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Casamicciola, grazie alla Corte Costituzionale prescritto reato paesaggistico

di Francesco Ferrandino

ISCHIA – Si cominciano a sentire anche sulla nostra isola gli effetti della sentenza n.56/2016 della Corte Costituzionale, depositata lo scorso 23 marzo, che da più parti è stata definita di portata storica, oltre che quasi rivoluzionaria. La dichiarazione d’incostituzionalità dell’art. 181 comma 1 bis del Decreto Legislativo 42/2004 da parte della Consulta è stata motivata con l’irragionevolezza del diverso trattamento sanzionatorio riservato a chi esegue opere senza autorizzazione su beni paesaggistici assoggettati a vincolo in base a provvedimento ministeriale  rispetto a quelli assoggettati a vincolo ma  in base alla legge, elencati all’articolo 142 del d.lgs. n. 42/04. Cercando  di rendere lo stesso concetto in una maniera più facilmente comprensibile, la Consulta ha ritenuto irrazionale il fatto che nel trattamento sanzionatorio si potessero adottare due pesi e due mesi soltanto perché un’opera è stata realizzata senza autorizzazione su beni paesaggistici vincolati dal Ministero (ed è l’esempio di specie che riguarda i Comuni dell’isola d’Ischia, Procida, Capri e Anacapri) rispetto a quelli che invece sono assoggettati al semplice vincolo di legge.

L’equiparazione delle sanzioni applicate alle due categorie  ha permesso quindi di accorciare in molti casi anche i tempi di prescrizione. Un esempio recentissimo è quello riguardante una cittadina residente nel Comune di Casamicciola Terme, C.R., imputata per aver edificato, in assenza del permesso di costruire, in una zona appunto sottoposta al vincolo stabilito dall’art. 131 del Decreto Legislativo n.42/04, il cosiddetto Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio. La struttura incriminata era costituita da una tettoia sorretta da tubolari di ferro, con copertura parziale di lamiere di zinco, sorretta da altri tubolari di ferro e da pali di legno, mentre l’interno era ancorato alla muratura, per un totale di poco più di trenta metri quadrati.

Inoltre, e questo è il capo d’imputazione che ci interessa, veniva chiamato in causa proprio l’art. 181 comma 1 bis del Codice paesaggistico, perché l’opera era stata eseguita su un’area dichiarata di notevole interesse pubblico in assenza dell’autorizzazione prescritta dall’art. 146 dello stesso Codice. Altre contestazioni di tipo contravvenzionale riguardavano l’aver realizzato la struttura in ferro e legno senza un progetto esecutivo, senza previa denuncia dei lavori al Genio Civile e senza la direzione da parte di un tecnico competente, oltre all’omesso deposito degli atti progettuali presso lo stesso Genio, visto che l’area dei lavori è situata in zona sismica.

LA SENTENZA. La signora, difesa dall’avv. Antonio Iacono, ha quindi chiesto al Giudice Capuano di emettere sentenza di non luogo a procedere,  proprio perché la decisione della Consulta aveva decurtato i termini della prescrizione, ormai raggiunta. Il magistrato ha così accolto la richiesta, ritenendo che tutti i reati contestati nei confronti dell’imputata rientrano nell’ambito dei reati contravvenzionali. Nelle motivazioni, il giudice ha fatto esplicito richiamo alla sentenza 56/2016 della Corte Costituzionale e alla relativa dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 181 comma uno bis del Codice dei beni culturali e del paesaggio, laddove punisce più gravemente le condotte incidenti su beni dichiarati di notevole interesse paesaggistico (come il territorio delle isole del Golfo di Napoli) “da un provvedimento ministeriale e dunque più specifico per essi, rispetto alle condotte incidenti su beni vincolati dalla legge in generale, che sono sottoposte a un trattamento complessivo meno severo”.

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Per i giudici costituzionali è irragionevole aver previsto che «i lavori eseguiti sui beni vincolati in via provvedi mentale senza la prescritta autorizzazione o in difformità da essa integrano sempre un delitto e sono puniti con la reclusione da uno a quattro anni, mentre i lavori eseguiti sui beni vincolati per legge integrano una contravvenzione», puniti con l’arresto  fino a due anni e con un’ammenda pecuniaria. Si era dunque in presenza di una legislazione che la Corte ha definito “ondivaga” in cui la «irragionevolezza è resa manifesta dalla rilevantissima disparità tanto nella configurazione dei reati (in un caso delitto, nell’altro contravvenzione), quando nel trattamento sanzionatorio, in relazione sia alla entità della pena che alla disciplina delle cause di non punibilità ed estinzione del reato».

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Un motivo più che sufficiente, oltre che logico, per ricondurre le condotte che incidono sui beni provvedi mentali sotto la norma meno severa, e quindi con maggiori vantaggi in termini di prescrizione. Dalla dichiarazione d’incostituzionalità, consegue che i comportamenti che vanno a incidere sui beni paesaggistici individuati da provvedimenti ministeriali (sempre che non superino le soglie volumetriche indicate) possono beneficiare della “non punibilità per accertamento postumo della compatibilità paesaggistica e della estinzione del reato per ravvedimento operoso”.

In tal modo, il delitto commesso dall’imputata si prescrive nel termine massimo di cinque anni, e siccome i reati contestati sarebbero stati  commessi in data 4 giugno 2009 (giorno dell’accertamento), le contravvenzioni contestate devono ritenersi ormai prescritte, pur considerando tutte le sospensioni, sin dal 20 marzo 2015, con una sospensione complessiva dei termini di prescrizione di cinque mesi e sedici giorni. Di conseguenza il giudice Capuano ha dichiarato di non doversi procedere nei confronti dell’imputata per intervenuta prescrizione, disponendo contestualmente il dissequestro con restituzione alla titolare.

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