CULTURA & SOCIETA'

«Caffè Scorretto»«La strada per far rinascere il Buon Senso»

«Ieri sera alle 22.30, sul corso di Forio aperto al traffico, un motorino, con due ragazzi senza casco, è passato sfrecciando indisturbato. Contromano. Finché mancheranno i controlli e adeguate sanzioni, ognuno si sentirà libero di fare quel che vuole. E noi possiamo riempire il cielo di palloncini, ma ogni morto sarà sempre il penultimo». Già, il penultimo. Giovanni Martino, imprenditore di Forio, nel commento che ha lasciato sul suo profilo facebook, si unisce ai tantissimi che in questi giorni popolano le bacheche del social network (alcuni anche a sproposito), dopo l’incidente avvenuto sulla SS 270 in cui ha perso la vita il giovane Manuel Calise. Non si tratta, qui, di entrare nel merito della vicenda che la settimana scorsa ha colpito profondamente la comunità isolana. Bisogna però finirla di nascondersi dietro la solita indifferenza che arriverà dopo, mentre nella tragedia ognuno si sente parte del club fichissimo delle soluzioni (spesso date senza cognizione).

Francesco Taliercio
Francesco Taliercio

Bisogna smetterla col disinteresse permanente rotto dalla drammaticità di un evento, che riprenderà la sua piega “normale” specie quando le tragedie “passano” e non ci toccano direttamente. Il discorso riguarda perciò la considerazione su come reagire in modo fermo allo strazio della perdita poiché “comunità” e al dolore neppure paragonabile che resterà della famiglia che ha perso un figlio, un fratello, una sorella, il padre o la madre in un incidente stradale. Riguarda la capacità di fermare o almeno limitare le morti a causa di incidenti come quello in cui è rimasto coinvolto Manuel e, prima di lui, Francesco e tanti altri prima. Riguarda le condizioni esterne, la cornice o per meglio dire ciò che manca sulle nostre strade dal punto di vista tecnico, complice un’indifferenza di cui siamo “conducenti sani”. Riguarda la nostra incapacità di opporci all’inevitabilità degli eventi con risposte adeguate per limitare gli effetti nefasti. Da includere nella discussione trova spazio la ricerca di come riempire l’assenza di educazione ai pericoli e come colmare la mancanza di senso civico. Riguarda le condizioni “tecniche” e del manto stradale che a volte diviene causa di rovinose cadute. Riguarda la segnaletica orizzontale e verticale a volte poco o per niente adeguata e, ultimo ma non per importanza, l’assenza di una sinergica collaborazione – sì, ancora una volta – tra le amministrazioni ischitane che non sono in grado di realizzare un progetto “finalmente univoco” sulla mobilità presa nella sua visione d’insieme, per rifarla daccapo in ogni sfumatura. Insomma, da questo strazio – avremmo già dovuto farlo per altri simili – ci serve un inizio. Affinché i messaggi, le veglie, i lumini accesi sul dolore per la perdita di una vita non restino soltanto fissati nella memoria o in una targa per poi dimenticarsene il giorno dopo, ma si trasformino in simboli di azione concreta, in attività e comportamenti per migliorarci. Tutti. Ci serve un progetto in grado di coinvolgere le Istituzioni e la società isolana, senza distinzioni. A quest’ultima spetta il dovere di ribellarsi fin quando non ci sarà la presa d’atto da parte delle sei amministrazioni che siamo di fronte a un’emergenza e abbiamo il dovere di risolverla con soluzioni imponenti capaci di coprire la cappa dell’immobilismo isolano degli ultimi quarant’anni. In cui va obbligatoriamente interrotta l’attesa disperata di qualche intervento divino nella consapevolezza che il trasporto pubblico e quello da piazza (per favore, non si sentano “attaccati” i tassisti che vanno coinvolti, invece, per essere ancora più utili nella loro parte di “servizio pubblico”), bisogna ripensarli con maggiori corse nell’arco dell’intera giornata nel primo caso e un servizio anche notturno a tariffe agevolate nel secondo.

Bisogna però finirla di nascondersi dietro la solita indifferenza che arriverà dopo, mentre nella tragedia ognuno si sente parte del club fichissimo delle soluzioni (spesso date senza cognizione). Bisogna smetterla col disinteresse permanente rotto dalla drammaticità di un evento, che riprenderà la sua piega “normale” specie quando le tragedie “passano” e non ci toccano direttamente

Che cosa aspettano i sei sindaci, i Comuni insieme, a impegnarsi coinvolgendo la Città Metropolitana per tutelare la vita delle persone e ridurre il rischio sulle nostre strade – non bastano le iniziative dei singoli comuni – che per molti è soltanto una fatalità? Che cosa ci costa riprogrammare corse di autobus e taxi a tariffe agevolate, più controlli con telecamere fisse per monitorare i punti critici delle strade e l’installazione di infrastrutture collegate a una centrale operativa intercomunale che non faccia distinzione tra questo o quel Comune? Ci servono i soldi per farlo? D’accordo, abbiamo il Patto per Lo Sviluppo dell’isola d’Ischia – se qualcuno si decidesse a riprenderlo – attraverso cui è possibile accedere a fondi europei, nazionali e regionali che però presuppone la collaborazione tra Amministrazioni. Accanto a ciò c’è la possibilità di realizzare l’unione dei servizi (in cui potrebbe rientrare l’unione delle Polizie municipali da affiancare a Polizia e Carabinieri), attraverso le norme del Testo Unico degli enti Locali e approfittare dei finanziamenti erogati dallo Stato. Ci servono altri soldi perché quelli potrebbero non bastare? Andiamo a chiederli alla Città Metropolitana. Invece di restare in silenzio, dopo che sarà trascorso il tempo dell’assenza di parole, nel rispetto e nel ricordo di un’altra vita spezzata, per opporsi al dolore ed evitare che il tempo scorra invano, diventa imperativo stimolare i sindaci e la cittadinanza a vari livelli per realizzare un progetto di sicurezza stradale in modo partecipato dando ascolto alle associazioni e ai comitati rimasti soli.

Il tema non esclude l’installazione di telecamere per monitorare in ogni ora del giorno e della notte le strade – come ha suggerito tra gli altri l’avvocato Nicola De Siano – e soprattutto i punti nevralgici in cui, di fatto, si sono verificati più incidenti che in altri. Per quel tratto di strada in particolare il Comandante Mattera della Polizia municipale di Casamicciola, in una riunione in Prefettura nel 2019 indicò la necessità di installare telecamere di controllo. È rimasto inascoltato, anche lui. Tuttavia un progetto sulla sicurezza in strada deve essere più ampio di così. Deve essere in grado di ridisegnare il modello su cui abbiamo fondato la mobilità e i trasporti almeno su tre linee d’intervento. Si può iniziare dai suggerimenti del Capitano dei Carabinieri Mitrione. In un’intervista nei giorni scorsi ha detto: «sono certo che non si sconfiggono le cattive condotte stradali con la sola repressione, anche perché non sarebbe mai possibile impiegare una pattuglia di forze dell’ordine in ogni curva, rettilineo e incrocio. È necessario che la sicurezza stradale diventi una tematica centrale per ognuno che nel proprio piccolo deve impegnarsi a guidare con senso civico, nel rispetto delle regole e soprattutto degli altri utenti. Famiglia e scuola rivestono un ruolo fondamentale per far si che i nostri giovani si educhino al buon senso civico». È necessario continuare, allora, non lasciando nell’indifferenza Leonardo Taliercio, il papà di Francesco rimasto vittima in un incidente nel 2019. Vanno coinvolte le Istituzioni, la scuola, gli insegnanti, la società civile, per far capire che un’auto, una moto o un motorino di qualsiasi cilindrata, se non condotti in modo corretto possono diventare “armi” se all’inesperienza (trasversale a ogni fascia d’età) si somma la mancanza di mitigazione del rischio. Che aumenta, sia a causa dell’assenza di attenzione oltre che per l’inosservanza del Codice della Strada e resta pericoloso se continuiamo con l’attuale modello su cui abbiamo fondato i nostri spostamenti. Proprio su questo c’è da intervenire in modo radicale. Certi comportamenti in strada, poi, andrebbero rivisti. Persone con cellulari, sorpassi in curva per non parlare di chi si mette alla guida in condizioni estreme. Siamo tutti un po’ colpevoli nella misura in cui come comunità isolana – se esiste – evitiamo di porci domande, dubbi, di farci massa critica perché tanto ci sarà sempre qualche altro che lo farà al posto nostro. È obbligatorio spingere le amministrazioni a elaborare un piano di trasporto pubblico più capace di sostenere gli spostamenti, di abbattere i confini amministrativi e coinvolgere i taxi incentivando la rinascita dei trasporti sulle strade di Ischia e, finalmente, risolvere anche il problema del traffico, della mancanza di semafori sulle strisce pedonali e smetterla di fare spallucce perché “tanto non compete a me”. Si tratta di sviluppare una presa di posizione per riversarla in un progetto di sicurezza con finalità molteplici intrecciate fra loro. Le linee d’azione sono almeno tre. Pedagogiche, per la costruzione di un “nuovo” senso civico, spesso assente, per opporsi alla [nostra] sconfitta di cui tutti siamo perseguibili, per reagire alle lacrime e replicare al dolore del lutto attraverso il cambiamento culturale, consci che non sarà mai abbastanza. Tecniche, nella cognizione che bisogna fare di tutto per rendere le strade più sicure, per non trovarsi più di fronte a morti causate dalla consuetudine e dall’impassibilità. Infine altro elemento imprescindibile non solo repressione ma prevenzione di cui si devono far carico le amministrazioni in un piano condiviso, insieme. Per Manuel, per Francesco e altri che hanno perduto la vita pure per il disinteresse collettivo, affinché non siano solo un esempio e un’esortazione ma la forza stessa della [nostra] ribellione civica e la testimonianza che è ancora possibile salvare altre vite, magari anche la nostra. Sì, perché al posto di Manuel e Francesco poteva esserci chiunque. Per farlo serve che la politica e la gente si armino di coerenza, di memoria e facciano di queste la fonte di una nuova coscienza. E non dimenticare. Mai.

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