LE OPINIONI

«Caffè Scorretto» «Benvenuti nella realtà»

Dobbiamo sapere che l’Italia importa dall’Ucraina il 55% di mais. Che per le industrie e per l’energia elettrica o per riscaldarci, usiamo il 55% del gas che arriva dalla Russia non dimenticando che il numero di profughi verso l’Europa e quindi verso l’Italia, in questi ultimi giorni è salito vertiginosamente alimentando la più grande catastrofe umanitaria dopo la Seconda Guerra mondiale. Che il grano è già aumentato del 15% nel “granaio d’Europa” da cui l’Italia si approvvigiona, l’Ucraina appunto, ed ha difficoltà ad arrivare nel nostro Paese. Dobbiamo sapere, poi, che in queste ore gli Stati Uniti stanno pensando se e come embargare il petrolio che arriva dalla Russia il quale per il 48% giunge in Europa e una parte, per il 10%, arriva in Italia.

A Roma i russi che avevano programmato di visitare la Capitale nei prossimi mesi, Pasqua compresa, ovviamente, non potranno muoversi. La situazione, tragica, non esclude Ischia. Se guardiamo i dati, prima della crisi Covid, ci rendiamo conto che l’Italia è sempre stata meta preferita dai russi con 1.7 milioni di arrivi e 5.8 milioni di presenze (dati Assoturismo – Confesercenti) e osservano quelli dell’isola i turisti provenienti dalla Federazione russa hanno rappresentato nel 2019 il 76,71% del PIL. Se poi aggiungiamo che molti di quelli con grossa capacità di spesa, mega yacht compresi, “mancheranno” all’appello della nuova stagione, possiamo solo immaginare che impatto avrà tutto questo nel nostro settore produttivo soprattutto in termini di mancati introiti 

Dovremmo imparare, perciò, a essere più realisti e agire anche a livello locale sulle conseguenze che la guerra tra Russia e Ucraina provocherà a cascata su tutti i Paesi non escludendo dalla riflessione l’economia e nello specifico il settore turistico che sull’isola ci riguarda direttamente.

A Roma i russi che avevano programmato di visitare la Capitale nei prossimi mesi, Pasqua compresa, ovviamente, non potranno muoversi. La situazione, tragica, non esclude Ischia. Se guardiamo i dati, prima della crisi Covid, ci rendiamo conto che l’Italia è sempre stata meta preferita dai russi con 1.7 milioni di arrivi e 5.8 milioni di presenze (dati Assoturismo – Confesercenti) e osservano quelli dell’isola i turisti provenienti dalla Federazione russa hanno rappresentato nel 2019 il 76,71% del PIL. Se poi aggiungiamo che molti di quelli con grossa capacità di spesa, mega yacht compresi, “mancheranno” all’appello della nuova stagione, possiamo solo immaginare che impatto avrà tutto questo nel nostro settore produttivo soprattutto in termini di mancati introiti. Insomma, per quanto ci riguarda, tutto è collegato al turismo che a doppia mandata è legato all’economia. Sembra il mare dell’ovvio e del ripetuto fino alla noia tanto da diventare scontato (come molti soggiorni svenduti negli anni per attirare gente a buon mercato). Magari è proprio questo tedio una delle fonti di quell’indifferenza che avvolge la società isolana e somiglia sempre più a una malattia che ha contaminato un po’ tutti, come un virus.

Le radici della crisi “politica” isolana – ossia del non sapere che direzione prendere, come fare e quando – che colpisce prima di tutto chi amministra la cosa pubblica, sono profonde e ci imprigionano in uno stato d’inquietudine e delirio psichico. Tanto che per venirne fuori ci sarebbe bisogno di un Commissario prefettizio con giurisdizione ampliata sui sei Comuni che pure nella sua ordinaria indifferenza amministrativa potrebbe rivelarsi invece ispiratore di una nuova azione politico-identitaria isolana al posto delle narrative incoraggiate da ego ipertrofici, corrosive di una qualsiasi idea di rilancio. Bisogna evidenziare che finora non c’è stato un solo amministratore in grado di interpretare il momento e usarlo per ripensare una strategia diversa indicandone la strada (magari attraverso un’intervista che in quel caso sarebbe valsa la pena leggere) 

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La mancanza d’indignazione, l’assenza di una reazione di massa, ne è uno dei segni più evidenti. Cui segue la paura di pretendere dai governanti delle sei amministrazioni di darsi da fare e di smetterla di giocare al «piccolo amministratore» impegnato in mostre, nella costruzione di rotatorie e prestarsi nello spazio tra una e l’altra alle inaugurazioni che servono, ci mancherebbe, ma che, come “pochi” hanno rilevato, sono tutte cose completamente slegate da un disegno di rilancio strutturale di Ischia.

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Poiché l’ovvio non è mai scontato, le riflessioni che ne escono stimolate dal dubbio, ci dicono che un tale disinteresse è diventato più che reale e la ricerca di una via d’uscita, compito primario di chi fa politica o amministra come di chi con il turismo ha un rapporto diretto o mediato, è ancora lontana. In questa ricerca a vuoto, ovvio, ma non scontato, trovano posto i sindaci seguiti dai loro consiglieri di fiducia. Un po’ qui e un po’ la, sono in molti a esser impegnati sul trenino delle piccole opere – come la costruzione di parcheggi – e interviste per comunicarle come se da sole bastassero per cambiare le sorti di un’economia isolana annacquata, dopo essersi trasformati in attivi frequentatori di corsi di recupero per arrivare al traguardo della visibilità quali abili nuovi esperti di comunicazione e marketing su facebook. Le radici della crisi “politica” isolana – ossia del non sapere che direzione prendere, come fare e quando – che colpisce prima di tutto chi amministra la cosa pubblica, sono profonde e ci imprigionano in uno stato d’inquietudine e delirio psichico. Tanto che per venirne fuori ci sarebbe bisogno di un Commissario prefettizio con giurisdizione ampliata sui sei Comuni che pure nella sua ordinaria indifferenza amministrativa potrebbe rivelarsi invece ispiratore di una nuova azione politico-identitaria isolana al posto delle narrative incoraggiate da ego ipertrofici, corrosive di una qualsiasi idea di rilancio. Bisogna evidenziare che finora non c’è stato un solo amministratore in grado di interpretare il momento e usarlo per ripensare una strategia diversa indicandone la strada (magari attraverso un’intervista che in quel caso sarebbe valsa la pena leggere).

Basterebbe, per questo, il “Patto per lo Sviluppo”, adesso più che mai, dal quale iniziare a inquadrare un repertorio di riflessioni costruttive –da parte della politica locale – oltre che idonee a tenere in piedi la società isolana, per poi vederle calare attraverso un programma di investimenti per la realizzazione di infrastrutture e nei servizi pubblici in grado di iniettare denaro nel tessuto economico. E magari, finalmente, arrivare a scoprire che alla “politica”, non importa a quale livello, è assegnato il compito di raggiungere uno scopo diverso dalla “semplice amministrazione”

Non labirintiche speculazioni ma atti pratici. Non richieste di piani di intervento immolandosi, inutilmente, all’ingresso della Regione o del Parlamento ma unione di intenti. Basterebbe, per questo, il “Patto per lo Sviluppo”, adesso più che mai, dal quale iniziare a inquadrare un repertorio di riflessioni costruttive –da parte della politica locale – oltre che idonee a tenere in piedi la società isolana, per poi vederle calare attraverso un programma di investimenti per la realizzazione di infrastrutture e nei servizi pubblici in grado di iniettare denaro nel tessuto economico. E magari, finalmente, arrivare a scoprire che alla “politica”, non importa a quale livello, è assegnato il compito di raggiungere uno scopo diverso dalla “semplice amministrazione”. Che passa per l’ordinario, certo, ma che da solo però non può bastare a fermare ciò che appare più come mercimonio di opere e missioni, didascalie buone per occupare lo spazio delle prime pagine dei giornali che se le contendono in grado di soffocarci, già nel medio periodo se non si corre ai ripari, nella loro inutilità. Non ditelo agli amministratori però, potrebbero svegliarsi.

Pagina Fb Caffè Scorretto di Graziano Petrucci

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