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Cantine di Pietratorcia, nel segno della vera tradizione ischitana

Di Malinda Sassu

E con questa sono venti. Nonostante il suo fisico da ragazzino, è da una vita che vendemmia e che respira profumi di mosto. Tra cassette sulle spalle, potature e torchiature, Gino Iacono è ormai arrivato alla sua personale cifra tonda, la sua ventesima vendemmia. E ci arriva felice e soddisfatto, nonostante un’estate bizzarra e quest’autunno che più “umorale” di così non si poteva avere. Elementi naturali che se a qualcuno hanno regalato solo notti insonni, all’enologo delle Cantine Pietratorcia hanno invece portato la convinzione che in quest’annata 2016 ci sia, al contrario, qualcosa di competitivo, qualcosa su cui vale la pena scommettere: “Nonostante il tempo, quella di quest’anno è stata tra le nostre migliori vendemmie degli ultimi anni. In cantina l’uva era bella, ricca e sana; ha portato un grado che non si vedeva da tempo, soprattutto tra i rossi, dove l’alcol è buono, con un alto potenziale”. Una passione, quella di Gino per i rossi, che si è rivelata nella felice creazione di vini pieni di profumo e corposità; non trascurando certamente anche la vera anima “bianchista” dell’Isola: “tra i bianchi, invece, tanti bei vini profumati e acidità sostenute. Da molti anni non avevo in cantina un panel di prodotti così vari. In particolare, l’uva Rilla, dalle grandi capacità di maturazione, un buon equilibrio in acidi e zuccheri e note speziate interessanti”. Chissà che non sia questa l’ennesima scommessa di casa Pietratorcia; d’altronde, è una caratteristica delle famiglie Iacono, Regine e Verde, le tre anime fondatrici dell’azienda, quella di aggiungere un pizzico d’innovazione alle tradizioni più vere dell’isola: la monorotaia che scorre tra vigneti scoscesi e difficili da raggiungere, cantine all’avanguardia, importanti progetti di recupero e un ristorante, bellissimo, orgoglio e passione di Vito Verde. Un’occasione per “assaggiare” il territorio, in un caratteristico legame tra storia, tradizioni agricole e cucina contadina, alla cui direzione v’è una regina indiscussa, la chef stellata Libera Iovine. E non solo. A Pietratorcia fanno vino ma sanno fare anche turismo, quello vero, quello che punta dritto al cuore, quello verde dell’Isola. E questa nuova gioia nella vendemmia 2016 potrebbe aggiungere ulteriori soddisfazioni e nuovo slancio ad una cantina storica come questa, dove da sempre si punta sul rilancio delle uve storiche dell’Isola. Ben venga allora che si ritorni al passato, a quell’uva Rilla che sembra sia presente solo nei vigneti più vecchi di Forio.

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Alle Cantine Pietratorcia si è viticoltori da sempre, con la natura nel cuore e un rapporto meraviglioso con la terra. Tre famiglie storiche dell’Isola e un comune radicamento nel territorio e nelle sue tradizioni.  E soprattutto, uomini e donne con uno stesso spirito, condiviso da tutti, quello di far conoscere la propria terra attraverso la sua migliore espressione, il vino. E il vino si fa in vigneto, a partire dalla vendemmia e dalle sue tradizioni. Dove si racconta la nostra storia, quella vera ischitana, quando la vendemmia era un momento di incontro tra le famiglie, dai bambini agli anziani e ognuno di loro aveva un compito. Anche Gino Iacono aveva il suo: “Ho sempre avuto questo pallino dell’agricoltura fin da bambino e il mio compito era quello di pigiare l’uva con i piedi, ero il più bravo, il nonno Vito mi metteva sempre a fare quello; poi, crescendo, tutto da solo riuscivo a trasportare oltre cinquanta cassette. Nel nostro vigneto di famiglia, quello di Chignole, c’erano più di 100 scalini; per noi figli maschi, portare le cassette sulle spalle voleva dire diventare adulti, voleva dire subentrare agli operai. Ed era difficile trovarli perché quelli che venivano l’anno prima non si ripresentavano l’anno dopo, proprio perché era tutto troppo faticoso”. Fatica e passione di generazioni di vignaioli, da nonno Vito allo zio Franzino che scandiva il ritmo nel trasporto delle cassette, fino all’ammirazione per il papà Franco che si svestiva dei panni di politico per indossare quelli di contadino. “Non c’è altra parola o altro momento che si avvicini di più alla vera tradizione isolana, questa è la vendemmia per noi. Le nostre guide non erano i genitori ma i nonni, i quali passavano quella memoria fatta di tradizioni e piccoli gesti. Dalla torchiatura alla pigiatura con i piedi, fino alla chiusura delle botti con le foglie di fico e sacchetti di sabbia. Erano momenti di grandi soddisfazioni nonostante la fatica”. Valori che ora Gino condivide con fidi collaboratori, come Natale Sessa e Vito Mattera, Franco Mezzone e tanti altri. Amici soprattutto, tutti importanti e tutti preziosi, impegnati nei sei ettari di proprietà e nei nuovi vigneti che con soddisfazione iniziano a regalare uve ricche e sane. E amici saranno coloro che, come ogni anno, in occasione della festa di San Martino affolleranno il piazzale antistante la cantina di calici di vino nuovo e brindisi alla nuova annata. E anche quest’anno la tradizione alle Cantine Pietratorcia è rispettata.

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Ecco cosa porta credere fortemente nel proprio lavoro e nel proprio vino: trovare in tutto questo tanta energia e sano entusiasmo. Lo testimoniano le parole di Gino Iacono, nonostante la crisi che ci coinvolge tutti, nonostante il tempo inclemente e nonostante la fillossera che da tempo attanaglia l’Isola: “Il problema, purtroppo, è anche istituzionale. Bisognerebbe incentivare in maniera seria tutta il territorio. Non ci si rende conto della gravità” e aggiunge che “La malattia si propaga per vettore e il vettore c’è, e quindi va combattuto in una certa maniera. Non si fa informazione seria e non ci si può permettere di spogliare questi territori della loro bellezza. E soprattutto, va convinta la gente a curare il proprio campo, sostenendo prima di tutto l’economia locale”. Ed è proprio vero, i frutti della terra sono doni che l’uomo deve meritare. Così la vite, quando chiede esperienza e fatica, rispetto per il ritmo naturale delle sue stagioni e per la sua vera essenza. Una ragione in più per fidarsi della filosofia aziendale delle Cantine Pietratorcia: “Ormai abbiamo convertito quasi tutti i terreni a biologico, con un conseguente ritorno alle origini nei trattamenti in vigna, proprio come da tradizione”. Non dimenticare mai le origini, fare della terra la propria religione sembra essere il segreto di un’annata vincente. Come quella del 2000 che regalò alle Cantine Pietratorcia grosse soddisfazioni: “Quella fu l’annata della novità, con evoluzioni e soddisfazioni aziendali che mi sono rimaste nella mente e nel cuore. Il mio più grande orgoglio è stato quello di aver risvegliato un po’ gli animi, in quell’epoca, soprattutto a livello di stimoli qualitativi sul territorio. E ancora oggi, nonostante l’approccio scientifico, vivo ancora la vendemmia e la cantina in maniera molto sensazionale. Mi è sempre piaciuto leggere e proprio durante alcune di queste letture, mi rimase impresso il concetto del non finito di Michelangelo e nell’uva cerco di avere lo stesso atteggiamento”. È il binomio uomo – agricoltura, è quel ritorno alle origini che può restituire all’Isola la sua vera vocazione. Lungi dal paragonarsi al grande Buonarroti, il senso delle parole di Gino Iacono è quella stessa presa di coscienza tipica di un uomo di fronte alla grandezza della natura; quello stesso atteggiamento destinato a svilupparsi nella mente di chi crea qualcosa, il “non finito” appunto, un percorso nel quale sia impossibile indicare un punto di arrivo preciso. Perché in Natura, bisogna andare oltre, non fermarsi mai e, soprattutto, migliorarsi sempre.

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