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Il ddl “Falanga” e il principio della “doppia conforme”. Ora cosa succede?

È di poco fa la notizia secondo cui l’esame del DDL “Falanga” sulla graduazione delle demolizioni giudiziali, già all’ordine del giorno dell’Aula della Camera dei Deputati, è stato differito di due settimane. Il provvedimento – secondo notizie di agenzia – sarà nuovamente in Assemblea a partire dal 17 ottobre.

Molti si chiedono cosa accadrà. Ciò soprattutto perché si sta facendo un gran parlare della volontà di alcuni rappresentanti di partiti politici di apportare ulteriori modifiche al disegno di legge che, secondo i critici, finirebbe per favorire il fenomeno dell’abusivismo edilizio, sia perché introdurrebbe per la prima volta nell’ordinamento la distinzione tra abuso di necessità e abuso speculativo, sia perché equivarrebbe, nella sostanza, ad un condono mascherato, dagli effetti ancora più dirompenti rispetto al condono tipico, in quanto, a differenza di quest’ultimo, non prevederebbe alcun limite temporale alla sua applicabilità.

Prescindendo da tali questioni che, a mio avviso, sono ideologicamente pretestuose ed infondate nel merito, come ripetutamente evidenziato in precedenti interventi sul tema (v., in particolare, “La legge Falanga e le ragioni di un falso allarme“, in  https://www.laleggepertutti.it/), quel che mi preme sottolineare è che il testo licenziato, in base al principio della “doppia conforme“, espressione del c.d. “bicameralismo perfetto” che contraddistingue il nostro sistema parlamentare, non potrà più subire alcuna modifica, anche volendolo. In atre parole, il DDL, nella prossima seduta, o verrà approvato o bocciato.

Non esiste sul piano costituzionale una terza soluzione, né è possibile rimettere in discussione il merito della scelta legislativa già ratificata nei suoi contenuti essenziali. Il perché è presto detto. In ciascuna Camera del Parlamento, i soggetti preposti possono presentare un disegno di legge. La Camera quindi incarica le commissioni competenti di discutere le materie trattate nel disegno di legge.  Trovato l’accordo e approvato il testo in commissione, il testo viene presentato in Aula, discusso e infine votato dall’Assemblea. Il testo, se approvato, viene trasmesso all’altra Camera del Parlamento, che ripete la medesima procedura. La legge viene considerata approvata se entrambi i rami del Parlamento hanno approvato lo stesso testo.

Altrimenti il testo continua ad essere discusso e votato, se ritenuto valido, oppure bocciato o, se si vuole, accantonato.

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Si suole dire, in tale ultima ipotesi, che il disegno di legge “finisce su un binario morto“. Le vicissitudini parlamentari del DDL “Falanga” possono così riassumersi. Il DDL in questione  (C. 1994-B) – attualmente all’esame della Camera in quarta lettura – detta, come è noto, disposizioni volte a razionalizzare le procedure di esecuzione delle demolizioni di manufatti abusivi. Dopo l’approvazione da parte del Senato avvenuta il 22 gennaio 2014 il provvedimento è stato modificato dalla Camera il 18 maggio 2016 e nuovamente modificato dal Senato il 17 maggio 2017.  Le modifiche introdotte dal Senato hanno, in effetti, riguardato unicamente aggiustamenti di carattere tecnico derivanti:

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  • dall’ormai superata copertura finanziaria di 5 mln per il 2016 del Fondo di rotazione, che l’art. 3 istituisce presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per l’erogazione di finanziamenti ai comuni finalizzati alle opere di demolizione;
  • dall’analoga copertura di 5 mln per il 2016 per la costituzione presso il Ministero delle infrastrutture della Banca dati nazionale sull’abusivismo edilizio.

La Commissione Giustizia non ha approvato modifiche al testo.

La proposta di legge, composta da quattro articoli, conferma – a ben vedere – l’attuale sistema del “doppio binario” che, per la fase dell’esecuzione delle demolizioni, vede la competenza:

  1. dell’autorità giudiziaria, in presenza della condanna definitiva del giudice penale per i reati di abusivismo edilizio, ove la demolizione non sia stata ancora eseguita;
  2. delle autorità amministrative (comuni, regioni e prefetture), che procedono con le forme del procedimento amministrativo.

Quanto al primo profilo, relativo alla competenza dell’autorità giudiziaria, l’articolo 1 modifica l’art. 1 del D.Lgs. n. 106 del 2006, relativo alla riorganizzazione degli uffici del pubblico ministero, e attribuisce a quest’ultimo il compito di determinare i criteri di priorità per l’esecuzione degli ordini di demolizione delle opere abusive e degli ordini di rimessione in pristino dello stato dei luoghi.  Nella determinazione dei criteri di priorità, lo stesso pubblico ministero dovrà dare adeguata considerazione:

  1. agli immobili di rilevante impatto ambientale o costruiti su area demaniale o su area soggetta a vincolo ambientale e paesaggistico, sismico, idrogeologico, archeologico o storico artistico;
  2. agli immobili che per qualunque motivo rappresentano un pericolo per la pubblica o privata incolumità, nell’ambito del necessario coordinamento con le autorità amministrative preposte;
  3. agli immobili nella disponibilità di soggetti condannati per reati di associazione mafiosa (o commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416-bis c.p.) o di soggetti colpiti da misure prevenzione antimafia.

Si precisa ancora che, nell’ambito di ciascuna delle tipologie di immobili, determinate con provvedimento del pubblico ministero, tenendo conto dei criteri suddetti e delle specificità del territorio di competenza, la priorità deve essere attribuita – di regola – agli immobili in corso di costruzione o comunque non ancora ultimati alla data della sentenza di condanna di primo grado e agli immobili non stabilmente abitati.

L’articolo 2 novella l’art. 41 TU edilizia (DPR 380/2001), relativo alle procedure di demolizione attivate dalle autorità amministrative. La disposizione conferma che annualmente, entro il mese di dicembre, il responsabile dell’ufficio comunale deve trasmettere al prefetto, ma anche alle altre amministrazioni statali e regionali preposte alla tutela del vincolo di inedificabilità, l’elenco delle opere non sanabili.  Nel precisare che deve trattarsi delle opere per le quali il responsabile dell’abuso non ha provveduto alla demolizione e al ripristino, la norma aggiunge che deve essere anche scaduto il termine di 270 giorni entro il quale il comune è tenuto a concludere la demolizione.

Il nuovo art. 41 conferma poi la normativa vigente per quanto riguarda il ruolo centrale del prefetto nella procedura di demolizione delle opere abusive, sulla base dell’elenco che (entro il 31 dicembre) le amministrazioni statali e regionali trasmettono allo stesso prefetto; la norma estende, peraltro, la possibilità prevista per il prefetto di avvalersi di imprese private o di strutture operative del Ministero della difesa per eseguire la demolizione, anche ai casi in cui sia il comune a procedere alla demolizione.

Gli articoli 3 e 4 sono stati modificati dal Senato.  L’articolo 3 istituisce presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un fondo di rotazione, con una dotazione complessiva di 40 milioni di euro per il quadriennio 2017-2020 (dieci milioni di euro per ciascun anno), finalizzato all’erogazione di finanziamenti ai comuni per integrare le risorse necessarie per le opere di  demolizione. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e trasporti, di concerto con i Ministri dell’ambiente, dei beni culturali e dell’economia, sentita la Conferenza unificata, sono definiti i criteri, le condizioni e le modalità operative (ivi inclusa la fissazione del tasso di interesse applicato ai finanziamenti) per la gestione e l’utilizzo delle risorse del Fondo. L’erogazione dei finanziamenti è subordinata alla presentazione di richieste adeguatamente corredate della documentazione contabile e amministrativa relativa alle demolizioni da eseguire ovvero delle risultanze delle attività di accertamento tecnico e di predisposizione degli atti finalizzati all’acquisizione dei manufatti abusivi al patrimonio da parte dei comuni e delle regioni.

In ogni caso, le somme dovranno essere restituite dall’amministrazione richiedente sulla base di un piano di ammortamento decennale a rate annuali costanti comprensive di quota capitale e quota interessi. L’articolo 4, inoltre, prevede, entro 180 giorni dalla entrata in vigore della legge, l’istituzione presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti della Banca dati nazionale sull’abusivismo edilizio, allo scopo di garantire la trasparenza, l’efficacia e l’efficienza dell’azione amministrativa di repressione dell’abusivismo edilizio da parte degli enti competenti, nonché dell’azione giudiziaria di determinazione dei criteri nell’esecuzione delle demolizioni.

Di tale banca dati possono avvalersi le amministrazioni statali, regionali e comunali, nonché gli uffici giudiziari competenti. La definizione delle modalità di accesso e di gestione della banca dati è demandata all’Agenzia per l’Italia digitale la quale deve altresì garantire l’interoperabilità dei soggetti coinvolti e la gestione dei rilievi satellitari. Tutte le autorità e gli uffici competenti sono tenuti a condividere e trasmettere le informazioni sugli illeciti alla banca dati. Il tardivo inserimento dei dati nella banca dati è sanzionato con una pena pecuniaria pari a euro 1.000 per il dirigente o funzionario inadempiente.

La disposizione prevede, infine, l’obbligatoria trasmissione alle Commissioni parlamentari, da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di una relazione annuale sull’andamento dell’abusivismo edilizio, sulle demolizioni effettuate, nonché sull’attuazione e l’efficacia delle norme di prevenzione e repressione del fenomeno. Gli oneri derivanti dalla costituzione della banca dati sono quantificati in 3 mln di euro per il 2017. Va aggiunto che il DDL “Falanga“, approvato – come detto – con modificazioni dal Senato il 19 maggio 2017, è stato esaminato dalla Commissione Giustizia in 4 sedute, dal 22 giugno al 26 luglio 2017.

La Commissione non ha approvato emendamenti al testo. Sul provvedimento hanno espresso parere favorevole le Commissioni Affari costituzionali, Bilancio e Ambiente. Tale essendo il quadro dell’iter parlamentare, non può che ribadirsi che, nella prossima seduta del 17 ottobre, il DDL o sarà approvato o bocciato. Non vi è più spazio per discussioni accademiche o di altra natura. Questo è lo stato dell’arte. A breve, trarremo, dunque, le conclusioni finali di questa tormentata vicenda.

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