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Umberto e Sofia e i loro cinquant’anni di villeggiatura a Forio

di Francesco Castaldi

FORIO – Un legame indissolubile con Ischia che dura ormai da mezzo secolo, e che conferma ancora una volta quanto la nostra isola sia amata da coloro che la scelgono per trascorrere le proprie vacanze. Protagonisti della bella storia che ci accingiamo a raccontarvi oggi sono Umberto Di Marzio e Sofia De Giovanniello, una coppia di turisti napoletani che da ben cinquant’anni raggiunge l’isola verde durante la bella stagione. Un amore sviscerato per la nostra terra che, nel corso degli anni, è aumentato sempre più, e che i due coniugi hanno saputo trasmettere anche a figli e nipoti, che infatti tutte le estati li seguono a Ischia.

Veniamo accolti da Mara e da suo nonno Umberto, un arzillo settantenne che tutto ci appare fuorché un pensionato. Entrati in casa – che si trova a due passi dallo storico bar Maria – il signor Di Marzio ci fa accomodare e ci offre una bella tazza di caffè. Aspettando che la moglie Sofia ritorni dalla spesa, il simpatico turista inizia a raccontarci della prima volta che venne sull’isola. «Giunsi qui a Ischia nel giugno del 1966, quando con Sofia, che allora era la mia fidanzata, decidemmo di fuggire da Napoli. Negli anni sessanta erano molti i nostri coetanei che intraprendevano queste fughe d’amore, che però spesso e volentieri si concludevano con una gravidanza. La famiglia di mia moglie era di vecchio stampo, e non voleva affatto che accadesse una cosa del genere alla propria figlia. Quindi ci sposammo subito per evitare che mia moglie sfoggiasse anzitempo il pancione. In mezzo secolo – ci assicura Umberto – non siamo mai andati altrove per trascorrere le nostre vacanze».

«Tutta la mia famiglia è cresciuta qui a Ischia, anche perché ho subito portato i miei figli sull’isola. Ci recavamo ogni giorno giù alla spiaggetta che si trova vicino al porto di Forio, e che frequentiamo ancora oggi. All’epoca avevo la macchina, una 126 sulla quale solevamo collocare la classica “mappata”, e i turisti tedeschi erano talmente divertiti da questa usanza fantozziana che ci fotografavano. A Forio – prosegue Umberto – mi sento a casa mia, è come se facessi parte di una famiglia allargata, perché ci conoscono tutti quanti. Qui per noi è la seconda patria, ci tengo davvero molto a questo luogo. Per festeggiare degnamente questo traguardo, che per me e mia moglie è più importante delle nozze d’oro che celebreremo il primo ottobre, ho fatto realizzare una torta dai titolari del bar Calise, che mi conoscono dal primo giorno in cui misi piede a Ischia. Sul dolce, che gusteremo al termine della cena che abbiamo organizzato per domani sera (oggi per chi legge, ndr), ho fatto scrivere: “50 anni d’amore per Forio d’Ischia (1966-2016)”».

Umberto, circondato da nipoti e figli, ha continuato il suo racconto parlandoci di alcune esperienze vissute sull’isola. «C’è sempre piaciuto il ristorante La Pietra, con i cui proprietari sono diventato molto amico. I primi anni, insieme ad alcuni conoscenti, andavamo di sera sull’Epomeo muniti di torce elettriche. Successivamente, quando i miei figli sono cresciuti, andavamo alla scoperta del monte partendo da Serrara Fontana sulla groppa degli asinelli. Quando venni qui per la prima volta – ci racconta ancora Umberto – acquistai un Ciao. Prima di andare in pensione, lavoravo per conto delle fogne del Comune di Napoli. Con il motorino, dopo il turno di notte, giungevo a Pozzuoli con un collega. Lì ci imbarcavamo e venivamo a Ischia: la mattina andavo alla spiaggia con mia moglie e, verso sera, facevo ritorno a Napoli per andare di nuovo a lavoro».

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«Quando portavo con me il motorino – dice Umberto – con Sofia andavo a fare il bagno una volta a Sant’Angelo, un’altra a San Montano, un’altra ancora a Sorgeto. Sono foriano, non c’è niente da fare. Forio la amo per quella che è, così come Napoli. Non mi sono mai trovato male, non ho mai avuto discussioni con nessuno. Il foriano negli anni però è cambiato: le nuove generazioni non guardano di buon occhio noi napoletani. Non è mia intenzione offendere nessuno, perché insulterei prima di tutto me stesso, ma mi farebbe piacere che alcuni isolani dimostrassero maggiore apertura nei confronti di noi napoletani, che dopotutto contribuiamo al miglioramento dell’economia dell’isola. Ovviamente mi rendo conto che ci sono anche persone che non si comportano correttamente, ma credo che non bisognerebbe mai fare di tutta l’erba un fascio».

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A un certo punto la nostra conversazione viene interrotta dal suono stridulo del citofono: è Sofia, che dopo aver svotato le buste della spesa, si siede al tavolino e inizia a parlarci del suo amore per Umberto e per Ischia. «Ci conoscemmo nell’estate del ’66 a Napoli e ci innamorammo a prima vista. Fu un nostro amico, che si trovava già a Ischia con la famiglia, a dirci che ci avrebbe aiutato a trovare una casetta per una settimana. La mia famiglia non era d’accordo alla nostra relazione, anche perché io avevo quattordici anni e Umberto diciassette. Dopo questa fuga romantica, ogni anno siamo ritornati a Ischia negli anni successivi, con a seguito figli, nipoti e pronipoti. Io mi sento foriana, e mi piace stare qui perché trascorriamo le nostre vacanze in tranquillità, e negli anni si è venuto a creare un bel rapporto con la gente del posto».

«Uno dei luoghi che preferisco – ci dice Sofia – è Nitrodi, dove spesso ci rechiamo per cenare e fare il bagno. Ci siamo innamorati anche delle alici alla marinara, che cuciniamo ancora oggi. È stata una cosa nuova per noi. Un altro piatto della vostra tradizione culinaria che ho imparato a fare è il coniglio all’ischitana, del quale andiamo ghiotti. Oltre al cibo, ricordo con piacere anche le numerose escursioni di notte sul monte Epomeo».

Prima di congedarci Umberto, ricordando gli anni trascorsi a Ischia, ci ha raccontato un episodio che ha cambiato molto la sua vita. «Andando sul monte, chiesi a uno dei custodi di poter vedere l’interno dell’eremo di San Nicola. In quel periodo soffrivo di depressione, ma quando entrai in quella chiesa avvertii un senso di assoluto benessere. Quando scesi dalla montagna, dissi a mia moglie che mi sentivo in gran forma. A distanza di anni, non so spiegarmi cosa sia successo esattamente. Posso soltanto dirle che quell’episodio scacciò da me tutti i pensieri negativi che mi attanagliavano, e finalmente ritrovai quella serenità che avevo perduto ormai da tempo».

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