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Concussione ad Ischia, ora obiettivo Riesame

ISCHIA – Si sono svolti ieri mattina a Napoli dinanzi al gip gli interrogatori di garanzia del sottufficiale della Guardia Costiera, Vanni Ferrandino, e di Antonello D’Abundo, entrambi ristretti agli arresti domiciliari da lunedì scorso dopo essere stati raggiunti da un’ordinanza di custodia cautelare della Procura della Repubblica di Napoli con l’accusa di concussione. Come ampiamente previsto alla vigilia, entrambi gli indagati hanno deciso di optare per il confronto e dunque di non avvalersi della facoltà di non rispondere. Nello specifico, per la verità, alla vigilia qualche dubbio a riguardo poteva esistere solo relativamente a D’Abundo, la cui strategia non era ancora abbastanza chiara. Nel caso di Ferrandino, invece, l’aver proclamato la sua assoluta estraneità ai fatti e la certezza di poter chiarire la sua posizione dinanzi all’autorità giudiziaria – espressa tramite il suo legale di fiducia nel giorno stesso dell’arresto – avevano già lasciato presagire che il sottufficiale non avrebbe optato per la strada del silenzio. Insomma, il confronto c’è stato e pure serrato e non a caso gli interrogatori (prima Ferrandino, poi D’Abundo), iniziati intorno a mezzogiorno, sono terminati a metà pomeriggio.

I riflettori, ovviamente, erano concentrati tutti su Vanni Ferrandino, difeso dall’avv. Bruno Molinaro, che ha voluto rimarcare una serie di fatti e circostanze. In primis, un ruolo fondamentale lo hanno rivestito le due vacanze che l’esponente dell’ufficio circondariale marittimo di Ischia avrebbe ricevuto come “regalo” dall’imprenditore Ciro Castiglione, proprietario della catena alberghiera Casthotels, e che sarebbero state una sorta di utilità che lo stesso gli avrebbe erogato per garantirsi maggiore sicurezza e tranquillità in caso di eventuali ed ulteriori controlli da parte della Guardia Costiera su disposizione della Procura della Repubblica. Ma attenzione, su questo punto il sottufficiale ha ribattuto, spiegando che non ha mai ricevuto un soggiorno a titolo gratuito da nessuno e di poter dimostrare che quelle vacanze le ha regolarmente pagate. E questo sarebbe documentato da due prelievi bancari che sarebbero stati effettuati in periodi diversi del 2014 e del 2015. Nulla trapela relativamente ai contenuti degli interrogatori, ma da alcune indiscrezioni sembra che Ferrandino abbia anche spiegato agli inquirenti che in un caso l’importo totale prelevato era leggermente inferiore a quello pattuito, semplicemente perché pare avesse vinto una bolletta e dunque si trovasse in tasca la differenza avendola appena incassata. Ma c’è dell’altro, sembrerebbe che però Vanni Ferrandino abbia spiegato al giudice che lui quella somma di denaro non l’abbia consegnata a Ciro Castiglione ma all’altro indagato, ossia Antonello D’Abundo. Eventuali ed altri ulteriori dettagli, almeno per adesso, non sono emersi ma certamente il dettaglio appena esposto – significativo o meno che possa essere – meritava di essere sottolineato. Non solo, l’indagato si è detto sicuro che anche dall’esame dei dispositivi elettronici rinvenuti presso la sua abitazione, quali computer, telefoni cellulari ecc., potranno emergere una serie di ulteriori elementi a suo discarico. Vanni Ferrandino avrebbe navigato a lungo su internet cercando delle offerte convenienti per un soggiorno in Puglia da effettuarsi con la sua famiglia ed è convinto che l’esame approfondito delle apparecchiature elettroniche non potrà che fare altro che confermare quanto ha dichiarato ai magistrati.

In conclusione, secondo quanto si è appreso, il sottufficiale della guardia costiera avrebbe risposto a tutte le domande che gli sono state rivolte, fornendo la massima collaborazione possibile e fornendo anche su altre circostanze ed addebiti che gli venivano mossi una serie di elementi di prova documentale a suo avviso “importanti” e determinanti. Una circostanza questa, confermata anche dall’avv. Bruno Molinaro, che ovviamente considerata la segretezza dell’interrogatori non può sbilanciarsi sui contenuti dello stesso ma si limita a riferire che “in sintesi il mio assistito ha processato con forza la sua innocenza e l’assoluta correttezza dell’attività svolta anche quale ufficiale di polizia giudiziaria. D’altronde, i sequestri delle strutture lo testimoniano con solare evidenza, così come le dichiarazioni dello stesso albergatore che ha riferito agli inquirenti di non aver mai subito abusi di autorità”. E’ convinto che i fatti si chiariranno ma, aggiunge “ovviamente una simile operazione richiede i necessari tempi tecnici ma il tempo è … galantuomo, come lo è, per la sua storia personale e professionale, lo stesso Ferrandino”.

Molinaro si sofferma poi anche su un altro aspetto: “Si è, poi, appreso dai giornali che gli inquirenti avrebbero organizzato una vera e propria ‘trappola’ per incastrare il Ferrandino.
Se le cose stanno così, è innegabile che i risultati di tale attività non siano processualmente utilizzabili in quanto la Corte Europea, le cui statuizioni in materia sono vincolanti anche per i giudici italiani, ha ripetutamente affermato che, in tal caso, ‘deve ritenersi violata la clausola del processo equo di cui all’art. 6 della CEDU’. È noto, peraltro, che la legge italiana riconosce la possibilità, sin dal 1990, di far ricorso alla figura dell’agente provocatore (poliziotto o privato cittadino) solo per indagini riguardanti la criminalità organizzata e nell’ambito del contrasto al traffico di stupefacenti, al terrorismo e al mercato illegale delle armi. Analoga possibilità non è affatto prevista per le indagini riguardanti i reati contro la pubblica amministrazione. Lo conferma il fatto che lo stesso Consiglio Superiore della Magistratura, in una relazione di studio trasmessa alla Commissione per la riforma della giustizia, ed ancor più di recente anche il Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione Raffaele Cantone, con propria proposta al Governo, hanno espressamente chiesto di estendere la previsione anche alle indagini su quei reati, ai quali il Ferrandino è, comunque, estraneo”. Insomma, secondo il legale dunque parte delle risultanze dell’attività investigativa potrebbe finire col non avere valenza e non poter essere utilizzata in una eventuale fase processuale.

Ma proprio questo passaggio ci dà la possibilità di ritornare su un altro aspetto decisamente significativo, quello della trappola. Secondo quanto si apprende, infatti, Vanni Ferrandino avrebbe risposto al magistrato anche relativamente alla circostanza secondo la quale avrebbe informato l’albergatore di un imminente controllo nei suoi confronti e nell’aver accettato l’ormai famoso incontro svoltosi ad Ischia in località Fondobosso. Il sottufficiale ha spiegato che lui a quell’appuntamento si recò con un atteggiamento di “captatio benevolentiae” nei confronti di Ciro Castiglione, con il dichiarato intento cioè – a suo dire – di carpirgli informazioni utili in vista del controllo che si sarebbe svolto il 9 dicembre su disposizione della Procura della Repubblica. Questo perché, come ha ricordato lo stesso indagato, in occasione del primo sequestro di una delle strutture di proprietà della Casthotels, non fu fatta riscontrare la presenza di alcune fangaie e non a caso questo particolare, dopo l’iniziale dissequestro disposto dall’autorità giudiziaria, portò ad un nuovo provvedimento a carico dell’albergo e del suo legale rappresentante. Ferrandino dunque avrebbe spiegato ai suoi interlocutori che in realtà l’atteggiamento “morbido” avuto con Castiglione era dovuto esclusivamente alla sua volontà di carpire informazioni utili al successivo sopralluogo nel quale sarebbe stato in ogni caso inflessibile. Al termine dell’interrogatorio si è appreso che il suo legale che non ha presentato istanza di scarcerazione.

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Dinanzi al gip Montefusco ed ai pubblici ministeri Di Dona e Cannavale si è poi presentato anche Antonello D’Abundo, rappresentato dagli avvocati Stefano Pettorino e Luigi Tuccillo. L’ex assicuratore ha parimenti respinto ogni addebito, negando con forza di essere stato coinvolto in alcun episodio di concussione, ma rispondendo a tutte le domande che gli sono state poste, accettando il confronto senza sottrarsi allo stesso. Anche in questo caso riservo assoluto sui contenuti dell’interrogatorio, dai quali però sarebbe trapelato soltanto un dettaglio, quello che cioè D’Abundo avrebbe ammesso ai magistrati di aver ricevuto una somma di denaro da parte di Vanni Ferrandino che avrebbe di fatto dovuto rappresentare il corrispettivo per le due vacanze che il sottufficiale ha trascorso a Marina di Castellaneta con i suoi cari. Ma ulteriori dettagli, per adesso, non emergono. Per D’Abundo, in ogni caso, gli avvocati hanno presentato istanza di scarcerazione o comunque di una misura meno afflittiva degli arresti domiciliari, quale ad esempio l’obbligo di firma. Ovviamente il gip si riserverà la sua decisione ma intanto nel pomeriggio di ieri è arrivata un’altra importante notizia, relativa al secondo round di questa partita giudiziaria. L’appuntamento dinanzi ai giudici del Tribunale del Riesame è fissato per il prossimo 20 aprile, dinanzi alla X Sezione. Quello, presumibilmente, sarà il primo crocevia cruciale di questa vicenda che promette di scrivere ancora parecchi capitoli.

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