CRONACA

Porto d’armi negato al gioielliere, il Tar accoglie il ricorso

La decisione adottata dai giudici della V Sezione, nel mirino del ricorrente erano finiti Ufficio Territoriale di Governo e Ministero dell’Interno. E la Prefettura dovrà pagare anche 1.000 euro

I giudici della Quinta Sezione del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania di Napoli hanno accolto il ricorso proposto da un gioielliere isolano contro l’Ufficio Territoriale del Governo Napoli, Ministero dell’Interno per l’annullamento del provvedimento di rigetto dell’istanza di rinnovo della licenza di porto d’arma corta per la difesa personale. Per questo la Prefettura di Napoli è stata anche condannata al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese di lite liquidate in mille euro oltre accessori di legge. Il gioielliere ischitano ha domandato, con l’istanza presentata il 5 giugno 2020, alla Prefettura di Napoli, il rinnovo del porto d’armi detenuto dall’anno 2013 senza essere mai incorso in nessun abuso.

Il rinnovo è stato domandato sulla base sia dell’attività che il ricorrente continua a svolgere come titolare di una gioielleria situata nel comune isolano di Ischia, con la conseguente necessità di approvvigionarsi personalmente presso orafi aventi sede a Napoli, sia delle modalità di esercizio di tale attività, strettamente correlate alla vocazione turistica della località sede del suo esercizio commerciale. La Prefetture di Napoli ha denegato il richiesto rinnovo con il decreto notificato in data 23 agosto 2021 e, come si legge in sentenza, “dalla lettura del provvedimento impugnato non emerge che l’Amministrazione abbia compiuto una esauriente valutazione né della affidabilità del ricorrente, che detiene il porto d’armi dall’anno 2013 anni senza rilievi, né dei pericoli prospettati cui il ricorrente può incorrere in ragione della sua attività commerciale legittimamente svolta, come peraltro concretamente verificatosi e documentato mediante il deposito della denuncia presentata dal ricorrente ed avente ad oggetto il tentativo di rapina recentemente subito nell’anno 2020”.

Secondo i giudici “il provvedimento non appare esaurientemente motivato alla luce delle osservazioni svolte dall’interessato e dell’evidente esposizione a pericolo del ricorrente in ragione sia dei suoi viaggi per acquistare i preziosi dai fornitori, sia delle peculiari modalità di svolgimento della sua attività che, avendo sede in una nota località turistica, impone orari di apertura prolungati nonché la chiusura allorquando gli sportelli bancari non sono, di regola, operativi”. Il provvedimento di diniego di rinnovo “appare al Collegio generica e non coerentemente calibrata sulle peculiarità del caso concreto”. Il provvedimento impugnato “si limita ad effettuare un generico riferimento, da un lato, alla pur sempre possibile attivazione di sistemi di pagamento dematerializzati, non del tutto conferente in ragione della particolarità dell’oggetto e delle concrete modalità proprie dell’attività svolta dal ricorrente, e, dall’altro, alla riduzione del tasso di criminalità nell’area metropolitana complessivamente considerata senza alcun congruente e specifico riferimento a quella in cui è ubicato l’esercizio commerciale di cui il ricorrente è titolare”. I giudici amministrativi, quindi, hanno sostenuto come “il provvedimento appare viziato sotto il profilo del difetto di motivazione e di istruttoria”. Per questo il ricorso è stato accolto e, per effetto, annullato l’atto impugnato.

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