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Da Ischia all’Ucraina, il viaggio della solidarietà

Dieci tonnellate di alimenti consegnati dopo aver percorso 4.200 chilometri in meno di cinque giorni. Le toccanti parole e la testimonianza del poliziotto Maurizio Pinto, che si è messo a servizio del gruppo di volontari

Hanno consegnato oltre dieci tonnellate di alimenti a oltre 4.200 chilometri di distanza percorsi in meno di cinque giorni. Si tratta di un gruppo di volontari partiti dall’isola di Ischia che hanno percorso l’Europa per consegnare in Polonia, al confine con l’Ucraina, aiuti per la popolazione rifugiata. Il gruppo di isolani coadiuvati da don Pasquale Trani che con le Parrocchie di Fiaiano e Barano, con la Diocesi, le associazioni e i cittadini hanno voluto raccogliere donazioni per le popolazioni ucraine portando al confine con la Polonia diverse pedane di generi alimentari e non solo. A raccontarci com’è andata la spedizione isolana è Maurizio Pinto, poliziotto isolano che si è messo a servizio del gruppo di volontari. «Non ho fatto nulla di particolare – ci racconta – ho solo provare a mettermi a servizio di chi in questo momento non se la sta passando un granché bene», ci racconta. Le parole tradiscono l’emozione ancora viva. «Dopo circa 26 ore dalla partenza – ci racconta Maurizio – il camion e il pullmino con a bordo il gruppo ischitano sono giunti a destinazione». Il racconto diventa tutto ad un tratto cupo, triste. «è stato un colpo al cuore, un dolore immenso vedere quelle scene. Non le dimenticherò mai», ci confida Maurizio.

E continua: «Personalmente ho provato un senso di frustrazione, di rabbia ed impotenza. Credo che tutti i governati debbano respirare quell’aria di tensione che abbiamo respirato noi al confine, vedere così com’è successo a noi queste scene di povertà, miseria e terrore prima di poter prendere delle decisioni». La spedizione ischitana, poi, ha dovuto far fronte con la necessità di fare in modo che gli aiuti raccolti arrivassero in mani sicure. Prima di partire, infatti, da un collega di Roma che aveva partecipato ad una precedente analoga missione, ero stato messo al corrente dei pericoli e soprattutto del rischio di far confluire i generi di prima necessità direttamente alle associazioni umanitarie preposte, in quanto era (ed è) molto facile intercettare gente senza scrupolo che raccoglie i carichi e poi li rivende al mercato nero. Non avremmo mai voluto che il carico di beni partito da Ischia andasse a finire in altre mani. E così siamo andati direttamente all’hub senza pericoli di contrabbando e frodi, prendendo contatti diretti anche con politici locali ed attivisti della comunità Ucraina». le parole di Maurizio diventano di nuovo ricche di tristezza quando gli chiediamo di descriverci il luogo in cui sono stati. «Un ghetto. Non saprei definirlo diversamente. Tutti gli ospiti hanno un braccialetto identificativo con un codice. Lì dove fino a qualche mese fa c’era un centro commerciale, oggi c’è un hub. Non dimenticherò più l’odore nauseabondo di quel luogo così come non potrò mai cancellare dalla mia mente gli occhi di quei bambini intenti a giocare a calcio ignorando il dramma che si sta consumando attorno a loro». Dalle parole di Maurizio capiamo quanto sia stato difficile affrontare questo viaggio «La guerra fa paura, la guerra è morte, ed ora che l’ho vista da vicino ne sono ancora più convinto». In chiusura chiediamo a Maurizio se è pronto a ritornare in Polonia qualora ci fosse una nuova racconta. E ci risponde senza esitazione: «Certo. Anche se ammetto che è stata un’esperienza unica, a tratti devastante. Per me, così come per tutti gli altri, è stato un onore essere d’aiuto per questa causa, pur se devastati nello spirito per aver incontrato tanta assurda sofferenza». E chiosa: «In questi giorni ho incontrato persone, volontari di tutto il mondo e di ogni credo e istituzioni (come il Comune di Debice, Polonia) che si danno da fare per alleviare le sofferenze del prossimo e nello stesso tempo persone che giocano maledettamente alla guerra usando sullo scacchiere del proprio ego malato anche bambini e anziani senza alcuna pietà e residuo di umanità».

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