«Caffè Scorretto» «Concorso in vergogna»

Se nel Codice Penale ci fosse un reato del genere, a Ischia, sull’intera isola insomma, per arrestarlo non basterebbero i camion che usiamo per raccoglierne i rifiuti e trasportarli in terraferma. A pensarci, neppure li sono messi tanto bene. E questo già solo perché se ne sta parlando. Mi riferisco al “concorsone” che si è svolto a Forio. Pieno sin da subito o forse pure da prima che venisse alla luce dell’albo pretorio, di segreti di Pulcinella di cui, tutti o quasi, erano a conoscenza.
Come quando vai al supermercato per acquistare la carta igienica e sai benissimo quanti rotoli troverai nel pacco. Devi solo decidere se prenderai il formato famiglia o quello da quattro. Mentre la formalità del concorso si autodefiniva nelle ipotesi, la sostanza su chi avrebbe vinto restava a guardare. Se la Magistratura riuscisse a fare chiarezza non potremmo che esserne felici. Una richiesta di felicità che dovrebbe interessare pure chi, di fatto, è risultato idoneo e vincitore. Perché bisogna difendere anche la posizione di chi si è impegnato ed ha vinto, con tutti i suoi forse. Se si eliminano i lati oscuri che presumibilmente hanno interessato la parte nord-est di Temptation Island, è meglio.
Infatti, i dubbi continuano a riprodursi come conigli perché l’amministrazione di Forio avrebbe dovuto garantirne il blocco all’inizio e si è guardata bene dal farlo chiamando in causa il possibile intervento dei magistrati. Una volta risolto un tale aggrovigliato vespasiano, solo in quel caso potremo dire che si è svolto tutto secondo la legge. E, su tutto, per dirla con enfasi retorica, potremmo aggiungere che la meritocrazia ha trionfato sul male ancora una volta e noi non siamo nello Stato libero di Bananas e neppure siamo scimpanzé.
Chiaro che quest’affermazione va fatta con un grado elevato di incertezza, perché di questi tempi passare da ominide o “sapiens sapiens” a “homo technologicus” può portare a gravi forme di esaurimento. Non basterebbe neppure una vacanza davanti ai programmi di Barbara D’Urso. Specie quando in un paese come Forio, ma il discorso può estendersi benissimo agli altri comuni, si vive in un sistema paralizzato, parcellizzato, immobile. In cui un certo modo di fare politica da anni tiene salde le redini della carrozza. Un cocchio quest’isola, che sta per schiantarsi intanto che i numerosi appelli per cambiare registro sembrano cadere nel vuoto e non stimolano una bene amata cippa o la ricerca di una valida “exit strategy”. Attualmente dobbiamo solo scegliere se vogliamo sbattere al suolo e da quale altezza. Magari sfracellandosi si provocherebbe la distruzione totale o parziale del sistema, tanto da suggerirne la ricostruzione. O, in alternativa, potremmo decidere di finire in un mare di letame (continuando a sversare liquami, certo, “trattati”, e senza ausilio di una depurazione efficace potremmo arrivarci velocemente). Un mare di merda fumante e profumata.
Da vendere in pacchetti all’estero, con il marchio “ISKIAH”. Con la proprietà principale di conservare l’involucro formale delle regole lasciando inalterati tanto gli attori delle storie che s’inseguono sulle strade delle piene libertà comunali, oltre il buon senso, quanto i portatori di contenuti della stessa sostanza. Mi sarebbe piaciuto non trattare di questi temi per dedicarmi a qualcosa di più costruttivo, che so, giocare a scopa o gironzolare nel traffico mattutino senza far nulla. Mi sono però accorto che quando s’inizia a percepire che dietro la puzza forse può nascondersi altro – quelle di fogna, sul lungomare di Forio e a volte di Lacco Ameno sono una questione diversa –, tra cui un sistema politico che esiste solo in interessi personali e ha i suoi onesti rappresentanti mentre si lancia in “viaggi perigliosi”, allora posso dire che è più importante seguirne le puntate .