ARCHIVIO 3ARCHIVIO 5

Barano, l’amarcord del campo di basket di piazza san Rocco

È ancora un viaggio nella Barano dei ricordi a far emergere la malinconia della qualità dei tempi passati. C’era una volta il campo di basket in Piazza San Rocco, nel cuore del capoluogo dei sempreverdi giardinetti. Non era solo un rettangolo dove far rimbalzare un pallone, dove trasformare la struttura di ferro dei canestri in mini porte di calcio per interminabili gare all’ultima sfida. Era un centro di sana aggregazione, un polmone di vita, una palestra per i muscoli e per le relazioni sociali. Tutto svanito nella folle logica dei posti auto a tutti i costi, senza pensare ad un’area ludica per i ragazzi di oggi, sempre più avvolti negli schermi e divorati dal virtuale.

L’opera di lifting della Piazza San Rocco del 2000 ha cancellato l’ultima arena di giochi dietro ad un pallone. Oggi, invece, i ragazzi utilizzano l’ultimo spazio pedonale lasciato libero dai veicoli, improvvisando un campetto dietro la Chiesa di San Sebastiano. Una tristezza che ha l’amaro sapore di una sconfitta sociale. E’ sempre quell’album di ricordi di “Sei di Barano se” a tirare fuori un ricordo che la mente trasforma in parole. Una denuncia, come quella di Rosa Taliercio, che rompe l’aria. «Ricordi il campo di Basket in Piazza – scrive – dove ci si andava a giocare, dove si facevano allenamenti, dove le sere d’estate si organizzavano tornei di basket, dove la sera si organizzavano tornei di calcetto, dove c’era la vita e Barano non era un paese morto!!! Rivoglio quel campo».

Un commento che ha riportato una scia di reazioni malinconiche. Come quello particolareggiato di Pino Di Meglio: «Con i miei amici e grazie al supporto di Cesare Covino e Gaetano Mattera costituimmo una squadra di basket autogestita. Ovvero gestita dagli stessi giocatori e – senza sponsor e presidenti – partecipammo a numerosi campionati. Quando iniziammo (mi pare nel 71 o 72) era stata appena colmata la Cava e in quello spazio c’erano le macchine. Il campo lo facemmo noi ed è durato fino a quando noi abbiamo giocato, poi tornarono le macchine perché il basket a Barano finì quando noi compimmo i 30 anni. Quelli della mia generazione facevano i fatti, non chiacchiere e recriminazioni sterili. Oggi vogliono “o percuoco ammunnato e buon” (la pesca già sbucciata) e se la prendono sempre con qualcun’altro. Quando dico “noi” intendo: Pino e Sergio Mattera, Gianfranco e Giannino Di Meglio, Pino Nobile, Pietro Greco, Rino Buono (la società fu costituita dietro lo studio del dott. Biagio), Pino Perna , Carmelo Mattera, Giovanni krosiloff, Franco Lombardi (che da anni vive in USA) … e spero di non dimenticare nessuno».

E chi, come Angela Gaudioso, che ricorda: «Ci giocavo fino a mezzanotte… finché non spegnevano le luci……. che bei ricordi». Significativo il passaggio di Pietro Greco. «Quando finì la voglia di fare basket non era affatto finita la voglia di fare calcetto o altro e nessun motivo giustifica l’occupazione di quel suolo con le auto, decretando di fatto la morte civile di Barano». Come ricorda Valerio Conte: «i summer Camp con Ferro Meyers della MARR Rimini ……quella la Barano che amo rimpiango e rivorrei». Intanto, oggi la priorità sono le auto e le strisce blu. Nessuno spazio per attività ludiche e, cosa più grave, nessun programma che vada in questa direzione. Altre logiche, altri tempi o peggio, altri uomini.

Luigi Balestriere

Ads
Ads

Articoli Correlati

0 0 voti
Article Rating
Sottoscrivi
Notificami
guest

0 Commenti
Inline Feedbacks
Visualizza tutti i commenti
Pulsante per tornare all'inizio
0
Mi piacerebbe avere i vostri pensieri, per favore commentatex