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«Caro Claudio, vorrei tanto che quei piccoli uomini imitassero il tuo esempio»

di Gerardo Calise*

Carissimo Claudio,

purtroppo questa è la conseguenza che noi abbiamo paventato cinque anni fa. Ricorderai quanto contrasto ci fu tra me e tuo padre quando lo scongiuravo di non rientrare in politica. Sapevo cosa gli sarebbe successo, come gli è successo. La “classe” politica attuale è diversa da quella che lui aveva lasciato. Hai voglia di sparare addosso la vecchia e sepolta Prima Repubblica, ricordando di essa solo la parte terminale, quella che precede ogni storica implosione di sistema. Ma di quell’epoca ci si dimentica volutamente di tanti personaggi galantuomini come tuo padre, che avevano uno spiccato senso dello stato e che spesso, per accontentare i loro sostenitori, mettevano mano alla tasca, quella propria. Ma tuo padre, e lo spiegavo nelle due trasmissioni di Tele Ischia a cui ho partecipato in questi ultimi giorni, ha avuto sempre una sindrome “del buon samaritano”. Spesso, già da piccolo, ricordo che chiedeva una paghetta extra alla tua simpaticissima e caritatevole nonna Claudina, nota terziaria francescana, per aiutare i suoi amici che abitavano nei Rioni baraccati del centro di Forio.

Questa sua attività filantropica l’ha continuata fino ai giorni nostri, quando ha fatto politica, ma soprattutto quando non l’ha fatta. Ha dilapidato un bel patrimonio, in tanti lunghi anni, per il semplice gusto di aiutare il prossimo, chiunque sia, amico e meno amico. Ma negli ultimi tempi, la irriconoscenza umana, ampiamente trattata dall’evangelista Matteo, è diventato uno sport molto praticato, e gli irriconoscenti ed infami, fanno a gara a chi si comporta peggio. Se volessi elencare le tantissime persone che ha seguito e segue personalmente tuttora nel loro percorso di aiuto, non solo finanziario, lungo il loro difficile cammino di malattia gravi. Ma tutto ciò, lungi da me, come ho già spiegato per Tele Ischia, non vuole essere affatto uno spot elettorale, ma una semplice e sentita testimonianza di un amico vero, verso un amico altrettanto vero, che mi sono sempre trovato vicino nella buona e nella cattiva sorte.

Un episodio che ricordo molto nitidamente è accaduto qualche anno fa a capodanno: un ragazzetto dell’epoca si spappolò la mano destra con un botto. Lui si comportò meglio di un familiare, chiamò l’ambulanza e fu trasferito a Napoli, sempre in sua compagnia. Un proverbio indiano dice che a portar in groppa gli amici non si diventa gobbi. Ci soffro quanto te, credimi, nel constatare e toccare con mano, questa “santa” alleanza tra i piccoli esseri umani che cercano di combatterlo con i più bassi meccanismi che l’uomo abbia inventato. Quanti di loro sono bassi in altezza ed alti in bassezza. Tanti anni fa, gli anziani del tempo mi fecero capire che i grandi uomini sono avversati dai piccoli perché a questi non va giù che loro fanno grandi cose, facendoli sentire ancora più piccoli. E proprio lì che scatta quella “santa” alleanza che li mette insieme per sconfiggere il grande, ma spesso, molto spesso non ci riescono.

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Un grande abbraccio mio caro Claudio, come mi farebbe piacere che qualche componente di questa corte dei miracoli, composta da personaggi che aspettano sempre qualcosa da qualcuno e che aumenta sempre di più nel nostro bel paese, copiasse il tuo esempio, che ti sei formato un’esistenza con tantissimi sacrifici. Hai dimostrato quello che ha sempre insegnato tuo padre, che in tanti anni di politica non ha mai dato un posto di lavoro ad un familiare, evitando di privilegiarlo nei confronti degli altri. E tu, uomo realizzato e di grande successo ne sei stato, insieme a tuo fratello Vito e la sorella Giorgia, un esempio lampante di una educazione coerente.

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*fotografo e storico locale

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