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Degrado e rifiuti nel bosco di Zaro

Gianluca Castagna | Forio La natura non lascia rifiuti, l’uomo sì. Anche nei boschi, dove i fragili equilibri ambientali dovrebbero incutere più rispetto e soggezione. Perfino nel bel mezzo dei ponti di primavera, quando migliaia di turisti visitano l’isola d’Ischia anche per camminare nel verde, apprezzare il silenzio e godere di angoli incontaminati.
Pura utopia. Ormai anche i polmoni verdi di un’isola fortemente urbanizzata e strangolata dal traffico vengono impiegati come pattumiere a cielo aperto. Lo scenario che si è presentato nel bosco di Zaro, tra Forio e Lacco Ameno, in queste settimane, a ridosso e durante i ponti, non lasciava spazio alla fantasia.
Abbandonate tra l’erba, spesso ai bordi della strada e o di qualche piccolo sentiero, si trovava praticamente di tutto.

Siringhe, involucri di alimenti, cartoni, contenitori in plastica con liquidi all’interno, polistirolo, bottiglie di vetro e di plastica, carta stagnola e pellicola trasparente, perfino un piano cottura, tubi di scarico e sanitari da bagno fatti a pezzi e lasciati lì. Tutti materiali, tra l’altro, altamente inquinanti, destinati a restare sul terreno per molti anni (se non rimossi manualmente), e a compromettere l’aria, il suolo, l’acqua e il ciclo degli alimenti. Per non parlare della solita distesa di fazzolettini umidificati, scatole di preservativi e profilattici usati in cui si imbatte qualsiasi turista che voglia fare una passeggiata in quell’area verde. Il bosco di Zaro è uno spettacolo della natura. Panoramico e appartato. Per questo, meta privilegiata di coppiette che si godono il paesaggio e qualche altro piacere. Lasciando però sul terreno, nelle piazzole di sosta, tra la macchia mediterranea, un vero sfacelo di immondizia. Basterebbe semplicemente raccoglierla come si fa a casa (dove non si lascia certo l’immondizia sul pavimento del salone), metterla in una qualunque bustina e gettarla nel primo cassonetto. Difficile? A Ischia sembra proprio di sì.

Così come sembra impossibile convincere i frequentatori del bosco a lasciare auto, motorini e pulmini fuori dalla selva. A ogni passaggio di auto, nel percorso sterrato che conduce al sito dedicato al culto mariano, si alzano “nubi” di polvere che lasciano tramortiti, oltre che debitamente ‘impanati’, tutti gli sventurati che si trovano lungo il cammino o chi vorrebbe invece fare jogging e respirare aria pura, anziché i micidiali gas di scarico.
E’ questo l’esempio concreto che vogliamo dare quando parliamo, nelle fiere o altre occasioni pubbliche, di isola verde, turismo green e sostenibile, cura e tutela del territorio? A chi tocca vigilare? E magari fare multe? E pulire? Di sicuro sarebbe educativo obbligare chi viene sorpreso a lasciare per strada quei rifiuti a rimuoverli e magari fare qualche salutare settimana di servizio intenso sul posto, ramazzando per bene la vegetazione. A farlo – questa è la buona notizia – c’è già qualcuno. Non chi confonde un bosco con la propria discarica, purtroppo.
Sono invece gruppi di volontari che nei fine settimana, e non solo, provvedono alla pulizia e alla sistemazione dei percorsi naturalistici. Un’occasione non solo per pulire i sentieri dell’isola, ma anche per conoscere meglio e apprezzare gli angoli più nascosti del territorio, godendo così di scorci mozzafiato tra natura, terra e mare finalmente “bonificati” dall’inciviltà dell’uomo.

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