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«Caffè Scorretto,Il giudizio di Dio(nigi)»

Tenendo bene a mente che l’isola d’Ischia non è poi diversa dal resto d’Italia in questo periodo storico e a pochi giorni dal 4 marzo, voglio parlare di politica. «Che novità», penserete. E non avreste torto. Più che di politica, posto che io ne sia capace, o delle ideologie che ne sono alla base – se ancora ne esiste qualcuna – ci sarebbe da parlare dei personaggi che la rappresentano a vario titolo, e perciò del messaggio che filtra quando gli capita di ragionare su certi argomenti. Quando gli capita, appunto. Tra leader e “ras del quartiere” siamo pieni tanto che potremmo darli in prestito ad altre squadre in altre categorie. Sono pronti a tuffarsi in campagne elettorali, alcune davvero discutibili perché in alcuni casi neppure si può parlare di “campagna elettorale” scevra da condizionamenti. Non mancano poi le occasioni per pavoneggiarsi del ruolo ricoperto con espressioni che invece di favorire ogni tipo di crescita, cominciare con l’esempio non sarebbe una cosa cattiva, la bloccano riportandola indietro di anni dopo averle dato una botta in testa. Soggetti, e ce ne sono molti, cui servirebbe l’aiuto di “professionisti bravi” per iniziare un processo di autocritica. Alcuni esponenti della politica “de noantri” mostrano di essere distanti dalla realtà. In compenso restano sulla terra alle prese con quel senso di frustrazione tipico dell’adolescenza. In cui ci si dedica alla ricerca del proprio spazio e si tende ad appartenere a un gruppo a conferma della propria identità, magari si preferisce difenderlo da attacchi esterni. Non scarseggiano le affermazioni dal vocabolario preconfezionato, tratto di una nomenklatura politica di stampo profetico spesso superata dal mondo che corre veloce senza avvisare neppure i “figli d’arte”. Provo tristezza. Di quelle profonde mista a rassegnazione per arrivare alla conclusione che, ahinoi, “questo ci meritiamo e dobbiamo pure tenercelo”. Uno spaccato che conferma il fallimento sociale in cui siamo caduti mentre ogni amministrazione applaude se stessa sulle pagine dei quotidiani a giorni alterni non interessandosi di quella vicina. Siamo un’isola che non è cresciuta negli ultimi venti anni, per niente. La prova? La mancata realizzazione di scopi e obiettivi condivisi in grado di promuovere la tutela e il benessere degli oltre 65 mila abitanti e non invece con provvedimenti amministrativi frazionati, per esempio. A ciò si aggiungono uscite infelici, di questo o di quello, sull’avversario politico o sull’idea che promuove, che convertono lo scarso rispetto verso chiunque la pensa diversamente da nascosto a palese. In certi casi non manca l’uso della minaccia e il risultato è peggiore se l’orgoglio di ricoprire una qualsiasi carica butta benzina sul fuoco. Tutto si ripercuote su di noi e alimenta un processo di decadimento quasi irreversibile. Solo autorità. Poca o nessuna autorevolezza. Una marmellata amministrativa spalmata un po’ qui e un po’ la. L’assenza di stimoli da parte di altri comuni dopo il terremoto, come se il problema fosse esclusivamente di quelli travolti dal sisma, o la non considerazione delle conseguenze che non si fermano davanti alla suddivisione amministrativa, su tutti turismo ed economia, sembrano i fatti più evidenti. Il sindaco di Barano, Dionigi Gaudioso, pare affermare tutto questo o una sua parte. Non è il solo, sia chiaro. In un’intervista pubblicata circa una settimana fa appare contraddittorio e approfitta per mettere in discussione il suo pensiero. «Cerco di costruire anch’io il consenso, come mio padre, aprendomi al dialogo con tutti, al di là del colore politico, e senza sentire il peso del confronto, ma con serenità», così ha risposto alla domanda su quanto gli pesasse essere figlio d’arte. Apertura si direbbe, dialogo su tutto e peso “zero”. Subito dopo però quel «qualcuno pensa che la contrarietà al progetto del Comune unico sia dovuta a meri interessi particolari, come quello di voler mantenere ciascuno le proprie posizioni, mentre la verità è che molti di coloro che sostengono l’idea del Comune unico valgono molto poco, anche politicamente» fa trasparire un giudizio – non solo politico –sulle qualità dei vari sostenitori della fusione come Domenico De Siano, o di Enzo Ferrandino o di Giacomo Pascale e di chi si è espresso – nel 2011 – a favore per circa 12.500 “si” al comune unico. E continuando «Io non ho certo paura di confrontarmi a livello elettorale, e non l’avrei nemmeno nel caso di un’unificazione amministrativa: la storia insegna che ho sempre avuto un largo consenso, infatti col sistema della preferenza unica sono stato il più votato di sempre, con oltre 752 voti personali nel 2012, quindi non avrei alcun timore di chissà quali svantaggi personali in un contesto con un unico Comune». Che dire. Fermo restando che le dinamiche elettorali darebbero più spazio al voto di opinione, buon per lui che è figlio d’arte. Agli altri, buon dramma a tutti.

Facebook Graziano Petrucci

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