LE OPINIONI

IL COMMENTO 60 anni fa nasceva il muro di Berlino. E continuiamo ad erigerne

Esattamente 60 anni fa (13 agosto 1961) fu costruito il Muro di Berlino, che venne poi abbattuto soltanto a novembre del 1989. Il Muro tagliava la città tedesca in due: da una parte Berlino Ovest, controllata da americani, francesi e britannici, dall’altra parte Berlino Est (Ddr) controllata dall’Unione Sovietica. Di solito preferisco affrontare temi locali, più consoni ad un giornale che ha il Golfo partenopeo come raggio di interesse e diffusione. Tuttavia, quella del Muro, anzi dei Muri, che continuamente vengono innalzati (anche in senso soltanto ideologico ed antropologico) è questione dalla quale Ischia, realtà turistica internazionale, non può sottrarsi. Tanto più se quel Muro, eretto nel 1961, riguarda un popolo a noi caro, quello tedesco, che ha rappresentato il nostro maggiore e migliore referente turistico straniero. Perché fu eretto il Muro? Per il fatto che nella Berlino divisa (politicamente ed economicamente, ma non ancora fisicamente) le forze occidentali, di fatto, agevolavano il passaggio di tedeschi da Est ad Ovest, spinti da evidenti disparità economiche tra l’Est e l’Ovest. La conseguenza più grave, per la Germania Est, era la fuga di cervelli e delle forze lavorative più specializzate. Da qui l’idea, accettata poi dagli americani, di erigere una separazione fisica. La storia di Berlino ci dice che tentativi di mettere una barriera tra est e ovest di Berlino erano stati fatti fin dal 1948. Un tentativo di blocco fu praticato da Iosif Stalin, ma naufragò già nel 1949, con un ponte aereo col quale gli americani aggirarono il blocco terrestre e continuavano a rifornire i berlinesi dell’Est. Poi, nel 1953, ci fu un tentativo di sommossa popolare contro il regime sovietico, che fu domata dalla Forza Armata Rossa.

Il tentativo dell’Unione Sovietica era quello di “abituare” i cittadini ad un tipo di società “sorvegliata”, oppressa nei valori fondamentali della libertà, ma che, nello stesso tempo, infondeva il tranquillante della “protezione”. Dal 1960 fu organizzata dal regime sovietico la Stasi, la terribile forma di polizia segreta dedita ad uno spionaggio massivo. In realtà c’era molta continuità tra Terzo Reich e Ddr: nel modo di educare a scuola, uniformare, annullare l’individuo in nome della massificazione. Sono contenti oggi i tedeschi ex dell’Est? In alcuni casi, l’impatto con gli eccessi individualistici e consumistici dell’Occidente ha creato smarrimento e una certa nostalgia per una società “oppressa” sì ma con certe identità, un certo senso del rigore, dell’austerità, della presenza di uno Stato “protettivo”. Non meravigliamoci, dunque, se oggi l’europeista ed occidentalista Angela Merkel conserva il tratto di quella identità rigorosa e parsimoniosa, eredità della Germania Est.

C’è uno studioso campano, il salernitano Gianluca Falanga, che lavora a Berlino, presso il Museo della Stasi, che ha scritto diversi saggi sulla questione. L’ultimo è “Labirinto Stasi. Vite prigioniere negli Archivi della Germania Est”. Ma emblematico è anche il testo “Non si può dividere il cielo”. Non si può dividere il Messico dalla California (Muro di Tijuana) e dagli Stati Uniti. Non si può dividere Israele dagli Arabo palestinesi. Non si può dividere Ischia da Napoli e dai problemi di questa metropoli, bella e contraddittoria. Non si possono dividere i destini degli Stati d’Europa e non si può continuare a dividere un’isola di 46,3 Kmq in sei municipalità. Berlino ci insegna alcune cose: che le unificazioni, quando ne ricorrano i presupposti storici, culturali, politici, sono auspicabili e positive, a patto che non cancellino i percorsi identitari che la storia gli ha separatamente imposto. Uniti ma distinti! E questo vale per Berlino, per la Germania, per le Repubbliche baltiche, per quelle ex sovietiche, per la Russia, l’Asia Centrale, la Transcaucasia, per gli Stati Uniti d’America, per l’Unione Europea. Ed è valida per l’Italia, dal nord al sud. Le barriere fisiche devono essere cancellate per sempre dall’Umanità; gli uomini emigrano in nome della libertà dalle oppressioni o anche dall’oppressione della fame, dei cataclismi ambientali, provocando certi scossoni enormi nell’assetto di società costituite, libere e stratificate.

Ma gli scossoni vanno “gestiti” non “impediti”. Ogni muro è un reato contro l’umanità. Anche i muri semplicemente ideologici ed antropologici. Non esiste la demonizzazione degli “altri”, di popolazioni provenienti da realtà diverse da quella in cui viviamo. Una località turistica come Ischia, anche se si va fortemente degradando, deve mantenere la barra dritta e non deviare verso i mari dell’intolleranza. La “differenza” è naturale e creativa negli uomini, ma non la “differenziazione” artificiosamente creata per un nostro senso di superiorità morale e comportamentale. Questa è la lezione che possiamo trarre dal sessantesimo anniversario dalla creazione del Muro di Berlino, ricordando anche una significativa frase di Italo Calvino: “Se alzi un muro, pensa a ciò che resta fuori”.

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