CRONACA

Camere cedute all’agenzia e poi vendute, condanna per l’albergatore

Un anno, con pena sospesa, per il titolare dell’hotel Terme di Augusto nella controversia con la società Re Leone Viaggi con cui fu stipulata una convenzione “vuoto per pieno”: disposto anche il risarcimento dei danni subiti dall’agenzia

È arrivato ieri mattina il verdetto nel processo che vedeva contrapposte due società, l’Agenzia Re Leone srl e l’Hotel Terme di Augusto. Protagonisti della controversia i due rispettivi titolari, Giuseppe D’Abundo e Bruno Basentini. Il Tribunale ha condannato il secondo a un anno di reclusione, con pena sospesa, oltre a una multa e al pagamento delle spese processuali, ma anche al risarcimento del danno in favore del titolare dell’agenzia, costituitosi parte civile, danno che dovrà essere liquidato davanti alla competente autorità giudiziaria.

Come alcuni lettori ricorderanno il titolare dell’hotel era accusato del reato previsto dagli articoli 81, 646, 61 n. 7 del codice penale, “per avere, in esecuzione del medesimo disegno criminoso, negoziato e, comunque trattenuto, senza averne titolo e/o in presenza di una formale richiesta di restituzione degli stessi e di contestuale messa in mora, cinque assegni bancari tratti dal conto corrente intestato alla società Re Leone srl, con cui aveva redatto, e sottoscritto, numerosi accordi di fornitura di servizi alberghieri (contratti di vuoto per pieno) presso la struttura da lui gestita in Lacco Ameno, accordi rimasti, in parte, inadempiuti. In questo modo, procurava a D’Abundo Giuseppe, legale rappresentante del tour operator citato, un danno di rilevante entità patrimoniale pari, almeno, a euro 271.000,00 (da agosto a dicembre 2011)”. Questa era la formula usata nel decreto di rinvio a giudizio.

In altre parole, la Re Leone del D’Abundo aveva stipulato un contratto “vuoto-pieno” con l’Hotel Terme di Augusto: una tipologia contrattuale che consiste nell’acquistare anticipatamente un numero determinato di camere per un periodo definito, a prescindere da quella che sarà l’effettiva occupazione, o vendita, delle stesse. L’albergatore si obbliga a tenere a disposizione dell’impresa di viaggi o tour operator, un contingente di camere, e quest’ultimo si impegna a versare un corrispettivo costituito da un prezzo forfettario. In questa tipologia di contratto il vantaggio è reciproco per le parti: il tour operator riesce a guadagnare anche con ampi margini su ogni singola stanza, mentre l’albergatore, oltre ad avere un’entrata assicurata, ha la possibilità di vendere le camere non vendute.

Nel processo conclusosi ieri, l’ipotesi accusatoria sosteneva che  l’hotel Augusto avesse ricevuto i soldi (con assegni) ma senza aver mantenuto libere le camere, per poi  fittarle come se non fosse mai stato stipulato il contratto con D’Abundo. La circostanza costrinse quest’ultimo ad adoperarsi febbrilmente per  ricollocare (o, come si dice tecnicamente, “riproteggere”) i clienti lasciati senza alloggio dall’Augusto presso altre strutture alberghiere di categoria inferiore, rimettendoci di tasca propria le cifre relative (visto che il denaro versato  all’Augusto non era stato restituito) pagando le penali e subendo i procedimenti giudiziari di chi non aveva accettato la riprotezione presso strutture di categoria inferiore. Su denuncia del D’Abundo, dunque, furono  sequestrati gli assegni al signor Basentini, rappresentante dell’hotel Terme Augusto perché, sempre secondo l’accusa, non avendo rispettato il contratto non poteva incassarli.

Alcuni mesi fa le parti avevano già discusso e formulato le rispettive conclusioni, ma il Giudice aveva poi ritenuto di voler approfondire l’aspetto della riprotezione disponendo ulteriori deposizioni ai sensi dell’articolo 507 del codice di rito.  Nella penultima udienza vennero infatti ascoltati due nuovi testimoni, il primo dei quali operante presso un’agenzia che lavora con la Dimhotels, il quale riconobbe che la documentazione di posta elettronica mostratagli dall’avvocato Gianluca Maria Migliaccio con cui veniva sostanzialmente provata l’avvenuta ricollocazione dei clienti in una struttura della catena alberghiera citata. Cosa che fu al centro anche della seconda deposizione, quella della dottoressa De Stefano, operante in uno degli Ambiti sociali campani, che confermò le vicissitudini dovute alla mancanza di camere per un gruppo di anziani clienti in arrivo a Ischia, che impose la loro “riprotezione” presso un altro hotel, di fatto sostenendo spese per una struttura a cinque stelle per poi essere alloggiati in una a quattro stelle.

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In aula ieri gli avvocati hanno svolto un sintetico riepilogo della discussione e delle conclusioni già svolte. L’avvocato Gianluca Maria Migliaccio ha ribadito la gravità del danno subìto dall’agenzia del proprio assistito, chiedendo il riconoscimento della responsabilità e una provvisionale per il suo cliente, mentre l’avvocato Pettorino ha cercato di dimostrare che la mancata restituzione degli assegni era da considerarsi come una compensazione per somme dovute in precedenza.  Il giudice, pur concedendo le attenuanti generiche, ha infine ritenuto colpevole Basentini del reato di appropriazione indebita: le motivazioni della sentenza saranno depositato entro novanta giorni. Molto probabile il ricorso in appello.

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