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Caso Micaela, sul web la gente tra indignazione e inviti a non giudicare

ISCHIA. Non appena la notizia nel pomeriggio di ieri ha fatto capolino sul web (con il nostro portale che ha riportato la decisione del gip in anteprima), si è scatenato subito il linciaggio social, la caccia al mostro e le grida allo scandalo e alla vergogna. Anche se c’è anche chi ha voluto usare toni più concilianti, a dimostrazione che non tutti hanno voluto scadere nel facile e scontato “fuoco incrociato”, che pure in casi del genere è da ritenersi quanto meno comprensibile. C’è chi la prende in maniera ironica e si limita a scrivere “complimenti” e chi mette ancor più il dito nella piaga postando la frase “un brindisi alla scarcerazione”. C’è poi chi parla di vergogna non per l’indagato quanto piuttosto per la legge italiana e chi si pone un interrogativo che tutto sommato un seno può avercelo pure: “Ma la legge sull’omicidio stradale cosa è stata fatta a fare? Per me avrebbe dovuto restare quanto meno ai domiciliari fino al processo, l’obbligo di firma o il ritiro della patente sono misure attuate solo per evitare la fuga: di fatto resta libero di uscire, andare in un bar, vedere amici. Se ha una coscienza mi auguro sia questo il suo ergastolo”. Parole pesanti, che probabilmente in casi del genere sarebbe il caso di risparmiarsi, ma ormai i social sono diventati l’amplificazione di tutto e dunque c’è poco da meravigliarsi.

C’è però anche chi si scaglia contro chi parla senza essere a conoscenza di norme et similia: “Mi sale Hitler – scrive un internauta – ogni volta che penso di stare buttando cinque anni a giurisprudenza inutilmente quando leggo i vostri commenti. Laurearsi non serve, anche con la terza media si può essere tuttologi imbecilli”. Poi però si ritorna al festival della banalità tra chi invita a buttare la chiave e chi addirittura suggerisce di mettere l’indagato nelle mani di parenti e amici della vita. Una vera e propria gogna virtuale che ogni tanto si alterna con qualche considerazione dai toni quantomeno più contenuti. E’ il caso di chi scrive: “Bah, mettersi al volante dopo aver alzato il gomito ed altro penso e credo che vivere coi sensi di colpa sia il minimo. La legge, poi, conta poco: i colpevoli sono fuori e gli innocenti dentro nella maggior parte dei casi, la fatalità è un albero che ti cade su un’auto”. C’è ancora chi osserva: “Forse nessuno condividerà il mio pensiero ma ritengo giusto che questo ragazzo non venga condannato: ho letto di tutto, sotto i vari link di questa storia, e nessuno ha pensato a come si sente e cosa prova e cosa pensa. Lo so, siamo davanti alla morte di una giovane ragazza e questo fa male, ma è stata una tragica fatalità, non è giusto infierire su un ragazzo che passerà il resto della sua vita a pensare a Micaela e a sentirsi colpevole di averle tolto la vita. E premetto che non conosco né l’uno l’altra…”.  Ma forse i commenti più saggi sono due. Il primo ricorda che non è mai il caso di giudicare, il secondo approva e chiosa: “Sono d’accordo”. Peccato, però, che rappresentassero una sparuta minoranza.

GAETANO FERRANDINO

 

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