CRONACAPRIMO PIANO

Così il piano vuole “cancellare” il Maio

Il documento per la ricostruzione varato dalla Regione punta forte sulla delocalizzazione. Che, incredibile ma vero, coinvolgerà anche immobili non danneggiati dal sisma, resi agibili con fondi dei privati e finanche fabbricati che hanno ottenuto il contributo. Di fatto “spariranno” anche tutte le strutture ricettive

I cittadini di Casamicciola Terme, ed in particolare quelli che vivono o possiedono un’abitazione all’interno della zona oggetto del drammatico terremoto del 21 agosto 2017, non hanno ancora letto il piano di ricostruzione varato dalla Regione Campania il cui intervento – giova sempre ricordarlo (è tipico dell’essere umano avere la memoria corta e dunque ogni tanto è opportuno rinfrescarla) – fu invocato quasi a furor di popolo un anno dopo il sisma. Insomma, Palazzo Santa Lucia avrebbe dovuto indossare il vestito di salvatore della patria. Ne è passata di acqua sotto i ponti, il famoso piano è stato più volte annunciato ma fino a questo momento non si è visto nemmeno col binocolo e forse è meglio così. Sì, avete capito bene, meglio così: perché, e lo diciamo senza fare tanti giri di parole, da una prima sommaria occhiatina a questo importante documento si evince un aspetto fondamentale. Che noi vi diciamo a chiare lettere, visto che nel momento in cui finiremo con lo scendere nei tecnicismi diventerà tutto più complesso. In buona sostanza il tanto agognato piano di ricostruzione pare avere un obiettivo e una finalità chiara: cancellare definitivamente il Maio. Magari penserete che stiamo esagerando ma se vi prendete qualche minuto per leggere e riflettere, capirete che non è affatto così.

Proviamo a fare una serie di osservazioni, premettendo che sicuramente ad una rapida occhiata pure avremo omesso qualcosa. Da una prima lettura emerge innanzitutto che mancano le normative tecniche da supporto che dovrebbero giustificare determinati ragionamenti e di rimando precise scelte. La mappa di riferimento, in ogni caso, è quella che nella legenda viene riportata con l’etichetta DO.02.02. La mappa mette in evidenza le cosiddette UMI (Unità minime d’intervento) con colore giallo per le quali si riferisce che è possibile ricostruire e con il colore rosso per quelle che invece dovranno necessariamente essere delocalizzate. Ebbene la prima clamorosa anomalia che emerge è che nell’area interessata dal sisma sono presenti molti fabbricati che pur non avendo subito danni dal sisma dovranno essere delocalizzate. Insomma, sarebbe costretto a trasferirsi altrove anche chi ha una casa integra e magari non si è mai allontanato dalla stessa. Tra l’altro parliamo di fabbricati che non hanno mai avuto la cosiddetta scheda AEDES e di rimando mai stati oggetto di una ordinanza di sgombero. A rigor di logica, dunque, ma anche in ossequio all’applicazione della legge 130/2018 non possono beneficiare da nessun contributo. E quindi se li si vuole indirizzare altrove, chi sarebbe a mettere mano alla tasca? Tra l’altro, va sottolineato che nella cartina in questione viene evidenziato come tra le strutture da delocalizzare c’è il serbatoio dell’acqua di proprietà della stessa Regione Campania che è stato anche oggetto di interventi di restyling pagati proprio dall’ente di Palazzo Santa Lucia.

C’è anche la questione legata al condono che non è del tutto chiara. Chi dovrà veder delocalizzata la propria abitazione e ancora non ha ottenuto la concessione edilizia in sanatoria rischia il rigetto della domanda con tutto quello che ne consegue

Finito? Macché, abbiamo appena cominciato. Ad essere delocalizzati, e questo francamente rasenta il paradossale, saranno anche due fabbricati già oggetto di contributo da parte delle ultime conferenze speciali dei servizi. Insomma, da una parte si erogano contributi e dall’altra si decide di trasferirli altrove. Che dire, la mano destra non sa quello che combina la sinistra. Dall’analisi della mappa risulta che dovranno essere delocalizzati anche immobili già resi agibili con fondi dei rispettivi proprietari, e questa forse è la beffa più grande. Continuando, scompare tutta la realtà alberghiera della zona Maio e via D’Aloisio, gli alberghi di fatto non esisteranno più e questo è altrettanto drammatico e triste. Tornando a poco fa, si viene di fatto a disattendere lo spirito della legge 130/2018 che sosteneva una ricostruzione unitaria ed omogenea. Insomma, la ricostruzione pur con tutte le incognite che ancora albergano su questa vicenda non può avvenire – come ha sottolineato in due ampi editoriali pubblicati dal nostro giornale a firma di Peppino Mazzella – “a macchia di leopardo” cancellando delle abitazioni almeno apparentemente senza logica. A volerla dire tutta, se si doveva parlare di piano allora sarebbe stato il caso di iniziare dagli assi viari, per poi proseguire con le strutture.

E a proposito di ombre, c’è anche la questione legata al condono che non è del tutto chiara (per usare un eufemismo). Chi dovrà veder delocalizzata la propria abitazione e ancora non ha ottenuto la concessione edilizia in sanatoria rischia il rigetto della domanda con tutto quello che ne consegue. Tra l’altro c’è anche un’altra linea di indirizzo che preoccupa non poco e dice tanto: sarebbe intenzione, così come già successo in occasione delle ultime conferenze di servizio, mettere da parte le pratiche dei fabbricati da delocalizzare e procedere solo per quelli che non dovranno subire questa sorte. Quanto basta, pensiamo, per sottolineare che l’aria che tiri non sia certo delle migliori.

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