.L. n. 195/2009 (come S.A.P.Na.) che, nelle more dell’avvio della gestione integrata dei rifiuti da parte dei Comuni in forma associata mediante Ambiti Territoriali Ottimali, continuano a svolgere le funzioni alle stesse assegnate (cfr. art. 40, comma 3, della L. Reg. n. 14/2016), consistenti nel conferimento, trattamento, smaltimento e/o recupero dei rifiuti non differenziati prodotti sul territorio comunale. Difatti, il costo dell’attività di conferimento svolta dalla società provinciale deve essere evidentemente incluso nella tariffa che ciascun ente provvede ad approvare per il servizio raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani e ad applicare a mezzo ruoli esattoriali ai residenti”.

ECCO PERCHE’ IL RICORSO HA TROVATO ACCOGLIMENTO

Il collegio giudicante evidenzia ancora che “il termine ultimo per la trasmissione di tali voci di costo coincide con quello concesso al Comune per apportare modifiche alle aliquote e alle tariffe e va pertanto individuato nella scadenza fissata per l’approvazione del bilancio di previsione. In caso contrario, le modifiche potranno operare solo per l’annualità successiva; tanto assume rilievo anche in ragione della natura tributaria della tariffa per la raccolta dei rifiuti”. E poi ancora: “Ebbene, riguardo all’anno 2018, la gravata delibera di approvazione della quota provinciale si appalesa illegittima siccome tardivamente trasmessa all’ente locale oltre il termine del 31 marzo 2018 previsto per l’approvazione del bilancio di previsione per il 2018 con conseguente consumazione del potere dell’ente locale di trasferire l’incremento tariffario sui ruoli Tari dei contribuenti per la medesima annualità.

Viceversa, con riguardo al 2019 il gravame non può trovare accoglimento poiché rispetto a tale esercizio finanziario la delibera della Città Metropolitana è stata tempestivamente adottata e trasmessa agli enti locali entro il termine per l’approvazione del bilancio di previsione 2019/2021”. Poi si arriva alle logiche conclusioni: “Viceversa, con riguardo al 2019 il gravame non può trovare accoglimento poiché rispetto a tale esercizio finanziario la delibera della Città Metropolitana è stata tempestivamente adottata e trasmessa agli enti locali entro il termine per l’approvazione del bilancio di previsione 2019/2021. Per l’effetto, il ricorso deve essere accolto nei limiti indicati, con conseguente annullamento degli atti impugnati nella parte in cui dispongono l’incremento tariffario della quota provinciale per il 2018”. E così giustizia e fatta con i Comuni isolani che possono tirare un sospiro di sollievo.

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