ARCHIVIO 3ARCHIVIO 5

Conto corrente “svuotato” a Ischia, ultime testimonianze

ISCHIA. Si avvia alla conclusione il processo nei confronti di un cassiere della filiale isolana di un noto istituto bancario. L’accusa è quella di furto aggravato ai danni di un cliente della banca, con una doppia aggravante, prevista dagli articoli 625 n.2 e 61 n. 7 del codice penale, perché  quale cassiere presso l’Istituto bancario, l’imputato «si impossessava di una somma di denaro di circa 21.000 euro, sottraendola dal conto corrente della persona offesa mediante l’uso di una tessere Bancomat mai richiesta e/o usata da quest’ultimo, al fine di trarne profitto con l’aggravante di aver commesso il fatto con mezzo fraudolento e di aver cagionato alla persona offesa un danno di rilevante entità». Il furto sarebbe avvenuto nei confronti di un ignaro pensionato ischitano, il quale si recava abitualmente presso la filiale una volta al mese per ritirare denaro in contanti. Furono i figli del cliente ad accorgersi che qualcosa di molto grave era successo, in quanto sul conto erano venuti a mancare ben 21mila euro. Un ammanco apparentemente inspiegabile, perché l’ignaro cliente versava su quel conto la propria pensione e prelevava all’incirca soltanto quei mille-millecinquecento euro mensili con cui provvedeva alle spese quotidiane.

Dopo le testimonianze dei componenti dei Carabinieri della Compagnia di Ischia che svolsero le indagini sul campo, poi di una cassiera all’epoca in forza alla filiale, e infine dopo la deposizione dello stesso imputato avvenuta lo scorso settembre, ieri  presso la sezione di Ischia del Tribunale è stato ascoltato sul banco dei testimoni un consulente bancario, che per due anni ricoprì la carica di Direttore presso la filiale ischitana dell’istituto in questione.

Le domande della difesa, sostenuta dall’avvocato Benetello, si sono inizialmente focalizzate sulle modalità di stipulazione del contratto con i clienti, nei formati cartaceo e digitale. Il teste ha puntualizzato che nel 2013 l’unico formato previsto era però solo quello cartaceo. Anche per l’uso del bancomat era previsto un contratto, steso in duplice copia. Il contratto nell’ambito dell’istituto veniva archiviato nell’apposito fascicolo del cliente, conservato in uno schedario, e i dati venivano digitalizzati. Tale affermazione, incidentalmente, si pone in contrasto con quella di una ex dipendente, resa in una udienza precedente, secondo la quale i contratti venivano accumulati sugli scaffali senza essere sistemati nei “dossier” di ciascun cliente. Di qui la possibile spiegazione del mancato rinvenimento del contratto con cui veniva concessa la tessera bancomat al cliente. La difesa ha chiesto se tale operazione di digitalizzazione dei dati veniva effettuata dallo stesso dipendente che aveva rilasciato il bancomat, oppure da altra persona. Secondo l’ex direttore della filiale, le due operazioni venivano concluse dallo stesso dipendente. L’avvocato ha voluto sapere se colui che rilasciava i bancomat era la stessa persona che presiedeva la cassa: all’epoca, ha risposto il teste, c’era una figura che si occupava esclusivamente delle operazioni di cassa e un altro dipendente dedito soltanto al rilascio dei bancomat. In teoria, anche il cassiere poteva rilasciare il bancomat, ma nella prassi non avveniva. Su domanda dell’avvocato Florio, rappresentante degli eredi del defunto pensionato, il teste ha precisato che all’epoca dei fatti il cassiere era già abilitato a rilasciare il bancomat, cassiere che in quel momento era l’attuale imputato.

Al termine della deposizione, la difesa ha rinunciato a tutti gli altri testi di lista. L’avvocato Florio ha chiesto di ascoltare altre due persone, tra cui una figlia del pensionato danneggiato (del quale è stata disposta l’acquisizione della denuncia) e un altro dipendente della banca. Il giudice ha quindi aggiornato le parti all’udienza di marzo, quando dopo le ultime testimonianze sarà la volta delle discussioni finali.

Uno dei punti focali del processo riguarda proprio la concessione e l’effettivo uso della tessera bancomat. I prelievi finiti sotto indagine coprono un arco temporale di circa due anni e mezzo, dai primi mesi del 2011 fino all’agosto 2013, quando uno dei figli del pensionato, che vivono lontano dall’isola e che si erano trovati in ferie a Ischia, aveva accompagnato il padre in banca per il consueto prelievo mensile. Al momento di ricevere copia dell’estratto conto, arrivò la sgradita e inattesa sorpresa: invece dei quasi 50mila euro che avrebbero dovuto esserci sul conto, risultavano contabilizzati solo poco più della metà. Il dato provocò l’immediata reazione dei figli, che si rivolsero al direttore di filiale, presso la quale il padre aveva acceso il conto corrente da circa un decennio. Essi ottennero copia dei movimenti effettuati sul conto, tuttavia il direttore non riuscì a trovare copia del contratto con il quale risultava essere stato rilasciato un bancomat al padre, tanto da dover sporgere denuncia di smarrimento.

Ads

Fra l’altro, molti dei prelievi che avevano prosciugato il conto risultavano essere stati effettuati verso il tardo pomeriggio o addirittura di sera, quando il cliente di certo non sarebbe mai andato in banca (a quell’ora chiusa). Le anomalie, come detto, si accentuavano quando, dopo l’inconsueto aumento delle frequenze di prelievo dalla primavera 2011, veniva registrato l’utilizzo del bancomat a partire dal giugno dell’anno successivo. I sospetti sul cassiere imputato vennero in quanto ogni operazione è riscontrabile da dati numerici e codici che collegano ogni operazione all’addetto alla cassa che la esegue. E la stragrande maggioranza dei prelievi effettuati nel periodo “incriminato” risultarono effettuati tutti con lo stesso operatore.

Ads

Francesco Ferrandino

Articoli Correlati

0 0 voti
Article Rating
Sottoscrivi
Notificami
guest

0 Commenti
Inline Feedbacks
Visualizza tutti i commenti
Pulsante per tornare all'inizio
0
Mi piacerebbe avere i vostri pensieri, per favore commentatex