Sono molteplici gli appuntamenti, in Italia e anche sulla nostra isola, che cercano di riaprire un capitolo vergognoso della nostra Storia con cui l’Italia non ha mai fatto veramente i conti. Più che nelle scuole, non c’è educazione nelle persone e nelle nazioni che cercano di cancellare il ricordo, o di giustificare quelle che furono le loro colpe. In Italia molti giovani non sanno chi è Adolf Hitler, cosa fu il nazismo e la Shoah.
Nelle aule la cavalcata nella Storia spesso si ferma alla prima guerra mondiale, i testimoni diretti che sopravvissero sono quasi tutti morti, l’insegnamento di portare avanti il ricordo grava sulle spalle dei parenti di chi visse quella tragedia che non sempre hanno il coraggio di riaprire ferite mai completamente rimarginate. E tuttavia alle nuove generazioni va insegnata la necessità di portare avanti il ricordo, che non è solo un ricordo storico, ma una responsabilità civile.
La storia inizia con il ritorno in Italia, dopo molte peripezie, di due bambine: Andra e Tatiana, le figlie di Mira Bucci. La Marrone ricostruisce gli avvenimenti che hanno vissuto, il dopo-Auschwitz, e il non facile incontro con la madre. Le due raccontano ciò che hanno provato, la vitalità furibonda che le ha tenute in vita ma anche il destino del loro cugino di appena 8 anni, Sergio. Sua madre Gisella, sorella di Mira e zia delle due bambine; rimarrà convinta per tutta la propria vita, anche dopo aver saputo la spaventosa verità, che il piccolo Sergio fosse in qualche modo sopravvissuto all’orrore. A quanti cercarono di comunicarle la sorte crudele del piccolo Giselle rispondeva “Mio figlio vive e io voglio diventare molto vecchia perché voglio aspettarlo”. Sarà suo fratello Mario nato dopo la guerra, a conoscere la verità e farsene testimone.
Durante un’adunata nel campo di concentramento di Neuengamme, a sud est di Amburgo, le SS avevano detto che chi voleva vedere la mamma, doveva fare un passo avanti. Una trappola. Lui, come altri diciannove bambini, finì nelle mani di un folle medico, oggetto di esperimenti sulla tubercolosi. Con l’arrivo degli alleati, quei venti bambini infettati con bacilli vivi, erano diventati troppo “scomodi”. Così furono impiccati e cremati affinché non restasse alcuna traccia della loro esistenza. Oggi ad Amburgo, che a lungo rimosse il ricordo di questo crimine, ci sono venti strade che ricordano il nome dei venti bambini.
Per Mario De Simone, fratello di Sergio «Ci sono voluti molti anni, anche da parte degli ebrei, per parlare, far emergere queste storie, capire quanto fosse importante far conoscere quel che avevano vissuto. Con la Giornata della Memoria e tutte le iniziative che si organizzano, la scuola diventa un tassello fondamentale per avere una maggiore coscienza di quello che è successo L’Italia non ha mai fatto i conti con il suo passato. La ferite delle nostre famiglia non si sono mai rimarginate. Paradossalmente sono i tedeschi, oggi, ad alleviare il dolore lasciando emergere la storia, la verità, le responsabilità, dandoci la possibilità di rileggere quello che è accaduto in maniera critica.».
«E’ vero – continua Titti Marrone – se facciamo un paragone con la Germania, che ha fatto i conti molto più seriamente e dolorosamente, direi che ha ragione De Simone. L’Italia ha lasciato prevalere una narrazione di sé come paese tutto sommato benevolo, con leggi blande, quando in realtà le leggi razziali sono uno dei punti più alti dell’ignominia nazifascista. Per l’Italia è ancora difficile assumersi la responsabilità di ciò che è accaduto, non basta certo un giorno del calendario a lavarsi la coscienza».
E nemmeno a confutare le tesi negazioniste. Per l’autrice e giornalista napoletana «il negazionismo si nutre di falsità e di odio. Non credo vada perseguito penalmente, è un terreno scivoloso per la libera circolazione delle idee. Il negazionismo va combattuto sul piano dei fatti, delle testimonianze, delle idee. La sua falsità va smascherata con le prove, non con la sanzione penale. Non ce ne sarebbe nemmeno bisogno, in verità, se non fosse che in Italia le leggi non trovano mai adeguata applicazione. Abbiamo la legge sull’apologia di reato, quando il negazionismo assume la forma dell’incitamento all’odio organizzato e attivo, che porta ad atti aggressivi nei confronti di determinate categorie di persone, è giusto scatti la sanzione».
Quali libri da consigliare ai ragazzi? «Tantissimi, “Se questo è un uomo” di Primo Levi, ma anche “Un mondo a parte” di Gustaw Herling, ebreo polacco che è stato in un gulag, i Racconti di Varlam Salamov, i titoli non mancano, quello che conta è lo spirito con i quali si leggono»