«Caffè Scorretto» «”Tanta roba”, la cultura»

Nel sentire certe affermazioni, specie in occasione di eventi culturali, ci viene in mente quel che ripete il sindaco di Lacco Ameno, Giacomo Pascale, girando per l’isola in appuntamenti nei quali è chiamato a partecipare. “La cultura è tanta roba”, glielo sentiamo dire spesso. Ogni volta che cerca di enfatizzare il patrimonio artistico – culturale dell’isola. Giusto per andare a memoria, non siamo sicuri di saltare qualche vuoto, l’ha detto durante la Festa di Santa Restituta e dal palco del Festival “Storiae” organizzato da Alessandra Vuoso oppure in occasione della manifestazione di Aldo e Alberta Imer “Torri in festa, Torri in luce” nella tappa a Villa Arbusto. In effetti, la cultura è “tanta roba”, anche se – approfittiamo per ricordarlo – ciò non specifica e non descrive nulla.
“La cultura è tanta roba”, glielo sentiamo dire spesso. Ogni volta che cerca di enfatizzare il patrimonio artistico – culturale dell’isola. Giusto per andare a memoria, non siamo sicuri di saltare qualche vuoto, l’ha detto durante la Festa di Santa Restituta e dal palco del Festival “Storiae” organizzato da Alessandra Vuoso oppure in occasione della manifestazione di Aldo e Alberta Imer “Torri in festa, Torri in luce” nella tappa a Villa Arbusto. In effetti, la cultura è “tanta roba”, anche se – approfittiamo per ricordarlo – ciò non specifica e non descrive nulla
Nel tentativo di esagerare si occulta il mancato appoggio dei Comuni verso chi in qualche modo lavora alla valorizzazione del patrimonio culturale. Potremmo citare altri eventi in cui gli Enti locali restano zoppi, includendovi presentazioni di libri, il Festival Internazionale di Filosofia e i Festival del Cinema che da decenni riempiono il calendario isolano cercando in qualche modo di opporsi al vuoto che si creerebbe se non ci fossero.
Se da un lato l’espressione “tanta roba” riferita alla cultura potrebbe lasciar trasparire un certo stupore, quasi un restare senza parole, dall’altro appare rappresentativo del rischio di trasmettere superficialità, mancanza di analisi critica e profondità nella valutazione di un evento. Inoltre si potrebbe incorrere nel pericolo di svalutare il significato del termine, rendendolo generico e poco specifico e di inviare un messaggio distorto assieme alla mancanza di creatività e di linguaggio appropriato per mettere in evidenza un avvenimento. Con “tanta roba”, l’enfasi spunta sul contenuto, non sul contesto. In altre parole l’espressione si concentrerebbe sul “cosa” e non sul “come”. Ad esempio su “come” gli Enti locali (non) danno o (non) presentano il proprio sostegno finanziario alla cultura mentre c’è chi si afferma come faro nella notte opaca di un’isola che ancora non ha compreso il proprio ruolo nel turismo, figurarsi nella dimensione culturale.
Neppure sono presenti griglie di valutazione per ogni evento, capaci di monitorare feedback o il grado di coinvolgimento della comunità per migliorarne l’offerta e interessare la gente nella pianificazione degli spettacoli. Non esistono, purtroppo, vademecum per l’attribuzione, da parte degli Enti locali, di coefficienti per stabilire il target di riferimento o quello cui le manifestazioni vogliono rivolgersi e un’analisi di fattori qualitativi e oggettivi per individuare a quale ambito – locale, nazionale o internazionale – quell’evento si rivolge, riguardo al risultato che intende raggiungere
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Qui arriviamo al nodo della questione. I Comuni, di solito, sono presenti in un evento solo attraverso il proprio patrocinio morale mancando, per converso, campagne marketing mirate per attrarre visitatori mediante collaborazioni con associazioni locali e Pro Loco per realizzare eventi in grado di riflettere “cultura”. I sindaci, nella maggior parte dei casi, giungono a lavoro “finito” limitandosi agli auguri e ai saluti. In alternativa non esistono capitoli di bilancio per corsi di formazione tanto per artisti quanto per organizzatori di eventi finalizzati a migliorare le competenze nella gestione e promozione delle manifestazioni. Neppure sono presenti griglie di valutazione per ogni evento, capaci di monitorare feedback o il grado di coinvolgimento della comunità per migliorarne l’offerta e interessare la gente nella pianificazione degli spettacoli.
Non esistono, purtroppo, vademecum per l’attribuzione, da parte degli Enti locali, di coefficienti per stabilire il target di riferimento o quello cui le manifestazioni vogliono rivolgersi e un’analisi di fattori qualitativi e oggettivi per individuare a quale ambito – locale, nazionale o internazionale – quell’evento si rivolge, riguardo al risultato che intende raggiungere. Non poche volte risulta poco chiaro il motivo per il quale un’associazione che s’impegna a organizzare una sagra intercetta più finanziamenti (locali) di un’altra che predispone un Festival capace di rivolgersi e attrarre un pubblico anche internazionale. Lo diciamo per i meno attenti: ciò non significa che la sagra non si debba organizzare. Al contrario affermino che bisognerebbe evitare la via della cortigianeria. Viene da chiedersi come mai ci sono enti e associazioni sostenute (quasi in tutto) dai Comuni mentre altre restano con i pozzi prosciugati e non hanno risorse. Il secondo punto apre una riflessione. Che non poche volte, cioè, chi si trova più vicino all’amministrazione di turno, non ha difficoltà a vedersi destinare rimedi economici e spazi per la presenza di criteri soggettivi al posto di quelli oggettivi. Seguendo questa regola chi si muove su tali dinamiche “di vicinanza” rincorre l’attuazione di un calendario gestito dalle amministrazioni senza che vi sia, però, da parte loro una linea o una strategia di medio e lungo periodo. Ed ecco che si apre una terza questione. La presenza di consiglieri o assessori nell’organizzazione di eventi si fa quasi ingombrante. Al posto di limitarsi a dettare le “linee” strategiche per raggiungere finalità di target e pubblico, come spesso ripetiamo da anni, per una sorta d’incantesimo diventano direttori artistici dopo aver sospeso il proprio lavoro di amministratore per dedicarsi a questa o a quella manifestazione. Direttori artistici, con specifiche competenze, si diventa dopo anni di lavoro.
Ed ecco che si apre una terza questione. La presenza di consiglieri o assessori nell’organizzazione di eventi si fa quasi ingombrante. Al posto di limitarsi a dettare le “linee” strategiche per raggiungere finalità di target e pubblico, come spesso ripetiamo da anni, per una sorta d’incantesimo diventano direttori artistici dopo aver sospeso il proprio lavoro di amministratore per dedicarsi a questa o a quella manifestazione
È una professione che richiede specifiche competenze e un folto numero di contatti. Sebbene in alcuni casi tale figura risulti individuabile, presumiamo più per rispondere al formalismo che un responsabile della manifestazione debba esserci, l’indirizzo prevalente è che il politico, direttore artistico occulto, diventa la star in un teatro personale che si auto nobilita sotto scroscianti applausi, senza che vi sia qualcuno in grado di sincerarsi se, in effetti, vi è un’effettiva ricaduta – dell’evento – sul territorio. E tutto ciò evidenzia un comportamento a dir poco imbarazzante.
Pagina Fb Caffè Scorretto di Graziano Petrucci