«Caffè Scorretto» «Cogliamo l’attimo o andiamo a fondo»
«Ci serve coesione, dobbiamo avere fame di sviluppo. Per poterlo raggiungere però dobbiamo cambiare registro, ci servono competenze, ci serve crescere e capire che è arrivato il momento di essere maturi per affrontare le questioni che riguardano gli stagionali, i tassisti, i pescatori, gli imprenditori, che – non solo a Lacco Ameno ma sull’isola intera- rappresentano una grossa parte del nostro tessuto economico. Ci serve unità. Ci servono competenze, lo voglio ripetere. Ci serve mettere le persone al posto giusto». Lo scrive Piero Monti, un imprenditore di Lacco Ameno. Come lui, molti soffrono lo stato che stiamo attraversando in Italia, difficile anche dal punto di vista economico.
A Ischia tutto ciò si traduce in una forma di sospensione e si avverte in maniera particolare adesso che il turismo rischia di non decollare. Molti rappresentano quest’ansia diffusa, in vari modi. Il pensiero che l’imprenditore ha postato su facebook, da però modo di riflettere su una questione importante. Che, sull’isola, neanche a farlo apposta, abbiamo sempre evitato per esigenze e illusioni di vario genere. Ci siamo abituati a una società [isolana] corporativa, chiusa, ermetica, fatta di vasi comunicanti all’occorrenza (per lo più politica) mai veramente salda ma, al contrario, spezzettata in divisioni amministrative. Stagnante, per un verso, stabile per l’altro. Equilibrata, diciamo. Abbiamo contribuito a crearla rassicurante e, perciò, dentro ci abbiamo messo il sistema che ha regolato il lavoro: sei mesi di occupazione contro il restante periodo, nella sospensione ma in attesa di lavorare i successivi sei mesi.
Le stagioni sull’isola hanno sempre avuto quel bel sapore di noia, di alienazione, di ripetizione fissa, apparentemente in conciliazione. In conformità a che cosa lo abbiamo stabilito? Le risposte, da un lato, potrebbero essere di tipo culturale, magari antropologico. Per l’altro, però, la ragione potrebbe ricercarsi nella voglia, ingenua, di sicurezza. Di fronte alla quale anche i lavoratori stagionali, col tempo, hanno ceduto a quella specie di contratto atipico, suggerito da sindacati e simili, a tempo indeterminato, alla fine del quale in base al licenziamento volontario entravano in disoccupazione fino all’ipotesi di nuova assunzione, nei sei mesi successivi. Nel desiderio di avere, o costruirsi, la certezza del calcolo matematico – e del risultato a buon mercato nel periodo coperto dalla Naspi – che per definizione è “certo”, vale a dire “stabile”, sono stati tanti a scendere a patti e oggi si trovano nella condizione di non poter ricevere, anche se si presume risolta la questione, il contributo da parte di Stato e Regione. Non c’è una colpa, sia chiaro. Il sistema ha funzionato in questo modo e su tale bilanciamento si è seduto, stabilizzato diventando certo. «Chi vuol esser lieto sia, di doman non c’è certezza», scrisse Lorenzo il Magnifico nella composizione, detta trionfo in occasione del carnevale del 1490, per essere cantata da un corteo di maschere (appunto, trionfo). La canzone è l’esaltazione del “cogli l’attimo”, senza pensare a che cosa succederà domani. Basta spostare una “i” per cambiare tutto. Il corteo isolano si è mosso tronfio e ha deciso di rendere l’attimo stabile ciò che per definizione presenta oscillazioni di mercato. La certezza, sempre quella, ci ha suggerito che, tanto, i turisti sarebbero arrivati lo stesso e avrebbero mosso il pendolo del lavoro. Tutto ciò, permanendo la cornice dei confini mentali, tra comuni, e amministrativi si è modellato da se nel disinteresse generale. Un menefreghismo che ha falcidiato l’attimo, per ampliare la certezza che a sua volta ha assunto volti, nomi, ed ha elevato persone a ruoli importanti in snodi cruciali per la sopravvivenza della collettività. Veniamo a oggi. Veniamo all’appello dell’imprenditore di Lacco Ameno. Con quello che abbiamo creato, dopo aver alimentato modelli, conformismo e pregiudizi, abbiamo rafforzato la società isolana dopo averla posta sull’altare della sicurezza.
Una società incapace, però, di creare opportunità (il lavoro, in spiaggia, o in albergo, o in qualche locale ne hanno costruito il contorno), inadeguata a innescare dinamiche di cambiamento e far detonare l’innovazione. Che rappresenta un processo complesso e richiede movimento e il coraggio, perciò, di rendere instabile ciò che invece abbiamo trasformato in piattaforma stabile. Destagionalizzare, è movimento rispetto alla mansueta stagionalità; l’innovazione, è cambiamento; riconoscere la competenza per poi mettere le persone al posto giusto richiede un movimento verso il cambiamento e, insieme, un modo diverso di osservare e comprendere i fenomeni. Oggi, in quest’aria mortifera causata da paura e incertezza, abbiamo un problema che a cascata ne genera altri. C’è bisogno di coraggio nelle scelte, di movimento per uscire dalla stabilità di piombo, di capacità per imparare dall’osservazione, di coesione perché non è più il momento – stabile – per andare ognuno per se. È giunto il momento di cogliere l’attimo, e rifare l’isola. Dall’inizio.
Pagina Fb Caffè Scorretto di Graziano Petrucci
Sempre lucide le sue analisi Dottor Petrucci ci servono competenze lo dobbiamo ripetere fino allo sfinimento grazie