LE OPINIONI

«Caffè Scorretto»«Vagamente, Ischia»

Ci sono alcune riflessioni che, valendo più in generale in Italia, bisogna tenere in considerazione anche per l’isola d’Ischia. Probabilmente la più importante riguarda la figura dell’intellettuale, termine spesso vago, abusato e inafferrabile, il quale, di norma, è abituato a ragionare fuori dagli schemi magari anche a metterli in discussione. Non per demolirli ma per sostituirvi ciò che è più funzionale, lasciando dietro di sé le lande desolate del politicamente corretto e della pratica disfunzionale che conduce quando va bene agli stessi risultati, magari a niente di nuovo o quando va male a un peggioramento delle cose.

L’assessore procidano Antonio Carannante

Il ruolo dell’intellettuale, insomma, riguarda la funzione che ha nella società ed è questa che lo caratterizza. Ciò può servire a introdurre il rapporto tra politica e cultura che esiste – o a seconda dei punti di vista, non esiste – sull’isola. Rappresentando come possibile il supporto alla prima da parte della figura dell’intellettuale, che con essa ha poco o niente a che fare, spesso accade esattamente l’opposto. Ossia l’allontanamento di persone ritenute “scomode” da quelli che diventano nel tempo, egemonicamente parlando, i cerchi ristretti o magici di riferimento per la politica stessa composti in molti casi da obbedienti collaboratori (di cui certa stampa non è esente, anzi a volte si trasforma in un meraviglioso megafono di castronerie). Questa presa di distanze da parte di chi si è prestato alla politica verso chi usa l’intelletto in modo diverso, producendo visioni e sapere dello stesso tipo in alcuni casi alternativo, l’ha descritta benissimo l’assessore al Comune di Procida, Antonio Carannante del quale ho avuto modo e piacere di ascoltare le parole alla Biblioteca Antoniana, qualche giorno fa, in occasione della presentazione del suo libro, raccolta di racconti dal titolo “Vagamente Procida” moderato da Ciro Cenatiempo.

Il sindaco d’Ischia Enzo Ferrandino

Antonio, avvocato e scrittore, autore di altre opere oltre quest’ultima, nel breve viaggio in auto verso il porto più che esaltare la figura dell’intellettuale (che, a ben guardare, potrebbe non significare nulla), ha elogiato l’intelligenza e il suo uso creativo da parte di persone spesso evitate proprio dalla politica. Individui con una spiccata intelligenza, per così dire, dovrebbero esser punti di riferimento per chi fa politica, ha detto, figure – in breve, aggiungo io – da cui trarre nutrimento e, perché no, ispirazione per chi è intenzionato a tutelare la collettività mediante l’amministrazione della cosa pubblica. Al contrario, non sono ben viste da chi ha fatto della pratica amministrativa – a livello locale ma il discorso può tranquillamente ampliarsi ad altri livelli – un mezzo di dominazione sulle idee che vede l’intellettuale come qualcosa di etereo, teorico, non come un’opportunità ma come una minaccia. Sia perché non sarebbe controllabile e gestibile, sia perché ogni volta, come una specie di specchio, costringerebbe amministratori e non, a fare i conti con loro stessi per valutare quali mancanze hanno bisogno di essere colmate. Ciò potrebbe produrre per conseguenza una frizione interna all’immagine che si è dato (di sé) chi si occupa della “cosa pubblica” e l’invidia potrebbe diventare l’emozione dominante, riproducendo indirettamente a cascata la dicotomia tra lavoro manuale e intellettuale. Vale a dire tra il “politico o amministratore” che “fa”, a differenza di chi utilizza l’intelletto suggerendo magari vie alternative (che nell’immaginario di molti prestati alle amministrazioni “non fa” e per questo indebitamente accusato di essere astratto, incline soltanto a fare “filosofia” che non serve al pratico e al quotidiano).

Giacomo Pascale, sindaco di Lacco Ameno

Il breve confronto con Carannante è stato molto istruttivo specie durante l’incontro all’Antoniana in cui ha fornito notevoli spunti di riflessione. In particolare sull’aggettivo “vagamente”, ossia che vaga, instabile e indeterminato, non ben chiaro né definito come i racconti che, nel suo libro, descrivono un’isola di Procida “alternativa” con elementi umani e geografici utili per la costruzione di un simbolo che trascende la geografia dell’isola di Arturo per collocarsi in una dimensione onirica non esattamente sovrapponibile – o limitabile – alla sola Procida, pertanto in grado di allontanarsi dall’uniformità al reale. Un luogo “non luogo”, in definitiva, che i personaggi di Carannante nei racconti che ha scritto in passato e ha poi accantonato in attesa di una pubblicazione, portano all’attenzione del lettore. Il quale in questo modo è in grado di immergersi per le vie di Procida seguendo, come l’ha definita l’autore, una specie di “guida inadeguata” per vivere l’isola come un ospite e non semplicemente come un turista ma anche di estraniarsene del tutto per ricostruire dentro sé stesso un posto particolare e poiché immaginabile, realizzabile. In definitiva ciò che “Fa” l’intellettuale a differenza di chi si occupa soltanto di “fare” attraverso la politica o per mezzo delle amministrazioni a volte perdendo di vista il senso, proiettato a seguire modelli abitudinari e comportamenti consuetudinari semplicemente perché si è sempre fatto in quel modo, fulcro del discorso che pone al centro e reitera, attraverso l’esistente frantumazione amministrativa, l’individualismo asfissiante dei Comuni dell’isola d’Ischia in luogo di una collaborazione partecipata tra i sei. Una riflessione ma anche un invito a cambiar metodo da inviare ai Sindaci per dare più valore all’interesse pratico di Ischia e costruire una realtà differente attraverso le amministrazioni che non pochi s’illudono di governare bene senza il bisogno di verificare se questo “bene” è quello di Ischia.

Pagina Fb Caffè Scorretto di Graziano Petrucci

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