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La storia di Giovanna, costretta a sopravvivere in una baracca

 

Di Sara Mattera

SERRARA-FONTANA. Un letto sgangherato e una cucinino fai da te poggiato su di una pila di mattoni ed una tegola di legno.  Gli abiti ammassati in un angolo, in un mobile che a stento riesce a contenerli tutti.  All’interno della struttura  filtra solo qualche spiraglio di luce, nonostante sia pieno giorno. All’esterno, invece, tra pezzi di metallo arrugginito, pietre e paglia, spunta uno stendino per i panni e una pentola contenente acqua con cui lavarsi.  A prima vista, sembrerebbe quasi di trovarsi in un accampamento di una qualche zona  povera e sperduta dell’Africa, ma così non è.  Quello che vi stiamo descrivendo è, invece, il luogo in cui vive una nostra concittadina isolana di 56 anni.  Una vera e propria baracca in lamiere di pochi metri quadrati, sita nel Comune di Serrara Fontana, priva di qualsiasi comfort e all’interno della quale nessuno si sognerebbe mai né di entrare né tanto meno di vivere. Ed, invece, la protagonista-  suo malgrado – di questa assurda vicenda, la signora Giovanna – il nome è di fantasia per preservare la sua privacy – ci vive ormai da lungo tempo in una condizione di estremo disagio.

Le vicissitudini di questa signora, infatti, sono cominciate circa un anno fa, quando è stata cacciata dalla casa in cui viveva. «Fino  un anno fa – ci racconta Giovanna – vivevo in un appartamento situato ai Maronti. Poi mi hanno sfrattata perché non riuscivo a pagare l’affitto di casa». Da tempo, infatti, Giovanna viveva in una condizione di ristrettezze economiche: rimasta vedova e non avendo nessun altro parente stretto su cui poter fare affidamento per fronteggiare le spese quotidiane, aveva (e ha anche tutt’ora) come unica fonte di guadagno ciò che le proveniva da quello che riusciva a racimolare svolgendo qualche lavoretto saltuario. Una somma non molto cospicua e che, quindi, ovviamente, non le permetteva di far fronte anche alle spese del proprio appartamento. «Ho chiesto aiuto al Comune di Barano – prosegue – dove faccio residenza, ma le risposte sono sempre state negative. Non ho avuto, quindi, altra scelta che questa». E difatti, a Giovanna  non è rimasta altra  opportunità che quella di trasferirsi nella baracca costruita trent’anni orsono dai suoi genitori, ormai defunti, e dove, tutt’ora, la donna trascorre le sue giornate cercando di condurre una vita dignitosa. Anche se dignità e normalità per questa signora sono tutt’altro che a portata di mano.  Basta, infatti, dare una semplice occhiata alle sole lamiere  che circondano la baracca per farsi un’idea delle condizioni vergognose in cui la nostra concittadina è costretta a vivere:  in uno spazio di poco più di cinque metri quadri, in cui sono ammassati  il letto – se così possiamo definirlo – la cucina fai da te e qualche suppellettile  appartenente alla donna.

Spazio ristrettissimo a parte, però, quel che è più grave è che la baracca non dispone di acqua propria e perfino del bagno! «L’acqua – ci spiega Giovanna – la prendo da una signora tedesca che abita in una casa confinante qui vicino e a cui ho chiesto la cortesia di poter collegare un tubo che arriva nella mia abitazione. Quanto ai miei bisogni, li faccio fuori». E per fuori, Giovanna, intende l’esterno della baracca, sotto ad un albero di aranci, alla mercè delle intemperie della natura, degli insetti e quant’altro. Come se non bastasse, però, a coronare questa situazione a dir poco disdicevole, anche la mancanza, all’interno della struttura, di corrente elettrica . Una mancanza a  cui Giovanna ha dovuto far fronte arrangiandosi nel modo migliore possibile. «Lo scorso inverno ho usato le candele. Adesso – aggiunge Giovanna con aria mesta – vorrei chiedere alla mia vicina se può passarmi un po’ di corrente. Magari le pago la bolletta ogni due mesi. Non so che altro fare».

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Una situazione, insomma, quella a cui deve fare quotidianamente fronte questa signora  baranese, di estremo disagio non solo economico, ma soprattutto sociale e che la costringe a vivere quasi in uno stato primitivo, senza avere neppure la possibilità di svagarsi. «Mi piacerebbe- ci dice – ogni tanto potermi guardare la televisione».  Oltre però a dover vivere tra i meandri nascosti  di questa baracca del Comune collinare,  Giovanna ha anche un altro problema: quello di riuscire a stento a fronteggiare le spese quotidiane, indispensabili per il proprio sostentamento.  Una situazione questa, che  ha spinto la donna a recarsi, ormai quasi quotidianamente, alla “Mensa del Sorriso”, situata nel Comune di Casamicciola e dove Giovanna va a consumare esclusivamente il pasto serale.  La mensa, però, non è sempre aperta: basti pensare che lo scorso agosto l’edificio è stata chiuso per tutto il mese e la signora  Giovanna ha dovuto, anche in questo caso, arrangiarsi come poteva per poter mettere qualcosa sotto i denti. Insomma,  un vero e proprio   inferno,  dal quale ,  la nostra concittadina baranese, purtroppo,  ancora non riesce ad uscire.

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Avendo 56 anni, infatti,  Giovanna  non ha ancora diritto a percepire la pensione di vecchiaia, i cui introiti, potrebbero essere utili a fronteggiare  le spese necessarie e riuscire, magari, a reperire una vera abitazione in cui poter vivere.  Come se non bastasse,  poi,  pur avendo più volte fatto richiesta agli organi di competenza per ottenere la pensione di invalidità, le risposte sono sempre state, fino ora negative, nonostante la nostra amica abbia alcuni problemi di vista e anche al cuore. «Ho fatto richiesta – ci spiega-  ma mi è stato riscontrato solo il 50 per cento di invalidità e mi è stato detto che non ho diritto a nessun vitalizio.  Ho fatto ricorso a tal proposito tramite un avvocato di Forio». La risposta in merito, però,  tarda ad arrivare con i mesi che passano  e con  Giovanna che, giorno dopo giorno, vive in uno stato sempre peggiore. E le prospettive per questo nuovo inverno alle porte, all’interno dell’ambiente poco accogliente della baracca, sono tutt’altro che rosee.

La struttura infatti è priva, ovviamente, anche di riscaldamento e le piogge non facilitano certo la situazione.  Lo scorso inverno, infatti, Giovanna per evitare le infiltrazioni della pioggia all’interno della “abitazione”, è stata costretta a porre una tela di protezione sopra il tetto di lamiere, appuntata meticolosamente con mattoni e altri oggetti pesanti.  Per evitare – come ci spiega lei – che la tenda volasse via alla prima ondata di vento.  Da più di dodici mesi, insomma, Giovanna vive circondata da lamiere, con pochi spiccioli in tasca e nel totale disinteresse delle istituzioni.   A raccontarlo, sembrerebbe quasi impensabile che qualcuno sul nostro territorio isolano viva in queste condizioni disumane, eppure è così. Ecco perché la nostra concittadina baranese ha deciso di lanciare un accorato appello: «Vivo senza luce, senza bagno. L’acqua me la da una signora straniera.  In tutto questo c’è qualcosa che non va. Lancio un appello al Comune di Barano. Vorrei che mi si desse la possibilità di vivere in  maniera  più dignitosa».  Un appello che noi speriamo chi di competenza possa cogliere. Perché nessun essere umano merita di vivere in una  condizioni del genere.

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