LE OPINIONI

IL COMMENTO Quel concilio pastorale e i modernisti

DI CESARE BARONIO

Il Papa San Pio X con la sua enciclica Pascendi Dominici gregis, ebbe a condannare il modernismo sottolineandone il pericolo per la chiesa docente e militante. Chi avrebbe giurato che dopo decenni la chiesa docente si sarebbe aperta alla modernità con un concilio!? Il Vaticano II è stato da tutti definito Concilio pastorale; in sostanza viene detto che la dottrina (teoria) è una cosa, ma la pastorale (cioè la pratica) è un altra cosa. Nessuno, dicono, vuole negare l’insegnamento di sempre della chiesa, ma nella pratica pastorale la chiesa docente deve adattarsi al mondo, per cui è possibile dire in teoria che il matrimonio è indissolubile e che non ci si può accostare all’Eucarestia in stato di peccato mortale permanente, ma con il discernimento, caso per caso, anche questo può essere superato considerando alcuni aspetti propri della nuova unione di fatto in una coppia. Papa Giovanni XXIII quando indisse il Concilio non poteva immaginare che il fumo di Satana già stava lavorando nella chiesa. Egli pensava ad un Concilio che rinnovasse la chiesa sfrondandola di quelle strutture o segni esteriori che l’appesantivano, ma non fu così! La sua creatura, il Concilio, presto fu orfana di chi l’aveva generato e Papa Paolo VI ne raccolse l’onere di portalo a compimento. Un compito arduo, che costò a Montini tanta sofferenza e la fatica di un pontificato contestato da chi voleva conservare e da chi voleva una chiesa moderna, a passo con i tempi. Le chiavi date da Cristo a Pietro, nelle sue mani si erano fatte pesanti. Montini aveva capito bene, che quella parte di chiesa docente che anelava alla modernità, stava prendendo il sopravvento e che il fumo di Satana permeava sempre più vescovi e sacerdoti, ma più di mettere qualche toppa non riuscì a fare. Poi fu il tempo di Giovanni Paolo II il Grande con le aperture Ecumeniche e l’attenzione ad Est.

La caduta del muro di Berlino ruppe la linea dei due blocchi per una società occidentale più inclusiva e multiculturale, dove l’uomo è sempre più al centro e Dio posto ai margini, anzi è considerato come qualcosa da tollerare specie nelle varie tradizioni cultuali o da soppiantare con nuove celebrazioni laiche e addirittura pagane. Ormai la breccia era stata aperta e il fumo di Satana era dappertutto nell’apparato gerarchico Vaticano, ma non aveva ancora raggiunto il vertice. Il Papa “della fatica del sole”, profetizato da San Malachia di Armagh ha tenuto saldo il timone della barca di Cristo affidata a Pietro, ribadendo l’inviolabilità delle verità di fede e dei principi non negoziabili. Dopo Giovanni Paolo II, tocca a Benedetto XVI custodire il deposito della fede, “Gloria olivae”. Il tentativo di ridare decoro alla liturgia cattolica, ridotta a circo dell’improvvisazione, con l’apertura alla liturgia tridentina, per ribadire la sacralità dell’azione liturgica e la difesa dei principi non negoziabili, hanno caratterizzato i quasi otto anni del suo pontificato. Contestato da una gerarchia ecclesiastica che ormai per larga parte ha abbracciato la fede modernista, cioè di un Cattolicesimo aperto ad ogni novità della società secolarizzata e atea, il fine teologo Ratzinger, ha maturato la convinzione che fosse necessaria una rottura. Nella Sua dichiarazione dell’11 febbraio 2013, dove ha manifestato la volontà di separare il Munus (ufficio Petrino o incarico) dal Ministerium (esercizio del potere), Benedetto XVI afferma che, a causa dell’avanzare dell’età e del venir meno dell’energie necessarie, rinuncia al Ministerium e che il SI al momento dell’elezione (Munus) è un SI per sempre.

Dunque, la Sua non è la rinuncia al Munus, ma solo del Ministerium, tanto da stabilire una data e un orario da quando questo avrà inizio; mentre una dimissione ha inizio ed effetto subito, nel momento che viene pronunciata. Conserverà il titolo Papale di Benedetto XVI, definendosi Papa emerito, gli abiti di pontefice e rimanendo nel recinto di San Pietro. Benedetto XVI è stato osteggiato fin dal primo giorno del suo pontificato dai poteri esterni, ma soprattutto da quel mondo curiale progressista e che aveva cercato da subito, dopo la morte di Giovanni Paolo II, di prendere finalmente il potere al vertice della Chiesa. Il caso Vatilix è stato il campanello di allarme per Benedetto per capire cosa stavano tramando i nemici interni e dove volevano arrivare. Con la declaratio ha servito ai nemici della chiesa cattolica l’illusione di una rinuncia e li ha separati da essa con un falso pontificato del vescovo vestito di bianco profetizzato a Fatima nella visione dei tre Pastorelli. Ma questo non è dato a tutti di poterlo capire, finche la storia di queste pagine non sarà riscritta.

È chiaro che questa rottura segna un cambiamento nel cammino bimillenario della Chiesa Cattolica e che la comunità dei credenti viene saggiata come “oro nel crogiuolo”; l’antichiesa deve emergere a beneficio dei veri credenti fedeli a Cristo. È questa l’ultima grande prova, per la quale deve passare la comunità dei credenti, prima dell’incontro definitivo con il suo Signore (catechismo della chiesa cattolica).

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