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La doppia rivincita di Giosi Ferrandino

ISCHIA. L’anno che va in archivio, che si aprì con l’operazione “Narcos” lanciata dalla Polizia di Ischia contro lo spaccio di droga sull’isola, dal punto di vista giudiziario è stato contrassegnato dalla conclusione di numerosi processi “eccellenti”. Parliamo di una serie di vicende che hanno coinvolto, per un tempo più o meno lungo, diversi protagonisti della vita politica e amministrativa dell’isola d’Ischia. Processi che riguardavano presunti reati contro la pubblica amministrazione, ma che si sono tutti conclusi con assoluzioni. Il 2018 si era infatti aperto con la sentenza del Tribunale di Napoli per il processo di presunta corruzione nella metanizzazione dell’isola, dove nel ramo partenopeo dell’inchiesta il principale imputato era Giosi Ferrandino. Un incubo, quello vissuto dall’ex sindaco di Ischia, durato quasi tre anni e condiviso dall’architetto Silvano Arcamone, anche lui assolto “perché il fatto non sussiste”. Nel plumbeo pomeriggio del 16 gennaio, era dunque ricominciato il cammino di Giosi verso la completa riabilitazione anche in seno al Partito Democratico e alla sua successiva ascesa a quel Parlamento Europeo a cui sembrava destinato già quattro anni prima, quando qualcosa non andò come previsto. Un inciampo che fece da preludio all’indagine “Cpl Concordia”, dal nome della cooperativa emiliana che da quel giorno di marzo 2015 tutti abbiamo imparato a conoscere. Tre anni di udienze, testimonianze, dubbi, incertezze, la gogna mediatica e la negativa ribalta nazionale per l’isola stessa, tutto finalmente spazzato via dal verdetto pronunciato dal dottor Francesco Pellecchia, presidente della prima sezione penale del Tribunale di Napoli. L’assoluzione di dodici mesi fa rilanciò dunque la carriera di Giosi, che ad aprile è stato ufficialmente nominato eurodeputato. L’annus mirabilis del neoparlamentare è stato infine coronato con un’altra assoluzione: lo scorso ottobre, infatti, è arrivato un analogo verdetto, con la stessa formula, nel processo per la costruenda Caserma della Guardia Forestale nel Bosco della Maddalena a Casamicciola, e anche in questo caso l’architetto Arcamone ha condiviso le stesse vicissitudini: un processo quasi decennale i cui riflessi a un certo punto assunsero anche rilievo mediatico nazionale, viste le implicazioni di carattere ambientale e le conseguenti proteste politiche che si levarono intorno a una vicenda che si è ben presto aggrovigliata su sé stessa, con conflitti e scarichi di responsabilità tra vari enti della pubblica amministrazione, nel più classico dei guazzabugli all’italiana. Com’è noto, il verdetto sarebbe oscillato tra l’assoluzione, come è poi avvenuto, e la dichiarazione di prescrizione dei reati, visto il tempo trascorso dai fatti contestati, in relazione ai quali la Procura aveva ipotizzato una serie di reati, dall’abuso edilizio a quello paesistico, dalla distruzione di bellezze naturali ad alcune ipotesi di falso ideologico. In sostanza, il 2018 si è aperto e si è chiuso con due assoluzioni per Giosi Ferrandino. In mezzo, come detto, ci sono stati comunque altri processi riguardanti sindaci ed ex sindaci isolani. In particolare, il primo scorcio d’estate era stato dominato dall’attesa per la sentenza sul processo per la cosiddetta “isola ecologica” realizzata nei pressi del quartiere della “167” in zona Pannella, nella parte alta di Lacco Ameno. Anche in questo caso si trattava di una vicenda che affondava le sue radici un decennio addietro: alla sbarra c’era gran parte della classe politica e amministrativa che ha governato il paese del Fungo negli ultimi lustri. Innanzitutto l’attuale sindaco Giacomo Pascale, ma anche Tuta Irace, all’epoca primo cittadino, e poi il consigliere comunale Ciro Calise. Il timore di una eventuale sentenza di condanna, che avrebbe imposto le dimissioni per Pascale, ha sicuramente condizionato i mesi precedenti al verdetto, durante i quali non soltanto si era verificato l’avvicendamento tra Zavota e Miragliuolo sulla poltrona di vicesindaco, ma erano insistentemente girate voci di numerose riunioni “carbonare” volte a delineare un eventuale nuovo scenario politico dopo la possibile “decapitazione” dell’amministrazione in carica. Tuttavia, le incertezze e le possibili manovre politiche ipotizzate sono state spazzate via dalla decisione del giudice Occhiofino, che l’11 luglio ha mandato assolti tutti gli imputati, nonostante le richieste di condanna avanzate dal pubblico ministero per i presunti reati di abuso d’ufficio, truffa, falso e violazione delle norme urbanistiche. Un’assoluzione che ha fatto tirare un grosso sospiro di sollievo agli inquilini della Torre dell’Orologio, ma anche a Tuta Irace, che a sua volta è uscita assolta anche da un altro processo, quello per il dissesto del Comune di Lacco Ameno, nel quale era imputata insieme al suo successore alla guida dell’ente, Carmine Monti, e al dottor Oscar Rumolo (storico dirigente del comune lacchese, imputato e poi assolto anche lui nella vicenda dell’isola ecologica). Un paio di settimane fa è infatti arrivata la decisione della Corte dei Conti in ordine all’accusa di danno erariale per un totale di circa un milione e mezzo di euro, che ha prosciolto i tre ex amministratori da ogni responsabilità per il dissesto finanziario del Comune. E se nel caso di Rumolo il verdetto suona come una parziale rivincita nei confronti dell’attuale amministrazione che da qualche tempo lo ha di fatto un po’ emarginato, per Carmine Monti la sentenza conferisce una nuova spinta in vista dei futuri appuntamenti politici ed elettorali. Insomma, da Giosi a Giacomo passando per Carmine, tutti assolti: la giostra può ricominciare.

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