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Barano, il caso della delibera “pezzotta” non finisce mai

L’ormai famigerato caso della delibera “pezzotta” votata e poi revocata dalla giunta municipale di Barano dopo il nostro servizio giornalistico, sembra davvero non finire mai. Incredibile ma vero, la vicenda politica che sta appassionando non poco il Comune collinare è approdata al suo terzo capitolo. Nella giornata di martedì, infatti, la giunta municipale al gran completo – eccezion fatta per il pomo della discordia Sergio Buono, assessore che non avrebbe dovuto esprimere parere in prima battuta – ha licenziato un altro atto deliberativo, il n. 43. E, sia detto senza offesa per nessuno, pare davvero di essere arrivati al surrealismo più acuto. Nell’atto si legge che “l’avv. Mazzella con nota n. 2375 del 4 aprile 2017 protocollava la propria rinuncia all’incarico restituendo gli atti ricevuti non accettando pertanto il nuovo incarico conferitole” e poi si aggiunge: “ritenuta in ogni caso l’opportunità di spiegare opposizione al decreto ingiuntivo n. 7050/2016 al fine di tutelare le ragioni dell’ente; dato atto che si rende necessario affidare all’esterno la difesa dell’ente; ritenuto di fornire con la presente deliberazione atto di indirizzo all’ufficio amministrativo/legale dell’ente affinché provveda ad individuare un legale cui affidare la difesa in giudizio del Comune, tenendo conto della particolare complessità della procedura e della brevità dei tempi per procedere all’individuazione assegnando, all’uopo, le somme necessarie alla difesa in giudizio”. Per la cronaca, indiscrezioni decisamente attendibili provenienti da Piazza San Rocco parlano di Tony Pantalone come nuovo legale cui sarebbe affidato questo contenzioso, ma non vi è ancora certezza nè tantomeno ufficialità sull’investitura del professionista ischitano.

Il caso in questione era stato denunciato in anteprima dal nostro giornale nell’edizione dello scorso 3 aprile. I fatti sono facilmente riassumibili. Da qualche tempo l’esecutivo guidato dal sindaco Paolino Buono sta affidando una serie di incarichi ad una professionista, l’avv. Annalisa Mazzella, che notoriamente è la cugina di primo grado di Sergio Buono, attuale assessore. Quest’ultimo, come emerge in maniera inequivocabile dalla delibera n. 151 del 12 dicembre 2016 e dalla numero 150 votata in pari data, si era sempre fatto portare assente, proprio come prescrive la legge. Infatti ad esempio, proprio nel provvedimento 150 (quando cioè vi è stata l’opposizione al decreto ingiuntivo n. 7050/2016 emesso dal Tribunale di Napoli in favore della Città Metropolitana è scritto: «Si dà atto che abbandona la seduta l’assessore Sergio Buono». Insomma, un comportamento sempre analogo ed in linea con quanto previsto dalla normative vigente. Cosa che però non è accaduta in una recente delibera, la n. 25 dello scorso 14 marzo: nella circostanza Sergio Buono non si astenne, facendosi portare presente nell’atto deliberativo con cui si affidava l’incarico alla cugina. E nella circostanza fummo i primi a porci un interrogativo: come mai un’inversione di tendenza così improvvisa e repentina? Insomma, l’impressione era quella di trovarci dinanzi ad una “frittata” bella e buona, ed infatti non ci è voluto molto a capire che non avevamo affatto torto, tutt’altro. Il giorno successivo, infatti, arriva la nuova delibera di giunta con la quale si provvedeva a revocare l’incarico, ammettendo il fatto che per “mero errore” aveva partecipato alla votazione anche l’assessore Sergio Buono, prima di una nuova deliberazione con la quale si riaffidava il tutto alla professionista, con l’esponente della giunta legato da vincolo di parentela che non partecipava alla votazione. Un atto dovuto ed inevitabile per non incorrere in guai seri. Le norme a riguardo infatti sono chiare e viene specificato che gli incarichi ai parenti sono vietati per legge come sottolinea sul suo sito anche l’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione). Si legge tra l’altro che l’art. 78 (Tuel) prevede che il comportamento degli amministratori degli enti locali deve essere improntato all’imparzialità e al principio di buona amministrazione, nel pieno rispetto della distinzione tra le funzioni, competenze e responsabilità degli organi politici e di quelle proprie dei dirigenti delle rispettive amministrazioni. Prescrive, poi, che tali amministratori «devono astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere riguardanti interessi propri o di loro parenti o affini sino al quarto grado» con esclusione dei soli provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici «se non nei casi in cui sussista una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell’amministratore o di parenti o affini fino al quarto grado. Ora arriva la notizia di una nuova rinuncia da parte dell’avv. Mazzella. E la faccenda, oltre ad arricchirsi di un nuovo capitolo, diventa sempre più intrigante.

 

 

 

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