LE OPINIONI

IL COMMENTO Perché il medico di base diventa un miraggio

DI ANNA DI MEGLIO COPERTINO

La “base” del sistema sanitario pubblico italiano si assottiglia, si logora e non regge più. Fra le varie  difficoltà e carenze che il mondo della Sanità fa registrare esiste l’emergenza rappresentata dalla sempre più ristretta fascia di unità di professionisti che formano la rete della medicina generale. Un tema spinoso e particolarmente vicino all’utenza, soprattutto quella dei ceti medio-bassi, per i quali il medico, non a caso detto “di famiglia”, significa non solo il primo e immediato presidio raggiungibile, ma anche la persona di fiducia, l’incarnazione della anamnesi individuale e davvero una emanazione del nucleo familiare. Il ridursi del numero dei medici di base crea disagi seri alla popolazione, impedisce spesso la prevenzione, intasa i pronto soccorso. L’emergenza Covid ha fatto scoppiare la fragile bolla di tale presidio, e critiche e denunce son divenute di pubblico dominio. Le lamentele, l’impotenza, i timori degli utenti, spesso lasciati soli con le proprie domande, i propri mali e i propri dubbi, danno luogo a sfoghi quotidiani. Medici anziani, che vanno in pensione, per lo più non sostituiti, i pochi rimasti, affogati in pratiche burocratiche, incombenze, stress. Mentre il mare di pazienti mormora cupe invettive contro il lido inerte del dato di fatto, anche la schiera dei sanitari lamenta, dal canto proprio, l’onta di incomprensioni e infondate recriminazioni. 

Raccolgo le amare parole di due di essi. Al primo domando: Sul territorio isolano quali sono le cifre critiche? “37 medici di base per l’intera popolazione; di questi, appena 5 al di sotto dei 60 anni. I dati si commentano da soli”. E ancora: Certa stampa, che accusate di faziosità, sostiene che siete tenuti a orari risibili di lavoro (3 ore al giorno), a fronte di introiti elevatissimi. Mi risponde di getto: “Innanzitutto le tre ore rappresentano solo l’orario minimo di ambulatorio, da svolgersi 5 giorni a settimana da parte di un medico con 1500 assistiti, ma non comprendono nessuno dei tanti altri aspetti lavorativi del MMG;  circa gli introiti, poi, le spese e gli oneri fiscali sono molto elevati. Ma per  me ciò che va rimarcato non è tanto il problema degli stipendi, di cui le tasse e le spese mangiano la maggior parte, essendo tutte le spese (fitto studio, utenze, rifiuti speciali, assicurazioni varie, gestionali, materiale sanitario, pulizie,  ecc ecc.) a carico del medico; quanto quello delle ore realmente dedicate al lavoro,  tra studio, visite domiciliari, contatti telefonici, computer, whatsapp, riunioni Asl e non, formazione (che per noi non è inclusa nell’orario di lavoro), e il  non avere praticamente diritto a malattie e ferie (perché in realtà è così). Il mio lavoro e la mia disponibilità/ reperibilità telefonica di fatto sono di almeno 12 ore al giorno. SOTTOLINEO ALMENO, perché  a volte si arriva oltre. Il problema è che molto di questo lavoro le persone  non lo vedono, ma esiste. Se sul mio cellulare è presente una media giornaliera su base settimanale di uso telefono/whatsapp di 5 e oltre ore al giorno  (considerando quindi anche sabato e domenica!), significa che già per oltre 5 ore al giorno io sono impegnato a rispondere al telefono o a vedere e rispondere ai whatsapp dei pazienti. E le ore passate ogni giorno al computer per ricette, certificazioni, report e altro, al di fuori dell’orario di studio? Se  il  MMG, come me,  ottempera effettivamente a tutte le mansioni e tutti gli obblighi che il sindacato maggioritario è stato capace di scaricare sulle nostre spalle, arriva tranquillamente a lavorare 12 ore al giorno. È questo il vero concetto che bisogna ribadire, smentendo l’ ignobile falsità delle tre ore di studio quotidiane, che è stata usata per la prima volta da Letizia Moratti, allora assessore alla sanità della regione Lombardia, per screditare tutta la medicina generale, nell’ottica di dimostrare che essa è  costosa e inefficiente, per poterla sostituire con una soluzione sanitaria di tipo aziendale, privata, in mano ai grandi gruppi economici. In Lombardia esistono già le cooperative di medicina generale, continuità assistenziale, guardia medica e addirittura i pronto soccorso dove le prestazioni si pagano… Noi MMG che siamo dentro la medicina generale da anni, ci siamo abituati a carichi di lavoro da muli. Ma i giovani che escono ora dall’università, osservando tutto ciò dall’esterno, colgono la vera evidenza: la nostra  è una vita lavorativa che non vale la pena di fare. Questo è il vero motivo per cui essi non si iscrivono al corso di medicina generale; lo abbandonano durante il percorso, per passare alle scuole di specializzazione; persino dopo averlo compiuto,  spesso si iscrivono a tali scuole; e quando qualcuno, alla fine,  intraprende la medicina generale, a volte si dimette. Noi  medici di medicina generale siamo come i pesci rossi nella boccia di vetro, e spesso non ci rendiamo conto della nostra situazione. Chi ci osserva dall’esterno, capisce che siamo prigionieri della boccia. Noi, purtroppo, no”.

Mentre il primo professionista tace con espressione severa e sgomenta al tempo stesso, sul viso la stanchezza lasciatagli da un lavoro svolto indefessamente, senza risparmiarsi e senza riuscire  a godere praticamente di una vita privata e nemmeno di una certa qual comprensione moralmente riparatoria, l’altro collega interviene con uno spunto ironico e una domanda retorica, che giriamo ai lettori, ma soprattutto ai responsabili di tale sistema capestro e di una interpretazione falsata della realtà: “Mi piacerebbe che chi pubblichi interviste sull’argomento, sottolineasse un punto. È la Legge di Mercato che evidenzia le Verità. Se la Medicina di base fosse davvero ben retribuita e vi si lavorasse poco, quando vengono pubblicate 438 zone carenti in Regione Lombardia,  mi aspetterei ovviamente richieste da parte di almeno 2000 MEDICI (penso ai tanto compianti colleghi del P.S., del 118, dei distretti, di tutta la Medicina Territoriale), ansiosi di partecipare in massa alle assegnazioni. Quando poi constato che ne sono state coperte solo 48, per logica sottolineerei al giornalista di turno che forse tale comparto non è così ambìto, che i colleghi del P.S. ecc. preferiscono lamentarsi,  ma poi in realtà restano dove stanno. Chiederei io a quel punto spiegazioni logiche all’intervistatore… Perché tutti i colleghi medici presenti sui distretti non passano alla medicina  di base lasciando spazio a degli amministrativi?”. Già, come mai?

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