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Ischia resiliente e sostenibile, per una ricostruzione ecologica di Casamicciola

ISCHIA. Pensare alla ricostruzione del Maio, colpito dal sisma, con edifici che siano non solo sicuri, ma anche ad impatto zero sull’ambiente. Nel contempo, però, ripensare anche all’emergenza abitativa post-sisma, rimanendo sempre nell’ottica dell’ecososostenibilità. È stato questo il tema del workshop “Ischia, Resiliente e sostenibile”, tenutosi lunedì pomeriggio presso l’hotel Oriente di Ischia, ed organizzazione grazie alla sinergia tra l’associazione P.I.D.A – premio internazionale Ischia di architettura – il Network edifici consumo zero e Alfagamma energie rinnovabili. Un workshop che ha visto professionisti del settore illustrare alla cittadinanza, la possibilità di rendere concreti sul territorio isolano progetti architettonici ad emissioni zero, sulla scia di quanto già realizzato in altre realtà europee e di quanto dovrà essere attuato entro la fine del prossimo triennio. Una direttiva dell’Unione Europea – la 31/2010/CE- ha infatti stabilito che a partire dal 2021 tutti gli edifici, sia pubblici che privati, di nuova costruzione dovranno essere elevati a standard di elevata efficienza energetica: i cosiddetti Zeb – zero Energy building- in grado, cioè di produrre da sé energia utile al proprio funzionamento, sfruttando fonti di energia rinnovabili, quali quella del sole, del vento e quella geotermica. In verità, già a partire dalla fine di quest’anno, la direttiva UE sarà obbligatoria almeno per le pubbliche amministrazioni che potranno usufruire di finanziamenti europee per trasformare edifici già esistenti in strutture ad impatto zero al fine di migliorare l’ambiente circostante, e la qualità della vita dei cittadini in termini anche di costi energetici. Proprio per questo motivo, da qualche anno, sul territorio nazionale è nato Network Edifici Consumo Zero, associazione – presieduta dall’ingegnere Francesco Paolo La Macchia – che, operante non solo sul territorio italiano ma anche a livello europeo, si preoccupa di contribuire, attraverso la realizzazione di edifici a basso consumo energetico, al raggiungimento degli obiettivi delle strategie europee in termini di clima e sostenibilità. Obiettivi questi, già in parte raggiunti non solo in altri paesi d’Europa, ma anche in alcune zone di Italia dove recentemente hanno fatto copolino i primi edifici ad impazzo zero, realizzati grazie anche all’uso di particolari tecnologie e metodologie d’avanguardia – come la BIM- che consentono non solo di avere una rappresentazione digitale delle caratteristiche fisiche e funzionali di un immobile, ma anche di condividere conoscenze ed informazioni sull’edificio stesso, andando a fornire una solida base per qualunque decisione da prendere durante tutto il ciclo di vita della struttura d’interesse.
Grazie a queste metodologie, dunque, gli edifici ecosostenibili si prestano anche ad essere molto più sicuri delle normali strutture architettoniche. Motivo questo per il quale già in alcune aree terremotate di italia, la ricostruzione si è basata proprio sugli e ZEB «Un esempio – ha spiegato l’ingegnere Benetto Manna del Network Nazionale edifici a consumo zero – è quanto fatto all’Aquila dopo il sisma del 2009, dove gli edifici delle aree colpite dal terremoto, sono stati ricostruiti con materiali in legno capaci di sfruttare l’energia solare». Sempre all’Aquila, inoltre, alcuni anni fa, proprio in vista degli interventi di riqualificazione post sisma, il Consiglio Comunale ha approvato un regolamento inerente norme di attuazione del piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell’energia e dello sviluppo delle fonti rinnovabili. Un’iniziativa questa, insomma, che potrebbe essere presa in considerazione anche dall’amministrazione di Casamicciola in virtù di una possibile ricostruzione della zona colpita dal sisma.
Resilienza ed eco sostenibilità possono dunque andare di pari passo, non solo nella costruzione ex nove di edifici antisismici ma anche nel rinforzo strutturale di quelli già esistenti. «Gran parte del patrimonio edilizio italiano – ha spiegato l’ingegnere La Macchia- è purtroppo poco resiliente alle scosse sismiche. Questo perché il 70% delle abitazioni risale a circa 50 anni fa e all’epoca si costruiva senza criteri o permessi che oggi sono invece necessari e riconosciuti dalla legge. Per ovviare ad eventuali danni post sisma bisogna quindi trovare delle strategie ad hoc. In primo luogo dando alle strutture esistenti le caratteristiche per resistere ai terremoti. Generalmente per rinforzare gli edifici già esistenti, soprattutto quelli storici, sono utilizzati alcuni sistemi, come quello cam, in maglie in acciaio, quello in fibre di carbonio, ma non solo. Ci sono anche, infatti ditte che utilizzano materiali cementizi poco resinosi a basso impatto ambientale».
Tuttavia, secondo quanto emerso dal workshop,per l’isola oggi più sarebbe indispensabile valutare la realizzazione di strutture ad impatto zero, in aree ad hoc che possano rappresentare una soluzione abitativa, in via temporanea, per tutti quegli sfollati che, ad un anno dal terremoto, sono ancora privi di una casa in cui poter tornare. «È necessario – ha incalzato La Macchia – individuare un’area dove poter installare abitazione temporanee. Un ‘area che potrebbe essere localizzata sul mare dove potrebbe essere installare una struttura galleggiante, come l’offshore eolico realizzato in Giappone – con alloggi in legno o acciaio, magari anche smontabili, dotati di tutti i comfort».«Ovviamente – ha proseguito il presidente del Network edifici consumi zero – queste strutture devono essere autosufficienti e per renderle tali bisognerebbe fare in modo che possano sfruttare l’energia solare con impianti fotovoltaici». Uno spunto, insomma, quello fornito dai professionisti del workshop, alternativo e d’avanguardia e che anche se solo a raccontarlo potrebbe sembrare un utopia,in fondo – se si prende ad esempio quanto già fatto in altre parti d’Italia e d’Europa, non è poi del tutto irrealizzabile. «Questo – ha concluso la Macchia – è quello che intendo quando parlo di sostenibilità e resilienza».

Sara Mattera

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