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«Caffè Scorretto» «Non siamo su Netflix»

di Graziano Petrucci

Se potessimo fare un’istantanea dell’isola d’Ischia, la fotografia ci renderebbe chiaro ciò che sta succedendo. Trovo molto triste che ci siano persone che puntano a distruggere quel poco, e male, che si è costruito nel tempo e che almeno da quel poco che è stato realizzato non si voglia cominciare un nuovo percorso. Le bruttezze che caratterizzano l’isola sono molte ma ciò che spaventa, forse più di tutto, è la galassia degli orrori e degli obbrobri amministrativi che camminano sulle gambe degli uomini. Di alcuni uomini, giusto per restringere il girone ai sei comuni. Il lato peggiore è che neppure possiamo augurarci un’invasione di alieni con l’intento di venirci a colonizzare per inocularci un neurone positivo capace di contagiare gli altri. Sembra funzionare tutto, certo, secondo alcuni, invece avremmo bisogno di un bel restyling alle cellule che compongono ogni più piccola fetta del DNA della società isolana. Tranquilli, quelli “buoni” non verranno perché già abbiamo i rettiliani tra noi (per chi ama la New Age di David Icke) e oltre al mondo alcuni di loro controllano l’isola. Le parole del Vescovo, Mons. Pietro Lagnese, ritraggono “divinamente” questo stato d’immobilismo ed evidenziano la facoltà che Ischia, nella sua forma collettiva, ha sviluppato – o ha sempre avuto? –nel nutrire l’armageddon “dell’illegalità diffusa, della sperequazione e la presenza d’ingiustizie che sfocia nella disaffezione ai valori del bene comune”. In questa immagine per niente fumosa che ritrae caratteristiche diffuse – negative e di cui sapevamo –s’incastrano, tra le tante, pratiche amministrative discutibili che fanno della gestione personale del potere una parte fondante del materialismo nostrano e costruisce un percorso lastricato di buone intenzioni il quale, al contrario, com’è evidente nasconde altro. Nelle parole del Vescovo, gettate dal pulpito della Chiesa Cattedrale di Ischia Ponte, magari qualcuno ha l’accortezza e la lungimiranza di coglierle, si sente pesante l’amarezza e mostrano la sordità oltre che la presunzione di amministratori dediti soltanto al proprio tornaconto. Nell’elenco non c’è soltanto una buona parte di assessori e consiglieri imbavagliati dall’indifferenza, ci sono pure modelli imprenditoriali di pessima qualità che si accompagnano a relazioni tra persone della stessa fattura, fatto salvo per qualcuno che cerca in tutti i modi di rimanere a galla. Per altro verso esiste l’associazionismo. Ischia produce innumerevoli sodalizi molti dei quali, però, per campare, si trasformano in bracci operativi delle amministrazioni creando così un legame di dipendenza deficiente che si riversa a sua volta sul territorio per nutrire il consenso elettorale o per sviluppare l’ego ipertrofico del tizio di turno. Sia chiaro, né nell’uno né nell’altro caso si può fare – come si dice – di “un’erba, un fascio”. Va da se, comunque, che alcuni comportamenti, tra associazioni e amministrazione di un territorio, restano dubbi e mettono in risalto che non c’è collaborazione o un rapporto paritario tra soggetti ma si predilige la scure del “o fai quello che ti dico io oppure da domani hai finito di fare la sagra, il premio del mongolino d’oro o il mercatino di Natale coi puffi”. Una cosa del genere sarebbe accaduto alla Pro loco di Panza nelle scorse settimane. Ceffoni e punizioni, diretti e indiretti. Come per esempio la cura all’olio di ricino somministrata in occasione del progetto “Note di Natale” che, l’anno scorso fu scritto da Giù “Divina” Iacono, noto organizzatore di eventi, e per il quale il comune di Forio ottenne il finanziamento per circa 70 mila euro. “Copiato e incollato” da qualche funzionario, magari per “limitare” i rapporti, per quest’anno si è provveduto a ricercare un direttore artistico in grado di realizzarlo. Qualcuno avrebbe saputo da fonti terze a chi sarebbe stato assegnato prima ancora della graduatoria. La storia attuale è fatta di una determina per l’assegnazione del progetto (senza prendere in carico che proprio l’autore dello stesso aveva presentato la sua candidatura all’avviso pubblico di selezione), del dietrofront in autotutela dell’amministrazione (sorvoliamo sugli inviti che sollecitavano uno degli unici due partecipanti a rinunciare alla corsa per il ruolo di direttore artistico) e della successiva assegnazione. Anche se si giustificherà istituzionalmente l’impossibile è tutto privo di logica, ed è ben visibile l’ambiente, volgare e, se permettete, esauriente di contorni serviti nei più famosi asili di Caracas. Da ciò si potrebbe tentare una sceneggiatura per una mini serie Tv da mandare in onda su Netflix. Tuttavia non siamo su Netflix.

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