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«Caffè Scorretto» «Cambiamento e formazione sono collegati»

Il mondo imprenditoriale isolano – e chi cerca un lavoro o lavora da un po’ – si è davvero accorto che Ischia, come nel resto del mondo, sta accogliendo una società molto competitiva, in cui formarsi e aggiornarsi costantemente può fare la differenza? Parola chiave: formazione. Che poi rappresenta l’atto, il modo di formare e coinvolge tanto le posizioni decisionali quanto quelle sottoposte. È chiaro che c’è bisogno dell’aiuto delle imprese locali, delle scuole, delle pubbliche amministrazioni e un grande supporto possono darlo i privati attraverso l’ampliamento della propria visione e il modo di stare sul mercato. Non voglio entrare nel merito di come si realizza un curriculum vitae, cosa per certi aspetti banale. Se pensiamo però che a molti, di ogni fascia d’età, appare una perdita di tempo abbiamo una misura parziale di quanto Ischia sia rimasta indietro. Quelli più distanti dalla formazione sono gli adulti, che sembrano i meno propensi a partecipare a iniziative di formazione. L’indagine Eurostat CVTS (Continuing Vocational Training Survey) nella sua ultima edizione evidenzia come le imprese italiane con oltre 10 addetti che annualmente fanno formazione sono appena 6 su 10, vale a dire un numero al di sotto rispetto ai paesi competitor come Francia e Germania. Magari sono ancora tante le persone che non sanno neppure di che cosa si parli quando hanno di fronte l’acronimo “CV”. Seguono allo stesso modo aziende e imprenditori che galleggiano in un universo inerte in cui è normale lavorare sei mesi. Alcune strutture ricettive iniziano a esigere una fotografia delle competenze di chi si propone. L’Hotel San Montano con il direttore Maurizio Orlacchio, che ha supportato la nuova piattaforma digitale «Lavoroischia.it» nell’organizzazione di master altamente formativi per il settore alberghiero, punta proprio su quest’aspetto. L’Hotel San Montano non è l’unico albergo di grosso calibro che opera in questo modo. Le aziende che adottano un sistema di selezione basato su competenze professionali pretendono, è chiaro, di uscire da una dimensione popolare del lavoro in cui talvolta ricadono quasi tutte le professioni, anche quelle “libere”. Sono timidi segnali che ci dicono di un allontanamento dalla pratica basata sulla conoscenza parentale, canale privilegiato dalla rete (a)sociale isolana, per accedere a una più consolidata griglia in cui saper esporre le proprie esperienze diventa fondamentale. Se ci sono alberghi che danno peso al curriculum e alla formazione, per altre imprese simili parlare di curriculum vitae (CV, appunto) è tabù. Solo per completare il quadro e per mostrare uno dei paradossi di casa nostra, chi possiede molte capacità a volte rischia di trovarsi escluso dalla selezione. Alcuni imprenditori invece che riconoscere le abilità del candidato, questo significherebbe doverle rimunerare, preferiscono assumere personale che ne è privo. Insomma valutano più alto il costo che seguirebbe l’assunzione di una persona qualificata e uno minore nell’assumere personale senza qualifiche. Un amico mi ha raccontato che dopo aver presentato il curriculum presso un albergo, con esperienze modellate all’estero, in sede di colloquio l’imprenditore, isolano, gli disse che era “troppo formato” e che “in quel ruolo specifico cercava al contrario qualcuno che potesse crescere all’interno dell’azienda” (si trattava del ruolo di massaggiatore). Motivo per il quale fu scartato. Traduzione: hai troppe competenze e se te le riconosco devo pagartele più di quanto ho intenzione di investire. Morale: il pesce puzza dalla testa. Se si presta attenzione troviamo declinazioni di quest’atteggiamento un po’ ovunque! La formazione professionale sta assumendo importanza strategica nel mondo produttivo. Molte sono le aziende che investono in attività formative per i propri dipendenti. Consente a chi si affaccia per la prima volta al lavoro di svilupparsi, oppure a chi è già inserito in questa dimensione di restare aggiornato o riconvertire le proprie attitudini per evitare la fuori uscita dal mercato. In tutti e tre i casi siamo di fronte alla necessità di soddisfare i fabbisogni di un mondo dinamico. Viene in evidenza però un ritardo molto forte e che in certi casi condiziona in negativo il modo di lavorare rispetto agli standard elevati richiesti nel mercato del lavoro extra isolano. In un articolo contenuto nella rivista Harvard Business Review dell’agosto 2017, di Alessandra Colonna, Managing Partner di Bridge Partners società che si occupa di consulenza e formazione per i manager, «l’Italia paga lo scotto di un ritardo molto forte che la mette come fanalino di coda in Europa, solo davanti a Grecia e Portogallo». E i segnali si vedono tutti, così come si notano gli effetti. La lentezza con cui il nostro Paese stenta a riprendersi dalla crisi, rispetto ad altre nazioni come la Germania, o la morte precoce di numerose iniziative di startup; o la fuga del “capitale” umano all’estero come la presenza di manager stranieri alla guida di azienda italiane, ci danno modo di capire ciò che in maniera simile, nel nostro micro universo, accade a Ischia. Emergono punti su cui bisognerebbe sviluppare un dibattito serio, sull’analisi e sulle strutture, come sugli imprenditori, che rallentano un effettivo cambiamento. Siamo nell’ambito di una massiccia rivoluzione culturale del lavoro. Il futuro dipende dalla capacità del sistema produttivo di rispondere positivamente ai cambiamenti (tecnologici, sociali e ambientali). La formazione avrà un ruolo di stimolo e coerenza con i processi di cambiamento delle imprese. Ecco un altro paradosso: pure gli imprenditori dovrebbero “continuare” a formarsi.

Pagina Fb Caffè Scorretto di Graziano Petrucci

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