LE OPINIONI

«Caffè Scorretto» «In nome del popolo ischitano(?)» 

Lo scorso 3 luglio nella pineta Mirtina c’erano numerose autorità per la cerimonia d’intitolazione di un’area ai Marinai d’Ischia e alla Capitaneria di Porto. Un luogo “simbolico” in cui sono stati piantumati vari arbusti dedicati ai militari che si sono distinti per il loro Senso di Onore e di Patria. Un luogo dove coltivare la memoria che, per non dimenticarlo, andrebbe “ricordata” sempre. Il “ricordo” è un ponte, un “raccordo” che evoca la memoria, e si fonde con le gesta degli uomini. Il Sindaco di Ischia, Enzo Ferrandino proprio al “ricordo” ha riservato una parte del suo intervento non “dimenticandosi” che l’attenzione al verde e al mare, la loro conservazione, il rispetto da parte di tutti e la tutela dell’ambiente sono fondamentali se vogliamo lasciare qualcosa al futuro. Finita la cerimonia, il rompete le righe. Come non ricordare le parole di Leo Longanesi sulle celebrazioni: “gli italiani alla manutenzione preferiscono l’inaugurazione”.

Lo scorso 3 luglio nella pineta Mirtina sono stati piantumati vari arbusti dedicati ai militari che si sono distinti per il loro Senso di Onore e di Patria. Un luogo dove coltivare la memoria che, per non dimenticarlo, andrebbe “ricordata” sempre. Il “ricordo” è un ponte, un “raccordo” che evoca la memoria, e si fonde con le gesta degli uomini. Il Sindaco di Ischia, Enzo Ferrandino proprio al “ricordo” ha riservato una parte del suo intervento non “dimenticandosi” che l’attenzione al verde e al mare, la loro conservazione, il rispetto da parte di tutti e la tutela dell’ambiente sono fondamentali se vogliamo lasciare qualcosa al futuro. Finita la cerimonia, il rompete le righe. Come non ricordare le parole di Leo Longanesi sulle celebrazioni: “gli italiani alla manutenzione preferiscono l’inaugurazione”. 

Il punto tuttavia non è solo questo, riguarda nello specifico un piccolo fatto accaduto subito dopo. Un siparietto altrettanto “simbolico”, sfuggito a molti o comunque commentato poco. Il sindaco di Lacco Ameno, Giacomo Pascale, si è inventato al momento “inviato speciale” nel ruolo inedito d’intervistatore e dopo aver “scippato” il microfono forse con la concessione del giornalista de “Il Dispari” ha realizzato un’intervista a Ferrandino. Un breve numero di avanspettacolo al “fresco” degli alberi, sullo sfondo la claque istituzionale con gli altri sindaci. La capacità oratoria di Pascale non si è fatta aspettare, neppure durante l’improvvisazione. Dopo aver ricordato al suo omologo le parti del discorso che lo avevano particolarmente colpito, “non c’è futuro se non si ricorda il passato” e “l’impegno alla solidarietà a chi è rimasto indietro”, la risposta di Ferrandino si è mossa istantanea. “Sono due aspetti che in questo momento particolare che stiamo vivendo, nell’epoca della globalizzazione dove ci sentiamo tutti cittadini del mondo, è giusto fortificare le radici dell’appartenenza di una comunità. Una comunità che ha forti e vigorose le sue radici, una comunità più in grado di vincere le sfide future. E Ischia, storicamente come comunità isolana, ha sempre tenuto robuste le sue radici e per questo sono speranzoso per le sorti della nostra isola, in ottica prospettica rispetto a questi momenti tragici che stiamo vivendo in seguito alla pandemia”, ha detto. L’impavido “cronista” non si è fatto cogliere impreparato dalle espressioni melliflue del primo cittadino d’Ischia e con una domanda d’assalto ha conquistato nuovamente il suo spazio. “È importante, è stato sottolineato, il dovere di trasmettere alle nuove generazioni, anche attraverso la scuola, la cultura del mare. Anche per questo e per quanto è importante il nostro mare, soprattutto per noi isolani”. Ferrandino prende fiato.

Il sindaco di Lacco Ameno, Giacomo Pascale, si è inventato al momento “inviato speciale” nel ruolo inedito d’intervistatore e dopo aver “scippato” il microfono forse con la concessione del giornalista de “Il Dispari” ha realizzato un’intervista a Ferrandino. Un breve numero di avanspettacolo al “fresco” degli alberi, sullo sfondo la claque istituzionale con gli altri sindaci. La capacità oratoria di Pascale non si è fatta aspettare, neppure durante l’improvvisazione. Dopo aver ricordato al suo omologo le parti del discorso che lo avevano particolarmente colpito, “non c’è futuro se non si ricorda il passato” e “l’impegno alla solidarietà a chi è rimasto indietro”, la risposta di Ferrandino si è mossa istantanea 

Un breve sospiro annuncia il Verbo. “Sicuramente il mare che ci accomuna deve avere una maggiore percezione da parte delle nuove generazioni e l’iniziativa di stamattina tende anche a porre l’attenzione su quest’aspetto. È stata importante la presenza delle dirigenti che sicuramente sapranno far rimbalzare i contenuti di questa mattinata”. Fine. Neppure un “the end” o il “that’s all folks” dei cartoni americani. Neanche un “è tutto gente, abbiamo fatto il nostro dovere e vi abbiamo detto pure quello che bisogna fare. Ci vediamo alla prossima”. In attesa di sostituire il ragionamento alle parole, una breve premessa. La cerimonia non è stata inutile, anzi. Difficile non trovare certi “valori” nelle persone che hanno offerto in sacrificio la vita per il “paese”. Andrebbero ricordati spesso per la loro capacità di raccordarsi all’esempio. Semmai ciò che diventa inutile sono certe parole che al posto delle azioni si radicano come arbusti nel terreno della “comunità” e s’illudono di crescere, quali valori positivi da passare ad altri per infusione mentre noi invece come tutte le cose caduche saremo costretti a trapassare.

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Torna, insomma, ancora una volta, lo scontro inevitabile tra “forma” e “sostanza” che da anni riguarda l’isola d’Ischia. Per risolverlo non si può che richiamare il “senso di unione” che deriva dall’idea stessa – che si ha – di Patria o, per venire a noi, di Terra, come affermava Evola. Non è la stessa lingua o l’appartenere alla medesima terra che fa la differenza ma l’idea che si condivide con i propri simili. Se manca l’unione, se a mancare è l’idea anche nella politica, e sappiamo che è così, allora a occupare il suo posto sul palcoscenico saranno inevitabilmente le parole. Buone, quelle sì, per una cerimonia – se fosse così comunque non si potrebbe accettarlo senza un briciolo di critica – ma che mancano però di azioni, fatti, di esempi per sorreggerle. Ed è qui che il ragionamento entra a forza e scavalca parole e siparietti. Il suo ingresso rileva che di esempi oggi, se esistono a livello locale e ordinario anche se a volte discutibili, vanno però tutti nella direzione della disarticolazione dei comportamenti per sostenere l’isola e la sua comunità. Di fatto, sono proprio questi atteggiamenti che contraddicono il sindaco Ferrandino – e per lui il resto dei suoi colleghi “locali” – mostrandoci che il rischio di perderle le sfide di cui parla, è molto alto. Pensiamo al lavoro, alle condizioni quasi da terzo mondo che riguardano anche Ischia (un timido segnale è arrivato dai controlli effettuati da parte dell’Arma dei Carabinieri e dall’Ispettorato del lavoro nei giorni scorsi) e all’inevitabile esodo di persone all’estero a causa di condizioni a volte al limite dello schiavismo e da fame. Non risulta ci sia stata una presa di posizione di qualche amministrazione, ben oltre la semplice dichiarazione. Non c’è stato neppure un consigliere che si sia spinto sul terreno insidioso dei diritti sociali per rivendicarne una sorta di paternità o attenzione. Oppure, tanto per citare un’altra imperdonabile, pensiamo al mancato supporto – tranne che dalla Caritas – con azioni per la risoluzione di quel problema che individua in 2500 le famiglie sotto la soglia di povertà. Riflettiamo, allora, sull’assenza di dimostrazioni per favorire una politica sociale e inclusiva oltre che economica, per la comunità dell’isola d’Ischia attraverso la collaborazione sinergica e l’appoggio dei sindaci. Espandendo il ragionamento ci troviamo di fronte alla loro incapacità di realizzare il “Patto per lo Sviluppo per l’isola d’Ischia”. Pur avendolo deliberato nel 2015, per mere antipatie non è mai stato avviato, confermando in questo modo che la politica cui siamo costretti ad assistere è manovrata da “mini club” non dall’interesse pubblico e dall’insieme di obiettivi funzionali per dare un rinforzo effettivo alle imprese e al tessuto produttivo.

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In attesa di sostituire il ragionamento alle parole, una breve premessa. La cerimonia non è stata inutile, anzi. Difficile non trovare certi “valori” nelle persone che hanno offerto in sacrificio la vita per il “paese”. Andrebbero ricordati spesso per la loro capacità di raccordarsi all’esempio. Semmai ciò che diventa inutile sono certe parole che al posto delle azioni si radicano come arbusti nel terreno della “comunità” e s’illudono di crescere, quali valori positivi da passare ad altri per infusione mentre noi invece come tutte le cose caduche saremo costretti a trapassare. Torna, insomma, ancora una volta, lo scontro inevitabile tra “forma” e “sostanza” che da anni riguarda l’isola d’Ischia 

Cosa che va ben oltre l’impegno per il maquillage cittadino o a quello alimentato per costruire famigerati centri commerciali nella piazza dei Maronti in cui s’intrecciano altri tipi di interessi. Gli stessi, a pensar male, che aggrovigliano il potere isolano e decidono pur stando fuori dalla politica. Si nota l’assenza di progetti finalizzati a sviluppare un ambiente intercomunale fecondo per investire nella cultura (sono stati erogati 2.5 milioni di euro dalla Regione Campania cui si può avere accesso solo con l’unione di almeno 5 comuni). Oppure degna di nota è l’incapacità attuale di sedersi intorno a un tavolo e immaginare, insieme, una nuova mobilità innovata magari “verde” e risolvere al contempo il problema dei taxi. Le stesse deficienze insistono sulla sentieristica come sulla “cura” delle spiagge, nella consapevolezza che ciò che accade a Forio non è soltanto un problema di Del Deo e che l’erosione della spiaggia dei Maronti non riguarda solo Gaudioso. Pesano, se si continua in questo modo, sul possibile sviluppo dell’Area Marina Protetta (stiamo parlando anche in questo caso di “ambiente”) e dei porti isolani – come proponeva Franco Borgogna – quale asset strategico su cui impegnarsi per richiamare un turismo di tipo diverso. Insomma, mentre Pascale e Ferrandino nell’arena Mirtina mettono in scena il teatro dell’ovvio con parole gettate lì per riempire il contesto e scandire la vita pubblica, metafora di quel che succede sotto gli occhi indifferenti della stessa opinione pubblica, con la stessa ovvietà bisogna segnalare che un altro contesto ben più ampio, reale, soffre e annaspa. Quello isolano. Loro si consacrano alle “scenette” improvvisate, come l’orchestra sul Titanic che per dovere istituzionale continua a strimpellare per rendere la morte per affogamento più lieta e allegra. Nel frattempo si è modellata una cosa semplice, chiara, lapalissiana: nell’immobilismo della “nostra” politica, emblema di un tempo dominato dalla mancanza di visione che sarebbe dovuta esplodere nella fase di ripresa, sull’isola rischia di calare davvero il sipario.  

Pagina Fb Caffè Scorretto di Graziano Petrucci 

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