«Così è cambiato il paradigma di Casamicciola»
Parla l’ingegnere Luigi Grosso, responsabile di settore del Comune termale e coordinatore del presidio di Protezione Civile. La sensibilità cresciuta sul territorio sulle tematiche legate alla sicurezza e i passi avanti compiuti nel monitoraggio dell’isola. E poi…

Lei è giunto sull’isola dopo l’alluvione del 2022, un evento che tutti ricordiamo con dolore e che difficilmente potremo dimenticare. Dal momento del suo insediamento a oggi, quanto ritiene sia aumentata la sensibilità delle amministrazioni locali e dei cittadini sul tema della sicurezza del territorio?
«Innanzitutto va precisato che sono arrivato dopo la frana, ma conoscevo già bene l’isola, avendola frequentata per molti anni. Inoltre, avevo già collaborato con la Protezione Civile sin dall’evento sismico del 2017. Detto ciò, posso dire che la sensibilità è decisamente aumentata, grazie soprattutto a una serie di iniziative avviate dalla struttura commissariale e dai singoli comuni. Tra le più significative, vorrei citare l’esercitazione dello scorso novembre, che ha segnato un punto di svolta: Casamicciola ha iniziato a scrollarsi di dosso l’etichetta di territorio insicuro, diventando simbolo di un’isola più preparata e attrezzata. Questa nuova percezione è frutto di un lavoro articolato: dal presidio territoriale di Protezione Civile del Comune di Casamicciola all’impulso dato dal Commissario straordinario Giovanni Legnini e dai sindaci. Oggi l’isola dispone di procedure aggiornate, capaci di fronteggiare eventi legati al rischio geologico, sismico e di altra natura».
Ci può spiegare, anche a beneficio dei meno esperti, quali sono le attività svolte regolarmente dal presidio di Protezione Civile?
«Fin dal 30 marzo 2023, data di attivazione del presidio, sono state avviate numerose iniziative di ricognizione e sopralluogo, con particolare attenzione ai punti critici del territorio, ossia quelle aree potenzialmente vulnerabili a fenomeni di dissesto idrogeologico. Il presidio esegue un monitoraggio costante del territorio e, proprio in questi giorni, stiamo completando un’attività che analizza il grado di pericolo e valuta le modalità per mitigarne gli effetti, garantendo vie di fuga sicure in caso di emergenza – che sia sismica, idrogeologica, da maremoto o altro. Oltre al monitoraggio, il presidio è integrato nel sistema regionale multirischio, collegato alla sala operativa della Protezione Civile della Regione Campania. Ogni giorno riceviamo i bollettini di previsione sulle 24-48 ore successive. In presenza di un rischio – ad esempio un’allerta gialla o di livello superiore – il presidio si attiva, insediandosi nella sala operativa per analizzare i dati provenienti da pluviometri e radar. Questi strumenti ci consentono di comprendere l’intensità e la durata delle perturbazioni in arrivo, identificando le aree a rischio e, di conseguenza, avvisando tempestivamente i sindaci affinché attivino le misure previste. In caso di pericolo imminente, mettiamo in atto tutte le procedure necessarie a mitigare i rischi. E poi…».
E poi?
«Il presidio ha ampliato il proprio orizzonte di osservazione, includendo lo studio degli effetti dei cambiamenti climatici. La prossima settimana presenteremo uno studio commissionato dall’Unione Europea, frutto di un lavoro di analisi sull’impatto climatico sull’isola. Illustreremo cosa è accaduto negli ultimi trent’anni, focalizzandoci sugli eventi più recenti e su quelli che potrebbero ripetersi con una certa frequenza. Basti pensare che lo scorso anno abbiamo registrato cinque eventi straordinari, uno dei quali ha colpito il Comune di Ischia in assenza di allerta da parte del sistema regionale. Nonostante non fosse stato previsto, il presidio è riuscito a monitorarlo in tempo reale, analizzandone l’intensità e individuandone la potenziale origine. Sono fenomeni generati proprio dai cambiamenti climatici. Il presidio, nato per gestire il rischio sul territorio, oggi è anche un centro studi che raccoglie e interpreta dati utili a pianificare interventi di mitigazione, in collaborazione con i tecnici comunali».
Quanto è stato importante che finalmente l’isola si sia dotata di un piano intercomunale e quanto è invece paradossale che non lo avesse fino a ieri?
«In realtà, l’idea di un piano intercomunale non è nata oggi: era già stata concepita anni fa. La sua necessità deriva dalla conformazione particolare dell’isola, e non a caso Ischia è stato uno dei primi territori a riconoscere l’importanza di una struttura di intervento condivisa. È importante però chiarire che il piano intercomunale non sostituisce quello comunale: per legge, il piano di Protezione Civile è di competenza del sindaco, che è la figura responsabile sul proprio territorio, anche perché lo conosce a fondo. Il piano intercomunale serve invece come strumento di coordinamento tra comuni, utile quando uno di essi si trova nell’impossibilità di fronteggiare autonomamente un’emergenza. Si tratta, in sostanza, di un’organizzazione di ambito, riconosciuta anche a livello nazionale, che consente una gestione integrata e sinergica delle criticità. I comuni dell’isola, grazie anche al supporto del Commissario di governo Legnini, hanno preso coscienza dell’importanza di questa struttura. Il piano non è ancora perfetto, ma rappresenta un solido punto di partenza per costruire una rete operativa capace di affrontare gli eventi emergenziali in maniera autonoma, almeno nelle prime fasi, in attesa dell’arrivo dei soccorsi dalla terraferma – sempre vincolati al superamento del Golfo».
L’ultima domanda è forse la più complessa. Quando simili tragedie colpiscono altre zone d’Italia si parla di calamità naturali, ma quando accadono a Ischia, si tira subito in ballo l’abusivismo edilizio. Hanno ragione gli ischitani a sentirsi vittime? O chi li accusa ha qualche fondamento? O forse la verità sta nel mezzo?
«Gli ischitani hanno senz’altro delle ragioni. Se analizziamo l’evento franoso, purtroppo ci sono stati lutti legati a edifici che probabilmente non avrebbero dovuto sorgere in quelle aree. Tuttavia, i danni causati dalla frana non sono legati, o lo sono solo marginalmente, all’abusivismo edilizio – almeno nella forma in cui viene comunemente inteso sull’isola. Eventi simili si sono verificati in molte altre aree del Paese – da Sarno all’Emilia Romagna – e hanno avuto effetti devastanti sul territorio. Il vero nodo da affrontare è l’impatto dei cambiamenti climatici, che generano fenomeni di intensità eccezionale e concentrati in tempi brevissimi. Questi eventi, di per sé, mettono in crisi anche territori ben pianificati. Detto ciò, è altrettanto vero che il territorio va curato: i letti dei torrenti vanno mantenuti puliti, lo smaltimento delle acque meteoriche garantito, le barriere predisposte per incanalare in maniera efficace i flussi d’acqua. Ma attribuire tout court le responsabilità della frana all’abusivismo edilizio significa ignorare la complessità del fenomeno. In questo caso, davvero, “ci passa un treno” tra le due cose».