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«Caffè Scorretto» «Ischia toxic»

di Graziano Petrucci

Se la politica isolana, come del resto tutta la politica, celebra solo chi a essa è allineato, in questo caldo estivo stiamo freschi. La stampa isolana tenta un’operazione difficile. A volte criticata ingiustamente, altre invece forse a ragione, prova a fotografare la situazione di stallo che viviamo senza che nessuno sia capace di prenderne atto o sia in grado di determinare che certe cose davvero non funzionano ed è il momento di correre ai ripari. In questi giorni scorrono notizie di ogni genere. Alcune – spesso – si offrono nella loro inestimabile utilità dandoci la misura del punto morto in cui siamo arrivati. Al netto del dinamismo dei fatti possiamo affermare che siamo fermi. Fermi nei servizi e nella sanità. Fermi nelle visioni strategiche e di lungo periodo che ci consentirebbero di mettere un freno agli errori per evitarne la manifestazione in futuro. Fermi nella programmazione. Fermi nei problemi i quali tornano ogni anno in una dirompente attualità che li caratterizza e sempre nello stesso modo. Ci segnalano che da un lato difettiamo degli strumenti per porvi rimedio e dall’altro che la figura dell’amministratore è difficile se a gestirla è la superbia che, certe volte in una drammatica triste, si sostituisce alle competenze che se ben usate invece ci porterebbero fuori dallo stagno. Ѐ chiaro che senza l’aiuto di esperti, che certi argomenti li studiano, giriamo intorno alle cose oggi e lo faremo pure domani. Una questione fondamentale che si ripresenta con l’estate è il traffico. Sulle strade dell’isola, in specie sulla variante esterna di Ischia – comunemente definita “sopra elevata” –, abbiamo imparato a osservare pure lo scorrere di novelli piloti che ci deliziano con la propria “ars guidatoria”. Le auto sono tante, eppure la difficoltà resta e si palesa senza che nessuna delle sei amministrazioni (tranne forse quella condotta dal sindaco Pascale di Lacco Ameno) sia in grado di stimolare un tavolo saldato sul “comune interesse” tra i sindaci allo scopo di individuare le priorità su cui operare.

Ed è ancora l’assenza di un interesse comune che genera incomprensioni che ognuno tenta di risolvere a proprio modo. Paolo Chiariello, domenica scorsa da queste colonne, ha suggerito tra le altre cose la necessità condivisibile di abbandonare l’idea malsana che se i turisti non arrivano è per colpa del terremoto ed ha detto chiaramente che se preferiscono mete diverse, e non Ischia, ci sono varie ragioni. Escludendo chi s’impegna a scrivere di tramonti e bellezze, notoriamente sparse sul territorio – che ci sono, per carità, e vanno perciò calcate con l’inchiostro– aprendo al furore dell’enfasi positiva per la quale il lettore in modo particolare quello isolano si straccia le vesti per riempire gli spazi liberi, social compresi, chi tenta di criticare certi malfunzionamenti è visto come elemento disallineato al pensiero dominante. In sintesi: “Ischia è bella e denunciare ciò che non funziona serve a poco o niente. E poi tanto già lo conosciamo”. Ѐ vero, lo conosciamo. E pure vero, però, che la maggior parte neppure s’interessa di ciò che succede. In certi settori se non in forma ordinaria, non fa nulla nemmeno chi detiene il potere amministrativo il quale per poter essere gestito non ha bisogno solo di competenze, per lo più professionali, ma anche di formazione (e iniziare a immaginare una scuola di formazione politica ha le sue ovvie ragioni). Tutti effetti che, se non l’aveste capito, si riflettono inevitabilmente sul turismo.

Spianare la strada glorificando solo le bellezze, senza correggere le storture non è, e non può essere, la via da percorrere. Se nei prossimi anni i flussi turistici sono destinati ad aumentare, includendo nei motivi di questo incremento i cospicui investimenti programmati – da parte di società multinazionali non italiane – per esempio a Casamicciola o a Forio, una sbirciatina sul futuro da parte di amministratori e classe dirigente (“non sono solo i politici”, come dice Chiariello), va data. Adesso, non quando sarà possibile. Sono molte le azioni da considerare. L’abbattimento delle barriere architettoniche è un punto delicato da risolvere. La maggiore tutela per i portatori di handicap deve trovare posto in un tavolo di concertazione tra i sei primi cittadini. Consentirebbe ai disabili, turisti e residenti, di uscire dalla dimensione della marginalità e aiuterebbe a costruire uno snodo nel turismo e in generale nella vivibilità dei luoghi. Lidi privi di ostacoli, ad esempio, darebbero ai disabili o a chi è affetto da SLA la possibilità di fare il bagno garantendo accessi al mare senza “barriere”. Tutto ciò ha il suo effetto economico. Sul piano sociale la qualità della vita ne risulterebbe migliorata. I comuni potrebbero usare parte della tassa di soggiorno invece di impiegarla per risanare i bilanci in rosso, oppure prevedere interventi attraverso un fondo, con la partecipazione di pubblico e privato, e realizzare un progetto turisticamente innovativo. Se l’innovazione è l’argomento, cui corrisponde un nuovo modo di pensare, non si può escludere la mobilità sostenibile. Siamo entrati nella fase critica e c’è necessità di ridurre l’impatto ambientale e i consumi dei veicoli come la loro circolazione. Sono anni che ritorno sul tema e per fortuna qualcuno inizia a vederne la fattibilità. Istituire un regolamento unico per i taxi e prevedere l’abbattimento dei confini amministrativi, comprendere tariffe serie e agevolare l’erogazione di un minimo di servizi comprendendovi l’uso del tassametro per evitare “rapine” a danno dei turisti – da Ischia ai Maronti, 50 euro chiesti ai passeggeri da un tassista la settimana scorsa sono troppi – e degli autisti che lavorano onestamente.

Già solo con queste due dimostrazioni si può creare un Codice Etico intorno al quale realizzare un centro di gravità permanente, coinvolgere professionisti e adottare strategie operative per determinare un rapporto nuovo tra attività turistica e territorio. All’insegna dell’armonia sostenibile, per sostituirla all’ambiente tossico che intanto abbiamo imparato a sublimare dietro il velo di raggi verdi e tramonti.

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