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Ai progetti mai realizzati per una Ischia Ponte nuova e rilanciata

È destino che i progetti  che si ordinano e si redigono per fare nuova Ischia Ponte, vengono,  dopo la visione al pubblico, a mò di fumo negli occhi, tutti accantonati, fatti finire  nel fondo di un cassetto e lì dimenticati per non essere mai più “riesumati”. E la triste storia di una località manipolata, bistrattata,illusa, offesa nella sua identità storica e culturale che peggio non la si poteva mortificare.  Il Borgo di Celsa, perché è di questo luogo  che parliamo, quando era l’antico Borgo di Celsa,  brillava nella semplicità, di luce propria, col suo popolo sottomesso ai signori dell’epoca, ma vivo e laborioso che seguiva e collaborava con le autorità del tempo  e con le Casate gentilizie ivi stabilitesi, alla graduale trasformazione del territorio che si evolveva e cresceva  attraverso la realizzazione di  opere pubbliche mirate   e di insediamenti abitativi rivieraschi  nuovi  che sono riusciti a  sfidare  i secoli fino ad arrivare ai nostri giorni, senza cedere di una sola pietra. Se proprio si vuol parlare di pietre,  bisogna riportarsi  alle pietre grigie, o meglio ai basoli grigi di piperno che dal 1441 rivestono lo storico ed antico ponte aragonese che congiunge il Borgo col Castello per permettere alle origini, un più agevole passaggio degli abitanti,  i soldati, i dignitari di Corte ed il capitolo Della Cattedrale  con il Vescovo, dall’insula Minor (il Castello) all’insula Major (Ischia e gli atri suoi versanti).

Questi basoli di pietra di piperno, da qualche anno a questa parte, esaurendo la loro secolare resistenza, stanno venendo giù, l’uno dopo l’altro, almeno lungo le fiancate, in particolare quella che si affaccia sul golfo in direzione degli scogli di Sant’Anna e Cartaromana, tanto da lasciare alla visione soprattutto dei turisti un ponte storico, trasformato  in squallido rudere per ignoranza ed incuria di chi sarebbe  dovuto intervenire per evitare lo scempio. Ma tutto questo fa parte di quella sfera di lavori di manutenzione mancati a difesa ordinaria  dei beni architettonici pubblici  lasciati irresponsabilmente al loro declino. Il discorso che vogliamo sviluppare è di più ampia veduta. Non vuole limitarsi agli omessi  interventi per la sola cura di quello che già esiste, abbandonato purtroppo a  se stesso, ma  rivolgere tutta l’ attenzione a quanto,  dai primi anni ’40 ad oggi 2018 anno del Signore, si è effettivamente progettato e cosa in realtà si è davvero realizzato in una Ischia Ponte in continuo stato di umiliante attesa. Partiamo dall’immediato dopo guerra, allorquando a metà degli anni ’40 si progettò e si realizzò l’importante via Antonio Sogliuzzo collegando piazza degli Eroi con via Seminario a Ischia Ponte, dotando la zona di una importante arteria alberata di grandi prospettive per Ischia Ponte, che tagliò in due la  pineta Villari. Nel 1951 si progettò e si realizzò il pontile di attracco su piloni di cemento armato addossato al piazzale aragonese per l’approdo delle navi di linea Ischia-Procida-Napoli e viceversa  della vecchia Span, oggi Caremar.

Subito dopo si progettò e si realizzò l’acquedotto sottomarino che proprio ad Ischia Ponte ebbe il suo terminale per la distribuzione dell’acqua del Serino per tutta l’isola attraverso una gigantesca conduttura. Poi fu  la volta di Via Nuova Cartaromana e la posa di varie prime pietre per la realizzazione del Lungomare Aragonese che si riuscì a realizzarlo solo per metà percorso, dal piazzale aragonese fino allo Stradone dove definitivamente si arenò. A tutto questo si possono aggiungere i lavori di pavimentazione progettati  e realizzati dell’intero piazzale delle Alghe e poi nulla più. Ischia Ponte sognava un porto commerciale e allo stesso tempo anche turistico a seconda delle scelte di sviluppo che si volevano conferire all’ opera di ingegneria marittima che si pensava far sorgere fra il Castello e gli Scogli di Sant’Anna.  Il sindaco del tempo, siamo ai primi degli  anni ’60, Vincenzo Telese, che credeva nella vitale importanza di quell’opera, avviò la progettazione ed ottenne anche il finanziamento necessario. L’opposizione per ragioni ambientali, di artisti, uomini di cultura e liberi cittadini, lo sommerse, al punto che Telese finì con l’arrendersi. Da quell’episodio storico, scaturì successivamente fra tecnici, disegnatori, architetti progettisti, visionari  del bello in libertà e liberi cittadini, una sorta di portomania per Ischia Ponte sorprendente quanto confusionaria prendendo di mira solo e soltanto il tratto di mare compreso fra  Punta Molino  e lo scivolo dell’acquedotto attaccato al ponte aragonse davanti a Vivara.

Progetti a iosa, di bravi professionisti e di improvvisati disegnatori, tutti finiti nei faldoni dell’ufficio tecnico del Comune d’Ischia dove stanno ad ammuffire. Gli anni ’80, sono stati gli anni delle grandi decisioni. Ad Ischia emergeva e subito giganteggiava un politico di razza e di lungimiranti vedute, molte realistiche, altre utopistiche ma sempre trattabili per mantenere vivo il discorso del fare. Parliamo di Enzo Mazzella, sindaco d’Ischia, consigliere e poi assessore ai lavori pubblici presso la Regione Campania. Mazzella per Ischia Ponte tento il gioco di due grandi carte: la prima carta con l’esproprio del Castello per acquisirlo a patrimonio comunale e farlo rientrare in un vasto progetto di sviluppo turistico che doveva interessare  maggiormente da vicino il Borgo antico nella sua fase di rilancio turistico, economico e sociale. La seconda carta con l’incarico molto caldeggiato e  ben remunerato, all’architetto Sandro Petti di progettare, la trasformazione, senza giri di parole, del Centro Storico di Ischia Ponte. L’architetto Petti pungolato  sul  suo estro di artista dall’ampia fantasia prima che di valente  tecnico progettista, prese in parola il vulcanico Enzo Mazzella. Si mise al lavoro con impegno, partorendo un progetto faraonico che stupì la cittadinanza ischiapontese e lo stesso Enzo Mazzella che dispose la visione al pubblico di tutti i particolari del progetto in una spettacolare mostra che si tenne nella sala dell’Episcopio di via Seminario.

Il progetto prevedeva  vari  tunnel  con vista mare lungo l’intero fabbricato del corso Luigi Mazzella, passeggiata pedonale al posto della spiaggia della Mandra, una rotonda sul mare per spettacoli davanti allo stradone, due nuove spiagge in sostituzione di quella della Mandra davanti alla Cattedrale e al posto del muraglione del piazzale delle alghe con spostamento del bar- ristorante di Cocò alla destra del mausoleo dell’acquedotto guardando il Castello. E dulcis in fundo il porto turistico nell’ampio tratto di mare fra Punta Molino e Casa Malcovati. Tutto è rimasto nelle buone intenzioni e sulla carta, perché non se n’è fatto nulla. Con Ischia Ponte ancora una volta illusa  e lasciata al suo destino. L’ultima butade, quella dell’estate scorsa  del “Concorso delle idee” per una nuova Ischia Ponte. In proposito dopo la presentazione dei progetti esposti al pubblico davanti al piazzale di Boccia furono scritte le testuale parole: “Ischia prova a pensare al suo futuro. Ripristinando forme e funzioni perdute e immaginando un’isola in grado di valorizzare il suo passato, rielaborandone le tracce in chiave contemporanea.

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Parte da Ischia Ponte la prima sfida: un concorso internazionale di idee per la valorizzazione urbanistica e architettonica del borgo, promosso dal consorzio “Borgo di Ischia Ponte” e patrocinato dal Comune di Ischia, dall’ordine degli architetti di Napoli e dalla facoltà di architettura della Federico II. L’obiettivo era quello di ripensare un edificio destinato alla demolizione, a metà tra via Luigi Mazzella e lungomare Alfonso il Magnanimo, immaginando una armonizzazione con il piazzale aragonese, che introduce al celebre castello. Ventitré i progetti che hanno preso parte al concorso, la giuria scientifica ha premiato con una borsa di novemila euro quello degli architetti Federico Verderosa, Rocco Lettieri, Mafalda Vaino, Micol Rispoli e Luca Penna”. Aspetta e spera…nel Borgo in Festa  edizione estate 2018.

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Antonio Lubrano (antoniolubrano1941@gmail.com)

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