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Città d’Ischia, da faro dell’isola a modello negativo

Quando il Comune d’Ischia deliberò il cambio del nome in “ Città d’Ischia”aveva evidentemente l’obiettivo di diventare il cuore pulsante dell’isola . Oggi è paradossale che  il declino di questo Comune ,sotto il profilo politico amministrativo, sia coinciso con la reggenza di un Sindaco proveniente dal vicino Comune di Casamicciola. Sembra quasi un tentativo fallito di integrazione e coesione dell’isola d’Ischia. Un avvelenamento e un azzoppamento che, partito dalla periferia dell’isola ( Casamicciola ha una storia lusinghiera, ma anni di disamministrazione l’hanno retrocessa a Comune marginale) si è diffuso al cuore turistico ed economico dell’isola. E c’è una metafora significativa che ne disegna i contorni: il destino dei “ fari”. In vendita quello del Castello Aragonese, in vendita quello di Forio,il destino dei fari sembra segnato. Nessuno è più in grado di illuminare e guidare alcuno. Città d’Ischia non è avanguardia dei 6 Comuni, anche se ha uno staff di funzionari e dirigenti capaci e competenti. I segnali inequivocabili del declino? L’insuccesso del cambio generazionale della classe amministrativa. Falliti i giovani, ritornano i vecchi. Alcuni degli assessori e consiglieri attuali sedevano, assieme a me ( che stavo all’opposizione) nei Consigli di 40 anni fa! Altro segnale dell’involuzione è il pantano in cui si muove la Giunta comunale ( appena rinnovata) tra dimissioni a catena e,soprattutto, nelle modalità di selezione dei sostituti . Il Sindaco dovrebbe scegliere gli assessori secondo criteri di libera scelta, in base alle competenze tecniche, alle qualità morali e alla capacità ( si direbbe oggi) di “ problem solving”. Invece, cosa succede? Le camarille, le correnti, i gruppi di pressione, ( chiamateli come volete) dettano i nominativi da incasellare in giunta. E’ normale? E’ giusto? Se pure fosse giusto e normale, una cosa è certa: non è dignitoso per chi, scelto in tal modo, rinuncia alla propria autonomia, per essere l’assessore di appartenenza a Tizio o Caio. Si è affiliati ad un capo corrente, ad un gruppetto detentore di un pacchetto di voti, come se l’elettorato, nel delegare qualcuno, lo autorizzasse anche a crearsi una squadretta di fedelissimi.

 

F.B.

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