ARCHIVIO 2ARCHIVIO 3ARCHIVIO 5POLITICA

Il caso Ischia e la giustizia “malata”

Un giorno, forse, capiremo. Un giorno, forse, ci spiegheranno. Un giorno, magari (questo è più improbabile ma allo stato dell’arte è la cosa più necessaria, non più differibile e lo diciamo senza fare troppi giri di parole) la politica riacquisterà quel minimo di credibilità e carisma necessari per riappropriarsi della centralità del proprio ruolo. Perché in un paese è la politica che deve dettare i tempi, e non può più delegare questo compito alla magistratura. Che ormai, nel nostro paese, a partire da quell’arco temporale a cavallo tra il 1992 e il 1993 meglio conosciuto come “Tangentopoli” o “Mani Pulite” ha iniziato a fare il bello e cattivo tempo. Sbagliando spesso, regalando alle volte l’impressione peggiore – quella cioè di cadere volutamente in fallo – e soprattutto rimanendo perennemente impunita. Arrivando così a decidere, chissà quanto in maniera scientifica, in diversi casi il destino di un uomo, di un paese, di una nazione. Il caso Ischia, quello legato al presunto (anzi, a questo punto inesistente) caso di corruzione relativo alla metanizzazione sull’isola, e che ha visto di recente assolto l’allora sindaco Giosi Ferrandino, è un qualcosa che abbiamo vissuto con estrema attenzione ed in prima persona. L’ostinazione e l’incredibile lucidità che ha conservato l’ingegnere nonostante i 22 giorni di permanenza nelle mura del carcere di Poggioreale gli hanno consentito di portare a termine anche il secondo mandato, ma attenzione a come sarebbero potute andare le cose, e molto probabilmente come sarebbero andate se al posto di Giosi ci fosse stato un altro o qual è stato l’epilogo in centinaia di altri casi.

Ad Ischia sarebbe andata esattamente così, com’era cominciata. Giosi, una volta in carcere, rassegna le dimissioni dalla carica di sindaco. Una roba che si fa, in maniera tale che non ricoprendo più cariche pubbliche si riesce a sgattaiolare in quattro e quattr’otto ai domiciliari. In questa sorta di “Sliding doors”, ecco cosa sarebbe accaduto. Insieme all’allora primo cittadino sarebbe naufragata l’intera amministrazione comunale, sarebbe sbarcato ad Ischia il commissario prefettizio e poi si sarebbe andati a nuove elezioni. Un Ferrandino (sempre Giosi) avrebbe chiuso la sua carriera politica, un altro Ferrandino (Enzo) probabilmente non sarebbe mai diventato sindaco, l’attuale maggioranza si sarebbe sciolta come neve al sole ed oggi a governare il paese ci troveremmo qualche altra coalizione. Insomma, una “capata” del pubblico ministero avrebbe sconvolto e stravolto la storia di Ischia, cambiandone il corso e gli eventi senza che ne esistessero minimamente i presupposti. Ora, è possibile ipotizzare scenari così inquietanti senza che nessuno ne paghi le conseguenze? Crediamo che una roba che non possa esistere ne in cielo ne in terra. E non è tutto. L’atteggiamento da melina calcistica tenuto dal pubblico ministero, che nelle fasi finali di un processo ormai incardinato verso un epilogo scontato ha cercato di allungare i tempi mentre all’orizzonte si profilava la chiusura delle liste per le elezioni politiche (con il conseguente ripescaggio giosiano al Parlamento Europeo) è stata un’altra pantomima che ci saremmo volentieri evitati. Se per assurdo la sentenza di assoluzione fosse arrivata con soli dieci giorni di ritardo a causa di questo atteggiamento ostruzionistico, le porte per approdare a Bruxelles sarebbero state inesorabilmente chiuse, giacché mai e poi mai il Pd avrebbe lasciato campo libero ad un suo esponente ancora inquisito. Insomma, sono tante, troppe le cose che non vanno e che devono essere oggetto di una profonda riflessione ed anche dell’ormai inevitabile riforma di un sistema giudiziario che non funziona più. Anzi, che fa il bello e il cattivo tempo. Non vorremmo addentrarci in sentieri pericolosi, ma il fatto che ogni qualvolta tira aria di urne partano avvisi di garanzia, inchieste e indagini, un po’ comincia a “puzzare”. E a stufare, anche. Oltre, presumibilmente, a non essere più tollerabile in un paese che si vuol definire civile. Nessuno vuol toccare l’indipendenza della magistratura o attentare alla stessa, ma l’impressione è che la misura sia ormai colma. E che di quella misura va recuperato il senso. Prima che sia troppo tardi, ammesso che non sia già troppo tardi.

gaetanoferrandino@gmail.com

Articoli Correlati

0 0 voti
Article Rating
Sottoscrivi
Notificami
guest

0 Commenti
Inline Feedbacks
Visualizza tutti i commenti
Pulsante per tornare all'inizio
0
Mi piacerebbe avere i vostri pensieri, per favore commentatex