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CIDI Ischia, sulle tracce di Pithekoussai

Gianluca Castagna | Lacco Ameno Apertura straordinaria di uno scrigno di tesori custoditi al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Tutti i reperti dell’antico villaggio greco di Punta Chiarito, sul versante sud-occidentale dell’ isola d’Ischia. E ancora anfore, crateri, corredi rinvenuti negli scavi dell’antica colonia ellenica a Lacco Ameno. Una giornata particolare preceduta da oltre 10 anni di chiusura delle sale dedicate all’antico insediamento di Pithecusae e seguita purtroppo da altri giorni di oblio.
Protagonisti di questo viaggio nel tempo avvenuto solo grazie a uno strappo delle solite problematiche che riguardano i poli museali del Belpaese (e alla disponibilità di Paolo Giulierini, direttore del MANN, e della dott.ssa Sanpaolo), i docenti isolani del CIDI Ischia, a conclusione di un ciclo di incontri che hanno avvicinato gli insegnanti alla conoscenza della storia antica dell’isola d’Ischia durante l’epoca greco-romana. Con un’attenzione particolare allo studio della cultura materiale, inteso come espressione delle relazioni culturali e sociali dell’antica Pithekoussai.
Un corso di aggiornamento svoltosi presso la Biblioteca Comunale, promosso dal Centro Studi Isola d’Ischia e tenuto dall’archeologa Mariangela Catuogno. La visita conclusiva al Museo Archeologico ha rappresentato per gli insegnanti non solo un momento di riappropriazione di un patrimonio straordinario e per alcuni aspetti unico al mondo, ma esempio palpabile di una identità culturale fertile e vivificante in un futuro progettuale che dovrebbe riguardare tutto il nostro patrimonio archeologico.
«“Storytelling: raccontare Pithekoussai” è stata un’esperienza interessante e trasversale» conferma Andrea Di Massa, coordinatore Centro d’Iniziativa Democratica degli Insegnanti dell’isola d’Ischia. «Vi hanno partecipato docenti delle elementari e delle superiori, questo significa che certamente c’è un interesse per la storia più remota dell’isola d’Ischia, e il metodo adottato, la narrazione, è stata una delle carte vincenti di questo percorso». «Ci siamo resi conto – continua Di Massa – che esiste una visione superficiale di quello che è stato il nostro passato. Mancano delle pubblicazioni divulgative in questa direzione, esistono solo quelle scientifiche, quindi ci è sembrato interessante proporre agli insegnanti un percorso come questo per stimolarli a utilizzarne il materiale anche nella didattica. In ogni ordine di scuola: non solo gli insegnanti di un liceo, o di discipline umanistiche, sentono il bisogno di conoscere meglio pagine di storia così importanti per la nostra cultura»

«Il seminario ha avuto un carattere divulgativo» spiega la dott.ssa Catuogno. «Si conosce la Coppa di Nestore, il Cratere del Naufragio, ma quale sia stato l’impatto di Pithekussai nell’VIII secolo e quali meccanismi abbia innescato sulle popolazioni italiche, erano temi mai sviscerati compiutamente. Il sacro, le produzioni artigianali, la necropoli, siamo partiti dalla fase greca per una visione completa, diacronica. In questo devo ringraziare Antonino Italiano che mi ha dato carta bianca nell’articolare lo storytelling».
«In realtà di visite ne abbiamo fatte due» precisa la Catuogno. «Una a Villa Arbusto, grazie alla disponibilità dell’assessore Cecilia Prota; l’altra al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, dove Giulierini e la Sanpaolo hanno aperto per noi, in via straordinaria, le sale dedicate a Ischia e agli Scavi di Punta Chiarito. La sezione ospita tutti i materiali preistorici e protostorici della Campania e solo Ischia ha il privilegio di occupare due intere sale. Fruibili fino a 10 anni fa, mentre ora, per carenza di personale, sono chiuse. La riproduzione della capanna di Punta Chiarito è fedelissima, in scala 1:1, si entra praticamente in una capanna dell’VIII secolo avanti Cristo, dove le anfore e gli altri reperti sono posizionati nella stessa posizione in cui sono state scoperti. Per non parlare delle centinaia di reperti straordinari rinvenuti a Mazzola, il quartiere metallurgico sulla collina di Mezzavia. Ritrovamenti importantissimi da un punto di vista archeologico: nel museo Pithecusae a Lacco Ameno, sono esposti solo i crateri che provengono dalla necropoli. Qui abbiamo quelli che provengono da Mazzola, dagli abitati, che quotidianamente venivano usati per il simposio».

Certo, sapere che questo patrimonio di enorme valore sia chiuso nelle stanze napoletane di un museo, pur prestigioso, come il MANN, lascia l’amaro in bocca. E’ immaginabile, prima o poi, una collocazione organica sull’isola d’Ischia?
«Tutti i docenti e le persone che hanno partecipato al seminario se lo sono chiesto» confessa Mariangela Catuogno. «L’ipotesi di un Parco che affianchi percorsi archeologici e area museale non è impossibile. Il Museo di Pithecusae è proprio di fronte a Mazzola. Il problema è di ordine finanziario. Ci vogliono fondi enormi e una burocrazia più snella. Teniamo presente che l’esposizione dei nostri reperti a Napoli è dovuta a una serie di fattori. Quando è stata allestita, nel 1996, il Museo di Villa Arbusto non era ancora aperto. C’era poi la volontà di stimolare i visitatori del Museo napoletano ad approfondire le conoscenze di Pithekussai venendo a Ischia. Quindi una sorta di volano per il turismo archeologico. Esistono anche questioni logistiche di cui tener conto: la capanna di Punta Chiarito è oggi esposta in una sala 15 x 15. A Villa Arbusto non abbiamo uno spazio simile. Qualora si trovassero i fondi, e gli spazi idonei, non credo che la Sovrintendenza verrebbe meno alla possibilità di valorizzare il territorio con tutti i propri reperti. Intanto speriamo che le sale del museo di Napoli dedicate a Pithekussai possano riaprire al pubblico quanto prima».

 

 

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