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Cosa sappiamo realmente sugli effetti della marijuana?

Uno degli argomenti più spinosi e su cui si litiga di più sono gli effetti dati dall’assunzione di marijuana e veri e propri scontri ideologici si osservano sulla possibilità di legalizzare i derivati delle 3 specie del genere Cannabis (o della singola specie; ancora oggi ci sta dibattito tra gli specialisti se C. sativa sia una sola specie o se dobbiamo considerare in essa pure, come specie distinte, C. indica e C. ruderalis). Buona parte dei sostenitori della legalizzazione dichiarano come l’utilizzo dei principi attivi contenuti nelle piante (principalmente il tetraidrocannabinolo, meglio noto come THC) possa portare benefici medici e si battono perlomeno per la liberalizzazione di suddette sostanze come farmaci. Un’altra parte dei “legalizers” dichiara come “non fa male” l’uso a scopo ricreativo. In mezzo è presente pure chi utilizzerebbe le piante di cannabis per scopi differenti, come ad esempio quelli tessili (sebbene la legislazione attuale permetta di far crescere piante con THC nelle foglie inferiore al 0,2%, seppure con delle restrizioni). Ma quanta verità è presente in ciò?

Secondo un rapporto del 2010 della Medical School dell’Università di Harvard, la marijuana può essere moderatamente efficace come terapeutico contro il dolore, per stimolare l’appetito nelle persone sofferenti da perdita di peso dovuta all’AIDS (AIDS wasting syndrome) e per controllare la nausea derivante da chemioterapia, se gli altri medicinali non funzionano (più però per beghe sulla disponibilità di farmaci a base di derivati con la Food and Drug Administration, FDA, che altro). Lo stesso rapporto mette però in luce rischi psichiatrici dell’utilizzo di essa, come ad esempio la dipendenza (anche se di solito solo il 9% dei consumatori la sviluppa, secondo un articolo del 2007 pubblicato su Addiction Science & Clinical Practice), ansia (circa il 20-30% di chi utilizza le sostanze per scopo ricreativo la sviluppa) e psicosi come la schizofrenia (se però associata già ad una predisposizione ad esse). Inoltre ritiene indubbi i danni a breve termine (non permanenti) sul pensare, sulla memoria a breve termine e sulle funzioni esecutive (ad esempio lo stare concentrato). Termina dicendo che non ci sono abbastanza prove a supportare l’utilità della marijuana in terapie psichiatriche.

Altre ricerche hanno riportato come l’uso di marijuana durante l’adolescenza possa portare a difetti cognitivi a lungo termine e disordini schizoaffettivi, questi ultimi però sempre in individui con particolare suscettibilità. In persone in età avanzata si evince come l’uso di marijuana possa portare a rischi cardiocircolatori, mentre nei consumatori giovani che non soffrono di particolari patologie gli effetti cardiovascolari si esauriscono in 1-2 ore. Diversi dubbi sono presenti nel discorso se l’uso di derivati della cannabis possa portare a vari tipi di tumore (da quello testicolare a quello alla testa), sebbene si sia notato come i fumatori cronici sviluppino problemi simili ai fumatori di tabacco come ad esempio tosse e bronchite: permangono le perplessità sul fatto che possa far sviluppare cancri ai polmoni, essendoci ricerche contrastanti a riguardo. Citando una review (un “riassunto” di articoli) pubblicato da Current Psychiatry Reports “sembra esserci un aumento di rischio di cancro (soprattutto quello alla testa e al collo, ai polmoni e alla vescica) per coloro che usano marijuana oltre un certo periodo di tempo anche se è incerto quanto tempo ci vuole per aumentare questo rischio”. Da riportare come nel 2004 fu descritta la Cannabinoid Hyperemesis Syndrome (CHS), associata all’abuso di cannabis, che causa episodi ciclici di nausea e vomito associati a dolori addominali, con l’aggiunta di un desiderio compulsivo di bagni caldi che allieverebbero i sintomi. Attacchi individuali di CHS possono portare anche a insufficienza renale acuta. Al momento non è confermato il numero di persone che soffre di tale patologia.

Insomma, da quel che esce fuori dalla letteratura medico-scientifica i derivati possono essere d’aiuto solo in particolari casi. Permangono un sacco di dubbi sui possibili effetti a lungo termine dell’assunzione delle sostanze, mentre ci sta concordanza pressoché assoluta sugli effetti a breve termine. Da quel che si evince, i possibili effetti a lungo termine sembrano quelli riportati anche per il tabacco (legalissimo nel nostro paese) e non si denotano rischi in più rispetto a quelli associati all’assunzione di alcolici: ciò che mi chiedo è il perché fomentare bufale per corroborare tesi personali (come il fatto che i derivati possano curare il cancro, dato che delle ricerche sostengono il contrario ovvero che possano causarlo) e se gli stoner siano pronti al rincaro causato dalla tassazione e dal monopolio di Stato che potrebbe esserci a legalizzazione avvenuta.

*BsC in STeNa e specializzando in Scienze della Natura presso “La Sapienza” di Roma

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