LE OPINIONI

«Caffè Scorretto» «Il vaccino con il nulla di ritorno» 

Bisogna avere il coraggio di dirlo. A colpi di selfie, fotografie negli hub di Ischia e Forio e post su facebook proseguono le vaccinazioni. Qualcuno ha detto che tra i fini della sommossa popolare (di cui andrebbe misurato il grado) c’è quello di rendere l’isola “Covid-free” e rilanciarne l’economia. Se non fosse una palla gigantesca sarebbe bellissimo. Intendiamoci. Potrebbe essere vero, se non fosse che lo “slogan” è prosciugato di qualsiasi sostanza e le parole gettate al pubblico sono l’acqua per annaffiare la pianta del consenso. Il cinema della vita dopo un anno e oltre di limitazioni e coprifuoco fa scorrere le immagini che – ci dice la scienza -, resteranno impresse nella memoria.

Qualcuno ha detto che tra i fini della sommossa popolare (di cui andrebbe misurato il grado) c’è quello di rendere l’isola “Covid-free” e rilanciarne l’economia. Se non fosse una palla gigantesca sarebbe bellissimo. Intendiamoci. Potrebbe essere vero, se non fosse che lo “slogan” è prosciugato di qualsiasi sostanza e le parole gettate al pubblico sono l’acqua per annaffiare la pianta del consenso. Il cinema della vita dopo un anno e oltre di limitazioni e coprifuoco fa scorrere le immagini che – ci dice la scienza -, resteranno impresse nella memoria. In realtà neppure queste degli ultimi giorni sono rassicuranti e impongono la domanda se una salute mentale nella norma esista davvero 

In realtà neppure queste degli ultimi giorni sono rassicuranti e impongono la domanda se una salute mentale nella norma esista davvero. Se indicano la voglia di riconquista del terreno perduto con inquadrature sul desiderio di libertà, sulla voglia di abbracciarsi, sulla leggerezza degli incontri e delle strette di mano allo stesso modo si è ceduto il palcoscenico all’ambizione che amplificandone il messaggio si riuscirà a sensibilizzare tante più persone quanto più è grande la voglia di tornare alla consuetudine. Emozioni usate come strumento persuasivo per superare il sospetto nei confronti dei vaccini mostrando felicità e libertà, conseguenze positive dell’esser immunizzati. Inclusione per chi lo fa, ed esclusione, isolazionismo e separazione dallo sciame gioioso della massa, per chi non si è vaccinato.

Si giustifica perciò l’induzione – a tratti inconsapevole, non espressa e implicita – del senso di colpa in chi non è ancora passato sotto la batteria di medici nella pretesa di convincere gli indecisi a farlo. In questo clima “responsabilità” e “atto d’amore” si trasformano in una sorta di apologia tesa a difendere la propria posizione e incolpare le altre, diverse, come irresponsabili. Tutto si deve fare per il trionfo della salute pubblica, dopo aver affrontato analisi e ragionamenti (personali) che vanno rispettati, e aver scelto la soluzione migliore. Si tratta di un mutuo soccorso collettivo per allontanare la paura, comprensibile. Della cornice di una massa che si muove a tutela di sé stessa. Alla fotografia, a questa in particolare, che sostiene l’atto e l’azione abbiamo assegnato il compito di diffondere un messaggio: che il premio della normalità si può scovare nelle piaghe della pandemia grazie al vaccino e se si muovono tutti. Che il menefreghismo – di chi ancora non si è immunizzato – si può combattere col meraviglioso ottimismo della speranza declinata, solo per questo caso, nella più alta forma di coesione in grado di trasformare il “dovere sociale” da passivo in attivo. Un cavallo di battaglia, durante l’arrampicata sgangherata alla riconquista dell’emancipazione. Affogare di fotografie il mondo ischitano comunica anche questo. Se poi ci s’immola al senso di responsabilità e all’amore allora l’estasi pubblica arriverà prima e per tutti, statene certi. Peccato che tutto ciò s’incastri in un gioco di prestigio (a un tempo, individuale e collettivo) che attraverso la patina di autoscatti, post e foto in gruppo, da un lato offre la misura di quanto si deve essere attenti agli altri e a sé stessi invocando l’invito a partecipare al rito e far parte del “gruppo”, per l’altro copre qualcosa di invisibile e non immediatamente afferrabile.

Emozioni usate come strumento persuasivo per superare il sospetto nei confronti dei vaccini mostrando felicità e libertà, conseguenze positive dell’esser immunizzati. Inclusione per chi lo fa, ed esclusione, isolazionismo e separazione dallo sciame gioioso della massa, per chi non si è vaccinato. Si giustifica perciò l’induzione – a tratti inconsapevole, non espressa e implicita – del senso di colpa in chi non è ancora passato sotto la batteria di medici nella pretesa di convincere gli indecisi a farlo. In questo clima “responsabilità” e “atto d’amore” si trasformano in una sorta di apologia tesa a difendere la propria posizione e incolpare le altre, diverse, come irresponsabili. Tutto si deve fare per il trionfo della salute pubblica 

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ello spazio tra il deificare il proprio “atto dovuto” sigillato nei selfie, come se si stesse fotografando l’ultimo esperimento in cucina o la seduta dal dentista, e la diffusione sul profilo social o sui giornali che ospitano foto delle “vaccinarie” e braccia tappezzate di cerotti che sbandierano la libertà, c’è un mondo. Scrivere post a favore del vaccino o farsi un selfie non va discusso, sia chiaro. Ognuno è libero di fare ciò che preferisce. Se vuole imprimere i momenti che riempiranno il suo diario personale saranno pur sempre fatti suoi. Allo stesso modo bisogna rispettare gli altri, che esiste la libertà di pensarla in modo diverso. Per eliminare ogni dubbio, non sono contro i vaccini. Anzi. È il clima del tifo da stadio e la presenza di odiatori seriali a creare particolare disgusto. Comunque finirà, al netto delle raccomandazioni di alcuni personaggi e permettere agli amici di saltare le persone in fila, Ischia ha risposto in modo coeso. Pure al netto degli elogi all’organizzazione dei medici chiamati a fare il proprio dovere (non si capisce perché si enfatizzino sulla stampa locale gentilezza e bravura organizzativa del personale, semmai, al contrario, la denuncia sarebbe stata obbligatoria di fronte all’assenza di questi due elementi). Ciò che andrebbe discusso è il punto di vista del messaggio. L’illusione che la missione personale sia compiuta, perciò avanti gli altri. Che fare il vaccino è giusto mentre le posizioni differenti sono sbagliate o – come ho letto – “criminali”. Che alla partecipazione “responsabile”, calda e unita, corrisponderà la certezza, una volta concluso il compito collettivo, che l’economia isolana sarà lì pronta per ripartire a tutti i vantaggi dopo il limbo di questi ultimi dodici mesi. Si tratta della decostruzione di una narrazione tossica non semplice, ma va fatto. Sciogliere ciò che per molti è collegato e sullo stesso piano, vale a dire che all’immunità “di gregge” corrisponderà la ripresa economica, non è falso ma è parzialmente vero, fuorviante e limitato nel tempo. Certo. Il turismo s’intensificherà dopo aver sbriciolato lo scetticismo dei viaggiatori, dopo aver mostrato la culla delle nostre buone intenzioni al mondo benché si parli di “pass vaccinale” per venire in Italia o spostarsi da una Regione all’altra. Però bisogna discutere su almeno tre fronti.

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Se usassimo la stessa vitalità che mettiamo nei post e nei selfie per incoraggiare gli altri a vaccinarsi, nelle richieste alle sei amministrazioni e ai rappresentanti politici di adottare il “Patto per lo sviluppo socio economico dell’isola d’Ischia” per invocare il rilancio vero dell’economia e accedere a enormi fondi europei – in particolare ai POR dal 2021 al 2027. Se lanciassimo appelli a non limitare la stagione a due mesi, a migliorare i trasporti locali e marittimi, a passare da un turismo massificato a servizi di qualità, a tutelare e consentire al lavoro orizzonti più ampi, ad avviare una progettazione non separata dall’immagine dell’isola che vogliamo da qui a dieci anni, Ischia forse sarebbe un posto migliore. Siamo di fronte a un nodo che non abbiamo mai sciolto. La prepotenza del vaccino della forma sulla sostanza e sui processi per realizzarla, è un virus che si nutre dell’indifferenza collettiva

Cioè se il modello con cui si vuole riavviare il turismo e quello economico funzioni ancora o se non sia arrivato il momento di cambiarlo. In secondo luogo sul perché le amministrazioni si ostinano a non lavorare in sinergia tra loro oltre l’apparenza dei comunicati, per migliorare il paradigma socio economico dei comuni. C’è n’è poi un ultimo, sul quale vale la pena riflettere. Forse il più importante. Se usassimo la stessa vitalità che mettiamo nei post e nei selfie per incoraggiare gli altri a vaccinarsi, nelle richieste alle sei amministrazioni e ai rappresentanti politici di adottare il “Patto per lo sviluppo socio economico dell’isola d’Ischia” per invocare il rilancio vero dell’economia e accedere a enormi fondi europei – in particolare ai POR dal 2021 al 2027. Se lanciassimo appelli continui a non limitare la stagione a due mesi, a migliorare i trasporti locali e marittimi, a passare da un turismo massificato a servizi di qualità, a tutelare e consentire al lavoro orizzonti più ampi, ad avviare una progettazione non separata dall’immagine dell’isola che vogliamo da qui a dieci anni, Ischia forse sarebbe un posto migliore. Siamo di fronte a un nodo che non abbiamo mai sciolto. La prepotenza del vaccino della forma sulla sostanza e sui processi per realizzarla, è un virus che si nutre dell’indifferenza collettiva. La distrazione dell’opinione pubblica di fronte a certe scelte degli amministratori che riguardano la vita di tutti noi sono sconcertanti. L’attenzione torna solo quando si è (emotivamente) coinvolti, come in questo caso. Solo in momenti simili eruttano fotografie per certificare che si è fatto il proprio dovere sociale, e dopo averlo degradato nel contenuto lo mandiamo a far compagnia alle foto di pastiere, spiagge e tramonti. In questo sfondo deprimente è chiaro che le “cose isolane” non interessano se non a una sparuta nicchia di persone. Nessuno si è finora reso disponibile allo sdegno (tranne quello che non prevede una posizione manifesta) o a “fotografare” le scemenze colossali della politica di casa nostra o le sue disattenzioni dolose. Solo dopo aver risolto tale confusione si potrà parlare di ripresa dell’economia, opportunamente divisa dalla necessità dei vaccini che in molti, anche stimati professionisti, affrontano in modo superficiale e viscerale. Basterebbe poco. Un selfie ad esempio, per richiamare i sindaci a fare il proprio “dovere sociale” di amministratori ipotizzandone le lungimiranze, la capacità e la velocità di interpretare le dinamiche del mondo che è un sistema sempre più complesso. Invitarli a scendere dal palco, perché è passato il quarto d’ora auto celebrativo, e chiedergli di andare in mezzo alla gente dalla quale sono completamente scollegati per ascoltarne le esigenze e adottare soluzioni in favore di tutti. “Ischia Covid-free” non significa una beata mazza senza tutto questo. Meno ancora se lo slogan si spaccia legato alla risalita dal pozzo negativo sfruttando l’euforia di massa. La nostra economia continuerà a fare l’altalena tra le stagioni mentre la crisi sociale è alle porte e nessuno vuole vederla. I cui effetti cominceranno a presentarsi non appena l’entusiasmo del pensiero unico si sgonfierà. Come ben sta facendo l’intelligenza che dimostriamo di usare male e col contagocce, imprigionata in un finale fatto di efficienza e superiorità morale discutibile intrecciata al putiferio di questa “immuno-deficienza” collettiva.  

Pagina Fb Caffè Scorretto di Graziano Petrucci 

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