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Condoni e ricostruzione, a rapporto dal Commissario

Dopo le risposte fornite nei giorni scorsi ai quesiti sulle procedure, stamane a Napoli l’incontro tra Schilardi e i tecnici

Stamane a Napoli, presso gli uffici di via Marina a Palazzo Armieri, è in programma un incontro tra i tecnici comunali e gli uomini della struttura commissariale guidata dall’ex prefetto Schilardi. Dopo l’invio delle risposte ai quesiti posti nei giorni scorsi circa procedure da adottare nell’affrontare le istanze di sanatoria, snodo cruciale per la fase di ricostruzione “pesante”, il Commissario ha dato la propria disponibilità a un incontro di persona dove poter chiarire eventuali altri dubbi del personale chiamato a dipanare la massa delle pratiche. Tra i quesiti, che illustrammo due giorni fa su queste colonne, vi era anche quello per cui i tecnici si chiedevano se, vista l’esclusiva applicazione delle disposizioni di cui al Capo IV e V della Legge 47/85, le istanze (presentante ai sensi delle sole leggi 47/85 – 724/94) possono comunque essere definite secondo le procedure dettate dall’art.9 comma 2 L. R. Campania n.10/04 (così come fatte proprie con D.G.C. n.67/2016), legge derivata dall’applicazione di quanto disposto dal comma 33 art.32 L.326/03, e nell’ipotesi affermativa come si procederà per la  definizione delle istanze presentate ai sensi dell’art.32 L.326/2003. Ci si chiedeva in sostanza se esse si definiranno secondo quanto disposto dall’articolo 35 L.47/85. Il commissario rispose che per la definizione delle procedure va tenuto conto della Circolare 30 luglio 1985 n. 3357/25 adottata dal Ministero dei Lavori Pubblici in attuazione della 47/85 e di ogni altro chiarimento fornito al riguardo dallo stesso Ministero, ma sempre in attuazione della citata 47/85, che secondo l’articolo 25 comma 1 del dl 109/2018 è l’unico riferimento utile.

La circolare in questione, richiamata da Schilardi, nel primo paragrafo spiega che «la normativa in materia di recupero degli insediamenti abusivi è intesa a dare un contenuto urbanistico alla sanatoria, quando si manifesti non in singoli episodi costruttivi, ma nella forma di agglomerati edilizi più o meno estesi. L’articolo 29 costituisce una norma cornice per l’attività legislativa delle regioni che vorranno disciplinare la formazione delle varianti di recupero; ma, è insieme, dispositiva per i comuni che riterranno di provvedere in assenza di normativa regionale.  La legge non stabilisce quali agglomerati debbano intendersi “insediamenti” ai fini del recupero: e pertanto, spetterà alle regioni o ai comuni individuare quali raggruppamenti di edifici debbano essere considerati “insediamenti” e sottoposti alla disciplina dettata dall’art.29.  E’ possibile che nell’ambito degli agglomerati edilizi da sottoporre a variante di recupero esistano edifici realizzati dopo la data del 1° ottobre 1983 stabilita dalla legge, in via generale, quale termine entro il quale le opere debbono essere ultimate per poter ottenere la sanatoria». Tuttavia, la circolare spiega che «questa circostanza non comporta l’inammissibilità della formazione della variante di recupero che, per il suo carattere urbanistico, deve essere riferita ad una zona tale per estensione, da consentire una idonea progettazione dello strumento di pianificazione; fermo restando che le opere realizzate abusivamente dopo il 1° ottobre 1983 non potranno conseguire la concessione in sanatoria.  Ai fini di una adeguata dotazione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria, le varianti potranno prevedere l’utilizzazione di spazi sia interni sia esterni all’insediamento, anche attraverso demolizioni, espropriazioni e diverse utilizzazioni delle costruzioni esistenti; come si evince anche dagli artt. 29, 30 e 32, lettera b) della legge». Il documento ricorda anche che «gli insediamenti abusivi realizzati su aree soggette a vincolo di inedificabilità – e pertanto non suscettibili di sanatoria, secondo il disposto dell’art.33 – non possono essere oggetto di varianti di recupero». Infine, per quanto riguarda gli insediamenti ricadenti in zona sismica, come nel caso della nostra isola, la circolare conclude affermando che «deve rilevarsi che le regioni non possono stabilire criteri di recupero in contrasto con le disposizioni statali in materia».

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