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Insulti a Berlusconi, la sentenza che riabilita anche i testimoni ischitani

Il fatto non sussiste, quelle pesanti parole nei confronti del Cavaliere sono state davvero pronunciate dal giudice Esposito. La decisione della Corte d’Appello, inevitabilmente, rende giustizia anche alle deposizioni rese dai tre dipendenti dell’hotel Svizzera di Lacco Ameno finiti poi nella bufera

«Berlusconi mi sta proprio sulle palle». «Se mi capita a tiro lo faccio nero». Queste le frasi che avrebbe detto il giudice Antonio Esposito, per intenderci il magistrato che ha condannato Silvio Berlusconi per frode fiscale. A sostenerlo Sandra Leonetti che aveva partecipato a una cena, in epoca precedente al processo, cui era presente il giudice Esposito. Sono frasi che Esposito ha sempre negato di avere detto. Ma ora la Corte d’appello di Milano assolve con formula piena dall’accusa di falsa testimonianza la donna che quelle frasi aveva dichiarato, sotto giuramento, di averle sentite con le proprie orecchie. E la convinzione di Berlusconi di essere stato la vittima di una macchinazione giudiziaria portata a compimento da un giudice prevenuto esce inevitabilmente rafforzata da questa sentenza.

L’imputata del processo milanese, scaturito da una delle innumerevoli querele dell’ex giudice Esposito, era una signora napoletana, Sandra Leonetti. Le cui uniche colpe erano avere partecipato insieme a suo marito, una sera del 2011, ad una cena cui era invitato anche Antonio Esposito. Dopo la condanna di Berlusconi il marito della signora, Massimo Castiello, aveva rilasciato una intervista al Giornale in cui descriveva per filo e per segno la serata in cui, alla presenza anche dell’attore Franco Nero, aveva udito il dottor Esposito esprimere tutta la sua avversione contro l’ex premier. Per quella intervista, Esposito aveva fatto causa sia al Giornale che a Castiello. Nell’udienza davanti al tribunale civile di Milano, la signora Leonetti era stata citata a testimoniare per fornire la sua versione su quanto si era detto davvero a cena. E aveva confermato in pieno il racconto del marito: spiegando che a tavola si parlava di cinema, e parlando di un film in cui «un avvocato difendeva un imputato che se la cavava sempre, mio marito ha detto: sì, come Silvio Berlusconi che se la cava sempre. Il giudice Esposito si è agganciato e ha detto Mi sta proprio sulle palle. Io ho sentito questa frase certamente, potrebbero averla sentita anche gli altri commensali ma non è detto perché il tavolo è grande». E ancora: «Il dottor Esposito, rivolgendosi a mio marito con la voce più bassa e quindi bypassandomi ha detto se mi capita a tiro lo faccio nero. Credo insomma che il senso fosse quello».

Anche Giovanni Fiorentino, Domenico Morgera e Michele D’Ambrosio riferirono di aver sentito il giudice, in vacanza presso la struttura della famiglia De Siano, di aver offeso l’ex premier con frasi del tipo “Bella chiavica lui e il vostro padrone”

Per avere reso quella testimonianza, la Leonetti viene querelata a sua volta dal giudice Esposito. E il 18 gennaio 2019 viene condannata a un anno e quattro mesi di carcere. Secondo il tribunale di Milano, Esposito non può avere detto quelle frasi: non solo perché gli altri commensali non le hanno sentite ma anche perché lui le nega: ed «è persona particolarmente credibile in ragione del ruolo di magistrato svolto per ben quarant’anni» ed è «inverosimile che in una cena formale, con imprudenza inspiegabile e insensata, abbia pronunciato frasi di quel tenore».

Adesso però la Corte d’appello di Milano ribalta la sentenza che condannava la Leonetti, assistita dall’avvocato Giorgio Cozzolino. Per i giudici «il fatto non sussiste», la signora insomma non si è inventata niente. E Esposito dovrà rinunciare a 15mila euro di risarcimento.

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Una sentenza che richiama quanto successo qualche anno dopo sull’isola di Ischia. Sono Giovanni Fiorentino, Domenico Morgera e Michele D’Ambrosio i tre dipendenti dell’hotel Svizzera hanno accusato Esposito di aver insultato Silvio Berlusconi durante brevi vacanze sull’isola verde, con frasi del tipo “bella chiavica Berlusconi e il vostro padrone”. Insomma, sulla base di tali circostanze, Berlusconi aveva sostenuto la “teoria del complotto” e soprattutto la mancata terzietà dei giudici. Il giudice Esposito, difendendo coi denti la correttezza del suo operato, aveva inoltrato una opposizione articolata che vedeva tra i destinatari anche l’avvocato Bruno Larosa, legale dell’entourage di Berlusconi che nel 2014 raccolse le dichiarazioni dei tre lavoratori ischitani in verbali di ‘indagini difensive’ poi allegati al ricorso alla Corte europea dei diritti umani. Il giudice Esposito, nel negare di aver mai proferito parole ostili contro Berlusconi, aveva sottolineato la vicinanza dei dipendenti al senatore Domenico De Siano, la cui famiglia controlla l’hotel in questione. Una vicinanza che si sarebbe tradotta in dichiarazioni definite “false e strumentali”, a vantaggio del Cavaliere.  Ma il giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Napoli, dott. Vinciguerra, ha ritenuto quelle dichiarazioni “non false”, come invece sosteneva il dottor Esposito.

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