CRONACA

Da Ischia a Roma per protestare contro la riforma delle concessioni balneari

Giuseppe La Franca (Fiba Confesercenti): «Scendiamo in piazza perché nonostante la grave crisi internazionale, il governo ha deciso di depositare una proposta di legge inaccettabile che distrugge un intero settore togliendo lavoro e aziende»

Ci sarà anche una delegazione isolana alla manifestazione in programma per giovedì prossimo, 10 marzo, a piazza del Popolo a Roma. Sono state le associazioni balneari Sib-Confcommercio e Fiba-Confesercenti a convocare tutti gli operatori del mondo balneare a sostegno degli imprenditori che protesteranno contro la riforma delle concessioni proposta dal governo Draghi. Dall’isola di Ischia la Fiba Confesercenti isola di Ischia e il Sib Confcommercio isola di Ischia hanno organizzato un pullman per la partecipazione dei soci, balneari e dirigenti alla manifestazione del 10 marzo. In prima linea il presidente FIBA Giuseppe La Franca «Scendiamo in piazza perché nonostante la grave crisi internazionale, il governo ha deciso di depositare una proposta di legge inaccettabile che distrugge un intero settore togliendo lavoro e aziende». Sib-Confcommercio e Fiba-Confesercenti sono contro la riforma del settore promossa dal Governo Draghi. «In primo luogo – spiegano – la bozza non prevede una ricognizione dei beni finalizzata alla verifica della sussistenza della sua eventuale scarsità, presupposto per l’applicazione della direttiva Bolkestein, né un’attività di profilazione delle aziende attualmente operanti al fine di determinare se sussista o meno la rilevanza transfrontaliera, presupposto dell’obbligo di pubblica evidenza comunitaria. Tutto ciò è in stridente contrasto con la sentenza “Promoimpresa” della Corte di giustizia dell’Unione europea». «Non vi è poi alcuna distinzione fra rilascio di concessione su un’area libera con quella del subingresso in un’area sulla quale insiste un’azienda; circostanza che impone una disciplina differenziata, pena la violazione dell’elementare principio costituzionale di eguaglianza», proseguono i presidenti di Sib e Fiba. «È assente, inoltre, la previsione di un indennizzo adeguato alla possibile perdita dell’effettivo valore commerciale delle aziende, come prescritto dal diritto e dalla giurisprudenza europea; per non parlare del termine arbitrario del 31 dicembre 2023, certamente insufficiente anche in riferimento della complessa attività amministrativa richiesta per l’avvio della riforma. Infine, vi è una convalida ingiustificatamente restrittiva degli atti amministrativi già rilasciati in applicazione della legge 145/2018».

«In definitiva, si tratta di un provvedimento che necessita di una profonda riscrittura da parte del parlamento per un giusto e corretto bilanciamento fra le esigenze di una maggiore concorrenza e la salvaguardia dei diritti dei concessionari attualmente operanti. Lavoreremo per questo». Le due associazioni sindacali hanno presentato un «breve vademecum per una lettura più agevole di una proposta di legge che di fatto distrugge la balneazione attrezzata italiana elemento di vantaggio competitivo del paese». Gli elementi negativi nella proposta di riordino delle concessioni demaniali marittime secondo Sib e Fiba Mancato preliminare accertamento dell’eventuale scarsità di risorse e/o interesse transfrontaliero per un trattamento derogatorio nell’applicazione della cd direttiva Servizi (l’art. 2 ter, comma 2, lett a), che limita la ricognizione al solo fine di individuare spiagge libere – per cui manca alcun riferimento a quanto disposto al punto 43 della sentenza Promoimpresa. Il valore aziendale non viene riconosciuto in favore del concessionario uscente (in base a quanto stabilito dalla sentenza “Laezza”) e l’art. 2 ter comma 2 lettera i) limita irragionevolmente l’indennizzo all’ammortamento degli investimenti autorizzati e alla perdita dell’avviamento. Il legittimo affidamento dei concessionari non viene tutelato (nella proposta manca qualsiasi riferimento a quanto disposto dalla sentenza “Promoimpresa” al punto 56). Un periodo transitorio adeguato alle concessioni in essere è del tutto assente, perché è fissata una data di scadenza eccessivamente ravvicinata, quella del 31 dicembre 2023 (art. 2 bis comma 1). Mancata conservazione degli atti amministrativi che prevedono una diversa scadenza ad oggi resi stabili dal decorso del tempo di legge e dalla mancata opposizione di terzi nei termini di legge (cfr. legge Madia): in questo senso, l’art. 2 bis comma 2 è estremamente e ingiustificatamente limitativo. Assenza del diritto di preferenza del concessionario uscente a parità di condizioni. Previsione di un dannoso frazionamento delle concessioni con conseguente distruzione di molte aziende (art. 2 ter, comma 2, lettera d). Ingiusto trattamento di favore ai soggetti appartenenti al terzo settore (art. 2 ter, comma 2, lettera e, punto 1). Ingiusto riconoscimento della professionalità anche a chi abbia gestito altri beni pubblici (art. 2 ter, comma 2, lettera e, punto 5.1). Assenza del rinvio alle Regioni non solo per disposizioni di dettaglio, ma soprattutto per l’attività di pianificazione e programmazione di loro esclusiva competenza.

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