«Caffè Scorretto» «Ritratto moderno e manifesto sull’isola»
Qualcuno perdonerà l’indolenza ma si dice “A Ischia” non “Ad Ischia”. Attaccare, infatti, la “d” che di solito s’incontra in giro un po’ dappertutto, saldata alla “a” per l’Accademia della Crusca, non si può fare. L’uso della d, che è detta “eufonica”, «dovrebbe essere limitato ai casi d’incontro della stessa vocale, quindi nei casi in cui la congiunzione “e” e la preposizione “a” precedano parole inizianti rispettivamente per “e” e per “a”: es. ed ecco, ad andare, etc.». Insomma “a Ischia”, si può intuire, l’universo presenta varie sfumature che diventano certezze per chi è in grado di leggerle nel modo corretto. Oltre alla “d” incollata alla “a”, un’altra che spunta e raggiunge l’apice, è che come popolo, confessiamolo a noi stessi, siamo una frana. D’indicazioni che vanno in questa direzione, ce ne sono state anche in questa rubrica (nel 2016 o nel 2019, per esempio).
Qualcuno perdonerà l’indolenza ma si dice “A Ischia” non “Ad Ischia”. Attaccare, infatti, la “d” che di solito s’incontra in giro un po’ dappertutto, saldata alla “a” per l’Accademia della Crusca, non si può fare. L’uso della d, che è detta “eufonica”, «dovrebbe essere limitato ai casi d’incontro della stessa vocale, quindi nei casi in cui la congiunzione “e” e la preposizione “a” precedano parole inizianti rispettivamente per “e” e per “a”: es. ed ecco, ad andare, etc.».
Meglio ancora, non soltanto lo è il territorio isolano – esempi di “frana” ce ne sono stati a Casamicciola come in altri Comuni -, che si sbriciola sotto la pioggia, da cui si può dire che una vera e propria diagnosi dei luoghi a rischio crollo non c’è ancora e neppure ci sogniamo di farla. Lo è anche la gente che diviene la massa produttrice beata del quadro di lontananza isolano.
Divisa per “lotti” e per modi di pensare, come ha scritto Lisa Divina nella sua rubrica “Molto freddo, molto secco con lime” vi si oppone una sparuta nicchia (e non mi riferisco alle minoranze nelle amministrazioni) disseminata a macchia di leopardo che tenta di contrastare sia l’assenza di logica e razionalità nelle scelte, sia la leggerezza di chi si dichiara ormai parte della “classe dirigente” che (non) muove le proprie (non) azioni. La gran parte di questo mucchio sociale, ovviamente, è quella che detta le regole dei giochi, perciò è in grado di determinare l’elezione di un tizio o la bocciatura di un altro. Che poi, a dirla tutta, essere eletti non significa diventare il migliore o competente per grazia ricevuta ma questo è un altro discorso. Questa grande fetta di popolazione, dunque, determina, tra strafottenza multi-level e dinamiche del voto drogate pure dall’appartenenza alla famiglia X o a quella Y, l’esercizio della democrazia che è molto vicino al rapporto clientelare coperto da una “libertà di voto” apparente. Si tratta, in altre parole, di una cappa che si fa asfittica se manca la consapevolezza che, se quest’ultima fosse presente, potrebbe contrapporsi alla mediocrità riversata un poco ovunque o per non farsi trascinare dagli eventi (pure quelli di Natale!).
Come popolo, confessiamolo a noi stessi, siamo una frana. D’indicazioni che vanno in questa direzione, ce ne sono state anche in questa rubrica (nel 2016 o nel 2019, per esempio). Meglio ancora, non soltanto lo è il territorio isolano – esempi di “frana” ce ne sono stati a Casamicciola come in altri Comuni -, che si sbriciola sotto la pioggia, da cui si può dire che una vera e propria diagnosi dei luoghi a rischio crollo non c’è ancora e neppure ci sogniamo di farla. Lo è anche la gente che diviene la massa produttrice beata del quadro di lontananza isolano
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Nelle elezioni, va rilevato, spesso ci sono cambiali elettorali da pagare o gruppi di potere cui dare conto, perciò si può gridare o denunciare come avviene da anni che è intollerabile la staticità delle amministrazioni e di chi le governa ma altresì è importante evidenziare che a questa fetta sociale la cosa potrebbe non interessare per niente tanto da sottrarsi dal percuotere e stimolare le amministrazioni. Se si parla di traffico, per esempio, o di mobilità e trasporto pubblico – terrestre o marittimo – o della raccolta dei rifiuti, tutti perni principali su cui s’incentrano le discussioni, le opinioni e pacchi di soldi che si potrebbero risparmiare, ci sarà sempre un’ampia porzione della popolazione isolana a restare distaccata.
Da decenni c’è gente, in cui va inserita la fascia prevalente delle Amministrazioni, che rimane sorda di fronte a queste complessità, inadeguata nel trovare soluzioni percorribili e univoche. Prendiamo il tema delle strisce blu nei Comuni in cui ognuno possiede una propria tariffa oraria, oppure l’incapacità di ottimizzare il servizio pubblico da piazza rendendolo più moderno come hanno chiesto i rappresentanti sindacali della categoria attraverso una lettera a Mimmo Barra che ha reso pubblica nel suo intervento la scorsa settimana. Proprio la classe dirigente “amministrativa” umilia chi espone certi chiarimenti. Come se quell’idea o l’ipotesi risolutiva fosse un virus da cui tenersi lontani. Per quale motivo? Beh, una delle risposte è che non è venuta dall’interno del gruppo elitario di questo o quel comune. Tuttavia se c’è qualche rincoglionito che si permette di avanzarne qualcuna rischia la gogna esponendo il proprio ragionamento per la ricostruzione di un modello. Se c’è chi predilige rivolgersi al potentato di turno rompendogli le scatole, di contro l’unico talento che certi regnanti di Feudo sanno esprimere è il rigetto delle proposte che potrebbero funzionare. Uno dei mantra molto cari a Ischia è il “non si può fare”, che cela però l’inadeguatezza del governante, carente nell’argomentare il motivo per cui non è possibile fare una scelta diversa.
Questa grande fetta di popolazione, dunque, determina, tra strafottenza multi-level e dinamiche del voto drogate pure dall’appartenenza alla famiglia X o a quella Y, l’esercizio della democrazia che è molto vicino al rapporto clientelare coperto da una “libertà di voto” apparente. Si tratta, in altre parole, di una cappa che si fa asfittica se manca la consapevolezza che, se quest’ultima fosse presente, potrebbe contrapporsi alla mediocrità riversata un poco ovunque o per non farsi trascinare dagli eventi (pure quelli di Natale!)
Magari quella proposta potrebbe essere un’ipotesi ruspante che andrebbe definita ma sarebbe pur sempre un punto di partenza per sostituire il vuoto cosmico (di un sindaco o di un assessore o) di qualche imberbe giovinetto che si dispone sul pulpito della capacità perché lui/lei fa politica mettendoci la faccia. Chi indica una via d’uscita, perfino divertendosi a scrivere con l’ausilio dei giornali, al massimo lo farà per “stile” poiché non potrà mai capire, secondo quel che appare essere un pensiero diffuso, che cosa significa “amministrare”. Un comportamento impastato in un’imbecillità quasi oscena. Se non si fosse in grado di ragionare sulle congetture che conducono l’amministratore della classe (dirigente) a coprirsi le orecchie e urlare “bla, bla, bla, bla” come i bambini, si potrebbe soltanto ridere di fronte alla superbia che trova proprio in quel supereroe locale la sua più diretta e alta rappresentanza. A quel punto bisognerebbe chiedersi come mai ancora nessuno abbia pensato di organizzare un festival delle scemità. Forse, a ben guardare, ci siamo già dentro e poiché il gruppo che lo organizza è impareggiabile alla fine l’outsider è chi presenta strade differenti che, se percorse davvero, potrebbero far crollare “il sistema” su cui l’isola si è seduta da trent’anni, rompendo così la tranquillità manifesta del reparto “rianimazione”.
Pagina Fb Caffè Scorretto di Graziano Petrucci