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Cento anni fa nasceva Malagoli, la sua battaglia contro i luoghi comuni

Ho frequentato il Liceo Classico di Ischia nel triennio 1963-1966 avendo la fortuna di avere come Professore di italiano e latino Edoardo Malagoli. Il Liceo era all’interno di un edificio sulla spiaggia della Mandra ad Ischia Ponte dov’è attualmente il ristorante O’ Sole Mio. Edoardo abitava a qualche centinaio di metri dal Liceo in un edificio posto a lato di una piazzetta a via Pontano. Appassionato velista amava costruirsi le sue piccole barche con cui affrontava sempre nuove sfide con quel mare nostrum che era stato la culla di tante civiltà, di cui siamo fortunati eredi.  Laureatosi a Milano Edoardo, nei primi anni ’50,  comincia ad insegnare lettere a Brescia ed approda ad Ischia nel 1955,  irresistibilmente attratto  dalle bellezze dell’isola e del suo mare, e da un proficuo ed intenso rapporto culturale con Benedetto Croce ed altri autorevoli esponenti della cultura meridionale.

La cultura laica e liberale di Edoardo, che caratterizzavano il suo insegnamento, ebbero un impatto dirompente sull’ambiente culturale isolano, dominato dalla Curia Vescovile, guidata da Mons. Antonio Cece con il quale Edoardo ebbe duri scontri.

Nei confronti di Edoardo ci furono delle denunce al Ministero della P.I. e molte inchieste da parte degli ispettori ministeriali. Furono anni duri caratterizzati dall’intolleranza di una parte dell’opinione pubblica, anche se i suoi allievi e buona parte del corpo docente furono solidali con Edoardo nella sua lotta per la crescita culturale, non solo della scuola, ma anche della società isolana. Il suo tenace impegno diede un impulso decisivo per la rottura della tradizione di un scuola essenzialmente clericale.

Ho ancora vivo il ricordo di una missione di rievangelizzazione condotta in quegli anni da un gruppo di Gesuiti, che per mesi visitarono tutte  le chiese dell’isola e le famiglie degli studenti, mettendole in guardia contro il pericolo dell’insegnamento sovversivo di quel professore ateo che plagiava le menti dei suoi allievi. Ci furono anche accesi dibattiti pubblici tra teologi gesuiti e lo stesso professore ai quali noi studenti partecipavamo con estremo interesse. Sono molto grato ad Edoardo per il fondamentale contributo che ci ha dato nella preparazione alla vita, liberandoci dal conformismo e dall’accettazione dei luoghi comuni.

Il suo principale obiettivo, pienamente raggiunto, era quello di stimolare lo sviluppo di una coscienza critica che ci portasse a non recepire passivamente tradizioni, miti, religioni, ordini, prescrizioni, dogmi, mode culturali e luoghi comuni.

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In altre e semplici parole Edoardo ci ha educati a ragionare con la nostra testa, può sembrare lapalissiano, ma non lo è affatto!

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Ricordo che uno dei temi da svolgere che assegnava al primo anno era sul ruolo della televisione rispetto a quello dei giornali.

In quegli anni la tv era solo quella di stato, poche ore di trasmissione e solo due canali. Trasmissioni come Il Grande Fratello e le Telenovele non erano neppure ipotizzabili, eppure Edoardo percepiva già il pericolo di una assuefazione. Da lui sentimmo nel 1963 per la prima volta il termine vidiot, neologismo con il quale veniva definita questa nuova pericolosa dipendenza dal video. Era l’epoca in cui ingenuamente la gente commentava le notizie con un “l’ha detto la televisione!” per sottolinearne il carattere di autorevolezza quasi da verità assoluta. Chiaro che queste cose ad un cultore del pensiero laico come Edoardo facevano letteralmente drizzare le antenne!

Mi è rimasta particolarmente impressa la locuzione latina che amava ripetere frequentemente: etiamsi omnes, ego non (letteralmente anche se tutti, io no).

Edoardo aveva vissuto in prima persona la tragedia della seconda guerra mondiale e del consenso di massa al nazismo ed al fascismo ed identificava in quella semplice, ma incisiva frase, l’importanza del dissenso individuale rispetto al delirio della ragione che a volte colpisce le società. (Non a caso tale frase, nella formulazione abbreviata ego non, è  riferita allo storico Joachim Fest per la sua opera autobiografica Ich nicht ed era scritta anche sul frontone della casa di Philipp von Boeselager , ufficiale tedesco coinvolto nel fallito attentato a Hitler del 20 luglio 1944, reso celebre dalla drammatica e celebre ricostruzione cinematografica di Operazione Walkiria ). Dopo la maturità classica conseguita nel 1966 e dopo essermi laureato al Politecnico di Napoli nel 1972, sono stato lontano dall’isola per motivi di lavoro fino al 2010.

Solo a distanza di molti anni incontrai di nuovo Edoardo nel 1984 in occasione della presentazione del libro di Nicola Polito “Terremoto ad Ischia 1883-1983”. Ricordo la sua emozione nel commentare il libro ed alcune poesie, che Edoardo definì  come “scritte sui calcinacci”. Probabilmente il libro gli ricordava che il terremoto di Casamicciola del 28 luglio 1883 aveva segnato profondamente la vita di Benedetto Croce, che a 17 anni aveva appena conseguito la licenza liceale ed era in vacanza presso la “Villa Verde” con la famiglia quando la terra tremò. Morirono sotto le macerie il padre, Pasquale, la madre, Luisa e la sorellina Maria di appena 13 anni. Benedetto si salvò e fu estratto dalle macerie dopo due notti, riportando la frattura di una gamba e di un braccio. E’ probabile che Benedetto Croce avesse avuto modo di raccontare ad Edoardo quei terribili momenti vissuti nel 1883.

La notizia della morte di Edoardo nel 2001 mi dispiacque profondamente, anche perché, stando fuori dall’isola, non avevo avuto più l’occasione di incontrarlo ed avere con lui un confronto sui temi che tanto ci avevano appassionato. Iniziai allora una ricerca per riprendere, anche se indirettamente, il filo di quel colloquio ideale che si era interrotto.

Scoprii nel web quella splendida intervista rilasciata a Peppino Mazzella e pubblicata sul n. 43 del Settimanale d’Ischia nel 1987, che riflette fedelmente l’Edoardo-pensiero e la coerenza di comportamenti che hanno contraddistinto tutta la sua vita. Attraverso Benito e Salvatore Trani, che erano stati anche miei colleghi di Università, ricontattai durante i periodi di ferie i compagni di liceo ed organizzai con loro un memorabile incontro per celebrare i quarant’anni dalla maturità. Per l’occasione realizzai un DVD (disponibile oggi anche sul mio canale youtube sotto il nome di angelopulpologo) con le immagini di un filmino del nostro Mak TT 100 del 1966 con la raccolta delle relative foto e dei testi delle canzoni dedicate ai professori. Documentazione gelosamente custodita da Raffaele Mattera, a cui va il nostro ringraziamento.

A quell’incontro partecipò, con mio grande piacere, anche il Professore Enrico Longobardo, cui sono immensamente grato per il contributo fondamentale che, con il suo insegnamento, mi ha dato, stimolando la mia passione per le materie scientifiche ed incidendo profondamente e positivamente sul mio sviluppo professionale. Attraverso i miei compagni di liceo, che erano rimasti sull’isola, sono riuscito a ricostruire l’importante contributo che Edoardo, anche dopo aver lasciato l’insegnamento nel 1976, ha continuato a dare partecipando attivamente alla vita socio-culturale dell’isola, essendo, tra l’altro fondatore e presidente del Circolo G. Sadoul dal 1981.

Tracciando oggi un primo bilancio della mia vita sento l’importanza fondamentale che ha avuto per me la cultura umanistica e la coscienza critica che Edoardo ci ha trasmesso.

Le mia attività professionale mi ha portato ad operare e vivere in molti paesi ed in tutti i continenti (esclusa Antartide). Ho conosciuto popoli di tante nazioni e di culture profondamente diverse, con tutti sono riuscito a dialogare, a lavorare, ad innovare, a realizzare grandi accordi e gestire progetti ambiziosi, grazie all’empatia che mi ha sempre legato a chi avevo di fronte, indipendentemente dalla loro razza, cultura, fede religiosa ed interessi economici. Sometimes partners, sometimes competitors, always friends è stato il mio motto. Ma tutto questo è stato possibile grazie a quella semplice ed indimenticabile regola di vita racchiusa in quel Etiamsi omnes, ego non, valida ancor più oggi, nell’era della rete, dove c’è il rischio,di diventare webeti!

Edoardo ha solo intravisto lo sviluppo tumultuoso della rete e dei social networks nell’era della globalizzazione economica, culturale, informativa e, come Pasolini, ha capito con largo anticipo, il rischio di una omologazione culturale. Recentemente, dopo il clamoroso risultato elettorale del Movimento 5 Stelle, un altro Edoardo, il prof. Novelli, docente di comunicazione politica presso l’Università di Roma 3 ha sottolineato la necessità di una evoluzione culturale e sociale per educare la cittadinanza alla partecipazione, perché oggi nel bagaglio culturale dei cittadini non c’è ancora l’opportunità di essere chiamati in causa attraverso la rete. Ancora una volta, quindi, si pone il problema della formazione di una coscienza critica di fronte alle crescenti opportunità delle fonti e degli strumenti di informazione, ma anche ai rischi di ondate emotive alimentate da tsunami informativi che potrebbero sfuggire al controllo di chi li provoca. In una situazione del genere sono sicuro che il professore Edoardo Malagoli punterebbe ancora una volta sulla qualità della formazione scolastica e, avvalendosi del nuovo strumento tecnologico, ci avrebbe messo in guardia contro le nuove insidie con il suo tweet : Etiamsi omnes, ego non.

Desidero chiudere questo mio scritto con la Premessa tratta dal libro di Edoardo “Appunti e spunti” ( disponibile presso la Biblioteca Antoniana di Ischia), che considero il suo testamento morale:

“Metà della mia esistenza è trascorsa ad Ischia ed è qui che io ho potuto continuare l’attività a me congeniale dell’insegnamento avendo occasione di incontro, dentro e fuori di scuola, con generazioni di allievi che si sono fatti con me studenti nell’animo e che oggi sono uomini operosi nei vari campi. Ad essi sono dedicati questi appunti, a continuazione di un dialogo non interrotto. La sensazione di aver vissuto in un’epoca senza effettiva cultura, febbrile in superficie, ma povera di idealità quanto pullulante di ideologie, mi ha suggerito alcune note critiche che non dovrebbero dispiacere a chi della verità non vuol essere timido amico. Quanto sono venuto annotando su temi mal dibattuti nel nostro tempo non mi è stato dettato dalla presunzione di essere depositario del vero o dall’ambizione di mettere in vetrina me stesso, quanto dall’esigenza di fedeltà al filone maestro della cultura laica che impone di rifiutare tutto quello che umilia o violenta la ragione. Ho detto “un’età senza cultura” e l’assetto poggia sulla constatazione che la cultura dominante, quella che fa opinione, ha sostenuto le tesi più sciocche ed atroci che offendevano l’intero sistema dei valori consacrati dalla storia, con questo unico argomento: “siamo in molti a dirlo, quindi abbiamo ragione”. Ma essere la fanfara di chi ha il potere non equivale ad essere nel vero ed a far luce nelle menti, così come onorare e continuare la tradizione civile dell’umanità non equivale ad essere reazionari. Gli spunti svolti in queste pagine non vogliono essere un libro, cioè avere carattere compiuto, ma possono diventarlo se ricondotti a quel centro di unificazione della coscienza, che trova nella cronaca lo stimolo a verificare la propria coerenza”.

Grazie ancora Professore.

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