Benefici dell’attività fisica
Nella pratica si hanno allenamenti che prevedono carichi continui e lavori interrotti da pause, in questo caso è il recupero che consente il miglioramento
Ogni esercizio fisico richiede forza muscolare e una certa ampiezza di movimento articolare. Una regolare attività fisica può migliorare entrambe queste qualità, in quanto rende più elastici i muscoli e le articolazioni, contribuendo così ad aumentare la flessibilità e a ridurre gli infortuni. L’attività fisica può inoltre migliorare l’equilibrio aumentando la forza dei tessuti attorno alle articolazioni e in tutto il corpo, contribuendo a prevenire le cadute. L’esercizio sotto carico, come la camminata veloce, kettlebell, ginnastica funzionale, TRX, l’allenamento con i pesi, ecc rinforza la struttura ossea e contribuisce a prevenire l’osteoporosi. L’allenamento è spesso in grado di migliorare la funzionalità dell’organismo e ridurre il dolore in pazienti con osteoartrite, anche se è opportuno che ogni soggetto riceva un programma specifico personalizzato, e se è il caso, si evitino esercizi, come la corsa, che sottopongono le articolazioni a un sovraccarico inutile.
Benefici dell’allenamento
L’attività fisica aumenta il livello nell’organismo di endorfine, sostanze chimiche prodotte nell’encefalo che riducono il dolore e inducono un senso di benessere. Di conseguenza, l’attività fisica può migliorare il tono dell’umore e il grado di energia, riuscendo perfino a mitigare i sintomi della depressione. Inoltre, contribuisce ad aumentare l’autostima poiché migliora le condizioni di salute generale e l’aspetto fisico. Oltre a tutti questi benefici, l’attività fisica regolare aiuta gli anziani a rimanere indipendenti migliorando l’abilità funzionale e prevenendo le cadute e le fratture. Può rinforzare anche la muscolatura dell’anziano più gracile. L’attività fisica favorisce l’appetito, riduce la stipsi e migliora la qualità del sonno.
I benefici diminuiscono nell’arco di qualche settimana dopo l’interruzione dell’allenamento. Si riduce la forza muscolare e cardiaca, nonché il livello di colesterolo HDL, mentre aumentano la pressione arteriosa e il grasso corporeo. Persino gli ex-atleti non conservano a lungo benefici misurabili se smettono di allenarsi. Tuttavia, i soggetti che sono stati fisicamente attivi in passato spesso riacquistano più velocemente la forma fisica.
L’energia (ATP) si esaurisce in pochi secondi
La resistenza è la capacità che consente all’organismo di sopportare attività protratte nel tempo o all’impegno in una gara di lunga durata.
Qualunque sia l’attività che compiamo ha come fonte iniziale di energia l’ATP (adenosin-trifosfato) che in pratica è il carburante dell’organismo umano che fornisce l’energia necessaria alla contrazione dei muscoli. Purtroppo non è possibile protrarre per più di pochi secondi la massima prestazione, come in uno sprint sui cento metri, dato che l’ATP si esaurisce in pochi secondi.
Continuando il lavoro bisogna che il corpo resintetizzi nuovo ATP per poterlo supportare, in pratica si ha la resintesi dell’ATP. Il corpo può resintetizzare l’ATP da tre sostanze: da due fonti di origine chimica e una di origine alimentare.
Ad intervenire per prima è la fosfocreatina, (da qui l’uso della creatina in campo sportivo), sostanza che è presente nei muscoli in quantità tre volte più dell’ATP. Comunque la fosfocreatina non permette l’intensità del lavoro per più di 10 secondi, lavoro che è chiamato anaerobico-alattacido, dato che non utilizza l’ossigeno per le sue reazioni chimiche e non provoca accumulo di acido lattico.
E’ questo il più potente sistema a disposizione del corpo per poter effettuare una contrazione breve ma di massima intensità. A dispetto di quanto credono in molti questo sistema si avvia ogni volta che s’inizia una qualunque attività muscolare e indipendentemente dalla sua intensità. E’ solo dopo che entreranno in azione i sistemi energetici adeguati all’intensità del lavoro che si sta effettuando. Svolgendo lavori a basse intensità ma di durata superiore si avranno gli zuccheri e i grassi che resintetizzeranno l’ATP. Per primo si avrà la glicolisi (scissione degli zuccheri) ove per ogni molecola di zucchero se ne formano due di acido piruvico. In caso di lavoro sub-massimale l’organismo non utilizzerà l’ossigeno per le reazioni chimiche di resintesi, l’acido piruvico si trasforma in acido lattico cosa che ingenera fatica locale e perdita di efficacia del movimento e proseguendo arresto dello stesso.
Glicolisi anaerobica – alattacida
Avremo la cosiddetta glicolisi anaerobica (sistema anaerobico – lattacido), che ha una potenza inferiore in confronto a quello alattacido, ma permette di effettuare carichi ad intensità sub-massimali e per un tempo compreso tra i 20 e i 50 secondi. Ad intensità più basse che consentono che la mole di ossigeno inspirata sia sufficiente per le reazioni chimiche necessarie alla resistesi avremo la glicolisi aerobica e quindi senza accumulo di acido lattico, in pratica il corpo utilizza zuccheri e grassi per riformare l’ATP. Il sistema aerobico rispetto al sistema anaerobico alattacido ha una potenza del 50% in meno ma come vantaggio ha che la sua durata è infinitamente più lunga. E’ chiaro che per avere dei miglioramenti nella prestazione atletica è solo il giusto alternare dei lavori sia nella durata che nell’intensità che porta l’organismo al giusto grado di affaticamento innescando l’appropriata supercompensazione, che non avviene quando o il carico non è allenante perché non ha la giusta intensità, o il lavoro eccede in intensità o ancor peggio in quantità che porta l’atleta al superallenamento.
L’idoneo carico di lavoro.
1) L’idonea velocità di esecuzione.
2) La giusta durata del carico.
3) Il numero delle ripetizioni.
4) Il recupero tra una ripetizione e l’altra.
5) Il tipo di attività che si effettua durante il recupero.
6) La giusta scelta del metodo.
Nei pesi, per esempio, una scelta non idonea del metodo porta alla trasformazione delle fibre bianche veloci in lente. Questa è l’ultima cosa che si ricerca allenandosi cui, spesso, si va incontro con allenamenti erronei effettuati a intensità sotto la soglia allenante.
Nella pratica si hanno allenamenti che prevedono carichi continui e lavori interrotti da pause, in questo caso è il recupero che consente il miglioramento. A sua volta il lavoro continuo è distinto in lavoro senza accumulo di acido lattico o con progressivo accumulo di acido lattico, e in lavori che prevedono variazioni di ritmo che possono essere prefisse o libere. L’allenamento interrotto da pause è distinto a seconda che la pausa determini il completo recupero (prove ripetute), o un recupero incompleto (interval-training). E’ chiaro che carico e intensità andrnno elevati in base al miglioramento dell’atleta. Il metodo di controllo per determinare l’intensità dell’allenamento è dato dalla frequenza cardiaca. Per atleti di alto livello al posto della formula utilizzata nel fitness e jogging 220 – età X percentuale di allenamento si utilizza il metodo Karvonen. Ove si calcola la frequenza cardiaca di riserva (FRC), che è dato dalla FC max meno il valore della frequenza cardiaca a riposo. La THR (target heart rate o frequenza cardiaca mirata) si ricaverà calcolando la percentuale di allenamento rispetto alla FRC cui si aggiungerà il valore della frequenza cardiaca a riposo. Per meglio chiarire diamo un esempio: un
atleta con FC max =200b/m e FC a riposo =65 b/m, FRC =135 b/m, THR 70% = 159 b/m. (Fc max 200, meno 65, moltiplicato per percentuale allenamento, più battiti a riposo, uguale percentuale allenamento). E’ chiaro che per ricavare la propria frequenza cardiaca massimale bisogna sottoporsi a un test da sforzo che è risaputo, necessita oltre che della presenza di un medico cardiologo anche di un rianimatore e delle relative attrezzature mediche di soccorso, anche se non presente alla prova, in caso di necessità ci deve essere il suo pronto intervento. Altro che far salire il gradino o rimbalzare sulla pedana elastica per qualche decina di secondi e via ad autorizzarti a praticare l’attività agonistica.
- Tecnico FIDAL – Preparatore Atletico