LE OPINIONI

«Caffè Scorretto» «Comunico, dunque “sono”» 

Qualcuno forse condivide l’impressione che un certo modo di fare comunicazione attraverso i social, da parte di chi conduce le amministrazioni isolane, sia bloccata nell’orda ormonale e funambolica, a tratti ironica, della sua adolescenza. Mi riferisco a quell’entusiasmo misto a stupore e sfrontatezza di fronte ai fatti – nuovi – della vita che accadono e colpisce quella specifica fascia d’età, condizionata spesso dall’elaborazione superficiale e parziale delle cose a causa della sua poca esperienza. A questa sensazione, se ne potrebbe aggiungere un’altra.

Ossia che dietro quei messaggi lanciati dai profili personali con l’aiuto di volpi per muoversi a caccia di like e pollici dritti, sia prefigurabile un nuovo mondo dell’avvento, come fanno gli adolescenti quando devono comunicare le cose belle ai propri genitori cercandone il consenso (e di occultare quelle brutte, per non perderlo). E chi siamo noi, a questo punto lettori passivi, utilizzatori dei contenuti più diversi, se non quei genitori smarriti, spettatori inermi e creduloni costretti ad annuire di fronte alle dichiarazioni autocertificate dai profili personali di chi si è accorto che la comunicazione è importante e abbracciandone la crociata l’ha trasformata in vittima col complesso di sedurci? Una comunicazione che ci entra in casa, per mezzo di computer e telefonini, dietro di cui si possono immaginare persone “macchine”, con l’unico intento di comunicarci che è stato fatto questo o quell’altro a chi ha sete di sincerità e vuole sapere se la scelta – mediante il voto – è stata quella giusta. Non si può nascondere una certa tenerezza e ammirazione per un tale nuovo orgoglio, moto comunicativo che finalmente esce dalle stanze della cabina di regia del municipio per entrare nella finestra di attenzione dei votanti-cittadini.

Si può dire “eh, vabbè questo è il nuovo modo di rivolgersi alla platea, al pubblico, agli elettori. Questo è il nuovo mondo, bellezza”. Sì, si può dire. Certo che si può. Tuttavia non si può evitare di rilevare che non tutti i messaggi trovano spazio, tranne l’ovvietà di quelli che mirano al consenso e rispondono all’aspettativa che ha lo scopo di costruire una diga tra ciò che è stato fatto e ciò che invece dovrebbe essere fatto, creando per conseguenza una linea di demarcazione tra la certezza dei fatti esposti, conseguiti, e il dubbio su come sono stati realizzati. La riflessione, a dire il vero, me l’ha suggerita Mizar. Nel suo intervento, in “risposta” a un messaggio del sindaco di Ischia dato in pasto al pubblico della (sua) rete che aveva per oggetto i finanziamenti ricevuti – “a costo zero per l’ente” – per il Polifunzionale. Chiedeva a Enzo Ferrandino se avesse tenuto conto che l’edificio, adibito in parte a scuola e in parte a teatro, presumibilmente era privo del collaudo necessario e, perciò domandava Mizar, come avesse potuto ottenere un finanziamento una struttura cui molto probabilmente mancava di un requisito principale. Al di la del merito della specifica questione, la riflessione si spinge oltre, toccando le coste del dubbio. Cioè se questo modo di comunicare, da parte di alcuni sindaci, e in ciò va dato atto a Giacomo Pascale di esser stato un pioniere avanzato rispetto ad altri, possa considerarsi esaustivo della loro attività amministrativa e se questa sia, in effetti, in linea con la capacità di saper interpretare (veramente) il mondo che cambia, che si muove, si evolve.

Se la comunicazione, da un lato, è tutto o quasi (perciò il modo di mettere in relazione “amministrazione” e “cittadini” andrebbe accolto e seguito pure da chi ancora manca all’appello), tuttavia non può essere tutto, svelando la sua parziale missione. C’è bisogno di capire che i sindaci isolani se per un verso sono figure simili ai podestà, o per alcuni aspetti ai mezzadri di un tempo, per l’altro sono incastrate, purtroppo o per fortuna, in un complesso sistema territoriale che è l’isola d’Ischia. Il quale ha necessità di comunicare all’esterno e oltrepassare il singolo “comune” per modellarsi su una frequenza univoca che le amministrazioni hanno il dovere di costruire, specie in questi tempi di incertezza. Se perciò ognuno dei sindaci è legittimato a informare i propri cittadini su che cosa si sta facendo per loro, se davvero si vuole passare dalla fascia adolescenziale a quella adulta e senza pretese di affermare che possa bastare solo questo, bisogna passare a una fase simmetrica. Quella da cui possa evincersi che cosa fanno i comuni per l’isola e se le attività, singole come quelle costruite “insieme”, se esistono, specie su temi condivisi, corrispondono in modo efficace alle urgenze di cui il territorio avrebbe bisogno. Si tratta di capire, insomma, se una personalità “isolana” esiste e se ha già composto, o ha bisogno ancora di tempo, la capacità di presentarsi al banco di prova del pubblico senza quei picchi di personalismo individuale che travolgono i caratteri deboli. O se non si tratti, piuttosto, di trovarsi di fronte a personaggi incastrati nei propri ruoli, incapaci di integrare quella fede “interiore” della responsabilità collettiva, per risuonare insieme ed afferrare una realtà elementare: che la scomposizione dei messaggi manifesta, per l’ennesima volta, l’inadeguatezza dei singoli ego politici, di fronte all’alto rango delle esigenze che coinvolgono e interessano, più di ieri, 70 mila abitanti.  

Pagina Fb Caffè Scorretto di Graziano Petrucci 

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