LE OPINIONI

«Caffè Scorretto» «Riesumiamo le idee e rendiamole contagiose»

Se le cose stanno così, mi chiedo, come si può pretendere che i governi locali pensino al futuro sin da adesso, elaborino e agiscano attraverso atti concreti per il “bene” dell’isola intera? Davvero i sindaci dei sei comuni non sono – stati ancora – capaci di realizzare un contenitore-aggregatore d’idee da perseguire, realizzare, generato da quelle che sicuramente sono parole abusate tipo “cabina di regia inter comunale” o “tavolo comune di lavoro”, “sinergia” e tutti i sinonimi che hanno la medesima finalità di questa parte di universo? Neppure in un momento come questo in cui la coesione territoriale ed economica (più volte evidenziata da Giuseppe Mazzella, da Mizar e Franco Borgogna e altri) dovrebbe essere messa al centro e fare, a sua volta, da propulsore? Forse la risposta si trova in un luogo non fisico, magari virtuale o solo pensato, un luogo immaginario, irreale, astratto.

Nostalgico e triste, che forse non è mai esistito e mai esisterà in modo pieno e che si nutre di elucubrazioni come questa. Le ragioni? L’ignavia forse, o la lentezza nell’accorgersi e interpretare le esigenze di poco più di 65 mila abitanti, le nostre esigenze legate alle esigenze internazionali. E ricadono tutte, tanto per sottolinearlo, in temi di fondamentale importanza: economia, rilancio del turismo, disabilità, mobilità, trasporti e via discorrendo. I motivi, insomma, possono essere sicuramente tanti, molti. Complice inconsapevole della mancata realizzazione di questo “sogno” che stenta ad assumere la dignità e le facoltà operative prodotte dal confronto, la “stampa locale” che – va rilevato – ha perso gran parte delle sue capacità di stimolare, pungolare, criticare quando è il caso e (in)formare o di accendere un riflettore sui problemi nuovi da affrontare. Sfide che forse non hanno lo stesso interesse rispetto a quelle trattate abitualmente ma comunque importanti. Tutti attributi che si fondano sull’autorevolezza di quello che, una volta, era il suo ruolo primario ampiamente riconosciuto e che oggi, in qualche caso, va a traino di una superficialità diffusa. Dopo un’estate trascorsa a non fare niente, insomma, – cosa che già nel periodo precedente, quello post lockdown, era ampiamente prevedibile -, a non programmare nulla di fronte alla notizia che in autunno sarebbe arrivata una seconda ondata, adesso ci troviamo nella stessa posizione di prima e nell’imminenza di una serrata generale alle porte.

Siamo di fronte all’ennesima minaccia di “coprifuoco”, con le attività commerciali chiuse, senza pianificazione (magari singolarmente ogni sindaco, ci auguriamo, ne ha una) e privi di una prospettiva su come e che cosa fare, quando e perché avviare un nuovo ciclo e iniziare lentamente la modifica del paradigma isolano, attrarre investimenti e riprendere l’economia per i capelli. Magari ci potrebbe tornare utile l’aiuto di un CTS (Comitato Tecnico Scientifico) di matrice locale. Certo, è chiaro, il periodo d’incertezza non dipende dai governi isolani, ci mancherebbe. Anzi, nella gran parte dei casi molti comuni, singolarmente, fanno il proprio dovere benché la loro attenzione si rivolga esclusivamente all’ordinario. Appunto, singolarmente ognuno è “padrone a casa propria”. Il danno è che gli amministratori, chi più chi meno, sono mossi dall’idea, in certi casi si tratta di convinzione radicale, che la casa sia limitata al proprio comune. Non c’è, infatti, nella pratica, da parte dei nostri rappresentanti uno straccio di visione unitaria, una cartina su quali livelli e temi intervenire, un dialogo forte, impetuoso, preciso. Insieme. Si comportano allo stesso modo, fatta eccezione per qualche timido spiraglio di luce in questa miopia desertica, come se ogni pezzo di quest’isola fosse uno “stato” a parte rispetto agli altri. Come se il mondo e i problemi che ci riguardano terminassero sul confine di questa o quella giurisdizione comunale. Non voglio parlare di fusione tra comuni, da molti conosciuta sotto la sigla di “comune unico”.

Che in certi casi, partendo da questo ragionamento, potrebbe apparire la soluzione di sicuro non totale e totalizzante, ma una soluzione. Voglio accennare, invece, all’immobilismo che ogni livello amministrativo rappresenta a dovere e, oserei dire, a sua immagine e somiglianza. A quella mancanza di tensione, in alcuni casi forzata, in grado di trascendere le singole porzioni e le posizioni di sindaci, giunte e Consigli Comunali, le simpatie e le antipatie tra un Tizio e Caio e, dopo aver abbandonato le ideologie personali – in qualche caso egoistiche – secondo le quali anche un comune deve essere in perenne competizione con gli altri, assumere lo stesso “punto strategico” di partenza. Per la costruzione di un baluardo “isolano”, una scatola non vuota o amorfa e inanimata, ampiamente inutile, con lo scopo di suggerire e indicare alle amministrazioni la maniera di difendere gli interessi isolani nel Golfo di Napoli, nella Città Metropolitana e in Regione Campania; e per Ischia. Continua a mancarci un luogo in cui le idee possano essere contagiose per favorire e rilanciare l’isola in ogni settore, da quello strettamente locale e localizzato fino alla programmazione di attività e piani dai risvolti internazionali e attrarre attenzioni della stessa fattura. Portare a termine azioni, insomma, e una direzione capace di allontanarsi dalla visione limitata per produrre risultati collettivi. Ecco, ci manca un momento di riflessione profonda in questo senso. Ci manca la possibilità di un rilancio generalizzato di fronte alle nuove sfide che ci aspettano. Ecco, per l’appunto: ci aspettano. Come “aspetta” di vedere la luce, il “Patto per lo sviluppo economico e strategico dell’isola di Ischia” voluto dall’allora commissario dell’Azienda di Cura e Soggiorno, Mimmo Barra, che nel 2015 pensò che “lavorare insieme” sarebbe potuto essere lo strumento migliore per Ischia.

Pagina Fb Caffè Scorretto di Graziano Petrucci

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