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Caserma Forestale, processo alle ultime battute

Non c’è fretta, per il Tribunale e le parti coinvolte. Il processo per la costruenda Caserma della Guardia Forestale nel Bosco della Maddalena a Casamicciola, che ha ormai ampiamente varcato la soglia della prescrizione, dovrebbe vedere stamane sul banco dei testimoni il geometra Antonio Piro, come teste indicato dalla difesa. La vicenda, che  tanto clamore aveva sollevato per le su implicazioni “ambientali” (il taglio dei pini sull’area delle fondazioni) oltre che politiche, si trascina invece stancamente su un binario morto: molto rumore per (quasi) nulla. Nella scorsa udienza, furono ascoltati alcuni degli imputati, dall’architetto Nicoletta Buono, all’epoca responsabile del procedimento presso il Provveditorato delle opere pubbliche, al collega Silvano Arcamone, responsabile dell’Ufficio tecnico del Comune di Casamicciola dal 2002 al 2007, oltre a Giosi Ferrandino, che nello stesso quinquennio era sindaco del paese termale. Tutti hanno ribadito la propria estraneità alle accuse, in una vicenda colma di paradossi, uno dei quali ruota attorno a un errore materiale: le planimetrie in dotazione al Ministero erano ormai obsolete in quanto non tenevano conto delle modifiche  circa il successivo frazionamento dell’originaria particella dove sarebbe stata localizzata la Caserma della Guardia Forestale. Il mancato aggiornamento delle planimetrie sarebbe stato dunque decisivo nell’evoluzione di questa storia, che ha origine nei primi anni ’80, quando venne individuata tale area per i lavori, ma assume gli attuali contorni “giudiziari” a partire dal 2009, per un presunto scambio di particelle catastali su cui successivamente furono posti i cantieri.

Il Provveditorato alle opere pubbliche della Campania richiese la disponibilità di alcune centinaia di metri quadrati di pineta al comune di Casamicciola per la realizzazione della caserma della Forestale. Il comune incaricò un tecnico per individuare la particella da asservire. Venne dato l’ok dalla commissione edilizia e dai Beni Ambientali. Il luogo scelto fu, appunto, la pineta della Maddalena. Data l’autorizzazione paesaggistica da parte del Comune di Casamicciola, la Soprintendenza implicitamente autorizzò l’opera facendo decorrere i termini previsti (60 giorni, quindi per silenzio-assenso) per esprimere il proprio parere, che all’epoca era solo di legittimità, non di merito.  Tra l’altro, il decreto paesaggistico seguiva una strada parallela rispetto alla conferenza dei servizi (voluta dal Provveditorato alle opere pubbliche). L’Assopini di Ischia, la Cogivas e i Verdi della Campania intervennero in favore della pineta della Maddalena, rendendo il caso di rilievo nazionale, spingendo la Guardia di Finanza a indagare: in seguito fu disposto il sequestro del cantiere. L’impresa costruttrice inoltrò immediatamente ricorso al Tar. Nonostante l’esito tutt’altro che chiaro dinanzi al Tribunale Amministrativo regionale, la Procura della Repubblica dissequestrò il cantiere, facendo riprendere i lavori. L’amministrazione comunale dispose accertamenti tecnici ed emise un’ordinanza di sospensione dei lavori. In seguito sul caso per la prima volta intervenne la Soprintendenza che dichiarò i lavori illegittimi. Seguirono le accuse di falso, di delitto paesistico e abuso edilizio. Il resto è storia recente, con la prescrizione ormai di fatto maturata, anche non ancora dichiarata. E con ogni probabilità bisognerà attendere almeno un’altra udienza per mettere la parola fine a un processo che avrebbe invece potuto concludersi con una sentenza di merito già due anni fa, quando proprio alle ultime battute il giudice Russo, che all’epoca guidava il processo, venne trasferito ad altro incarico.

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